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Fino a pochi anni fa gli studiosi usavano l’espressione “essere umano” soltanto per riferirsi all’Homo sapiens, cioè a noi; «Oggi tendiamo a considerare come “umanità alternative” tutte le specie del genere Homo comparse negli ultimi due milioni di anni, da Homo erectus e Homo habilis in poi», spiega alla Difesa Telmo Pievani, filosofo evoluzionista e ordinario di filosofia della scienza all’Università di Padova.
Un cambiamento di prospettiva reso ancora più significativo dal fatto che, per decine di migliaia di anni, la nostra ha convissuto con almeno altre quattro specie umane, tra cui i Neandertal e i misteriosi Denisova, scoperti di recente, con i quali ci siamo persino ibridati. È una delle grandi storie ricostruite da Pievani e Giuseppe Remuzzi medico e scienziato in Dove comincia l’uomo.
Alla fine, però, siamo rimasti soli. Perché? «In passato si è persino pensato che l’Homo sapiens avesse sterminato le altre specie – racconta Pievani – Finora però non abbiamo trovato tracce di massacri, quindi si preferiscono ipotesi diverse; tra i 50 e i 40 mila anni fa i Sapiens si sono probabilmente trovati con un vantaggio competitivo che ha consentito loro di crescere di numero e colonizzare nuovi territori, mentre le altre specie si riducevano a piccoli gruppi isolati fino a scomparire. Si è trattato di una competizione demografica indiretta più che di una guerra aperta».
La violenza organizzata, spiega Pievani, sembra un’invenzione successiva. «Le testimonianze archeologiche più antiche di massacri risalgono al Neolitico, cioè a 10-12 mila anni fa. Per quanto ne sappiamo la guerra non è scritta nel nostro dna: sembra piuttosto un fenomeno recente, legato alla difesa di beni, territorio e comunità».
È esistito un “primo uomo”? «L’unica certezza è che veniamo dall’Africa. Per il resto esistono due modelli; secondo il primo, l’Homo sapiens sarebbe emerso gradualmente in diverse aree, tra 300 e 200 mila anni fa, a partire da popolazioni di Homo heidelbergensis: a sostegno di questa ipotesi si citano ritrovamenti in Marocco, in Sudafrica e nel Corno d’Africa. Secondo l’altro modello, al quale personalmente aderisco, i Sapiens hanno avuto origine in un unico luogo, probabilmente nell’Africa orientale o meridionale. Tra le tante popolazioni di ominidi che vivevano in quell’area, una in particolare avrebbe sviluppato i nostri tratti tipici: cranio ampio e arrotondato, fronte alta, faccia piatta, dentatura più gracile».
Se dal punto di vista biologico siamo animali come gli altri, la nostra unicità è evidente, «anche se compare piuttosto tardi – continua lo studioso – Per decine di migliaia di anni i nostri antenati si sono comportati come tutte le altre specie umane; è solo tra 70 e 60 mila anni fa che osserviamo un salto: compaiono le prime pitture rupestri, gli strumenti musicali, gli ornamenti corporei e le sepolture rituali. Innovazioni simboliche e culturali che emergono improvvisamente e si diffondono in fretta; è come se all’improvviso nell’uomo scattasse la capacità di immaginare, di creare scenari mentali indipendenti dalla realtà immediata. Cominciamo a raccontare storie e, grazie al linguaggio, a far immaginare agli altri quello che stiamo pensando: una novità straordinaria, che rende possibile la cooperazione su larga scala».
Rimane però il mistero dell’origine del linguaggio. «Sappiamo quando appare perché ne vediamo gli effetti, ma non sappiamo come. Non abbiamo individuato mutazioni genetiche precise: sembra che il cambiamento sia stato più culturale che biologico, anche per la rapidità con cui si diffonde». E questa capacità unica porta con sé una responsabilità. «Di per sé non è né buona né cattiva – conclude Pievani – È ambivalente: da un lato ha generato creatività e collaborazione, dall’altro ci ha resi una specie invasiva, capace fin dall’inizio di distruggere biodiversità ed esercitare violenza. Due facce della stessa medaglia».
Dove comincia l’uomo. Ibridi e migranti: una breve storia dell’avventura umana (Solferino, 2025,
pp. 288, € 18,50) raccoglie alcuni articoli pubblicati da Pievani e Remuzzi sulla Lettura e sul Corriere della Sera. Con rigore e chiarezza, gli autori raccontano le scoperte che stanno rivoluzionando la nostra idea di Homo sapiens e le sfide evolutive, sanitarie e ambientali che ci attendono.