Terremoto centro Italia: 9 anni dopo. Mons. Palmieri (Ascoli Piceno), “via i particolarismi, via gli interessi di parte, costruiamo invece futuro”
A nove anni dal sisma che nel 2016 colpì il Centro Italia, ieri sera, 24 Agosto, dopo la messa e la commemorazione delle vittime fatta durante la notte, alle ore 3:36, presso il Parco della Memoria in Pescara del Tronto, la comunità arquatana si è riunita nuovamente, presso l’Area Sae (Sistemazione abitativa emergenziale), per la messa presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicepresidente della Cei e vescovo delle diocesi del Piceno, presenti le massime autorità militari e civili regionali.
Secondo quanto riporta il settimanale diocesano www.ancoraonline.it, mons. Palmieri, commentando le letture del giorno, ha parlato di salvezza e di quanto essa riguardi non solo il futuro, ma anche la vita presente: “La salvezza ha a che fare con la nostra vita di quaggiù, oltre che con la vita di là. E Gesù dice che, per salvarsi, bisogna passare per la porta stretta. La salvezza, infatti, è quel cambiamento di vita che ci permette di affrontare l’esistenza in una maniera molto diversa da chi mette al centro della propria vita il proprio io. L’immagine della porta stretta lo suggerisce: significa che il proprio io si ridimensiona. Passare per la porta stretta, invece, significa guardare la realtà e la vita con speranza, guardare gli altri e vedere dei fratelli, guardare l’io e vederlo come padre, guardare il mondo e voler collaborare, perché diventi il regno di Dio, guardare la realtà e cercare la giustizia, la pace, la fraternità. Questa è la salvezza!”. Il vescovo ha esortato comunità e istituzioni ad impegnarsi per realizzare il regno di Dio: “Carissimi, noi siamo qui oggi per piangere per le vittime del sisma: lo abbiamo fatto stanotte e lo facciamo anche oggi. Abbiamo bisogno di costruire insieme, abbiamo bisogno di fidarci gli uni degli altri e costruire fraternità. Abbiamo bisogno di metterci tutto noi stessi per costruire una realtà dove ognuno, facendo la propria parte nei diversi livelli di responsabilità, costruisce, insieme agli altri, qualcosa che ha a che fare con il Regno di Dio. Quello che siamo chiamati a fare è via i particolarismi, via gli interessi di parte, costruiamo invece futuro, perché ce n’è tanto bisogno, affinché il nostro territorio non si spopoli. Dio benedica i nostri morti! Ma i nostri morti benedicono noi e ci dicono: ‘Forza, amici! Forza, fratelli! Coraggio!’”.