Fatti
A oltre duemila chilometri, Oslo sfuma lontano dai riflettori. Tuttavia le elezioni di domenica 8 settembre in Norvegia sono tutt’altro che ininfluenti, ben oltre i confini dello Stato più a nord del Vecchio Continente.
Si vota il rinnovo dello Storting, parlamento con 169 seggi assegnati dal sistema proporzionale a lista chiusa di partito in 19 collegi plurinominali. Sondaggi, analisi e commenti della vigilia indicano un testa a testa fra il centro-sinistra guidato dal partito laburista al governo e il centro-destra monopolizzato dai populisti del partito del progresso, e dai conservatori. Di conseguenza, Jonas Gahr Støre (65 anni, ex ufficiale di marina) cerca la conferma come primo ministro. In alternativa c’è la 47enne Sylvi Listhaug del partito del progresso, insegnante e cinque volte ministro dal 2013 al 2020 nei governi della conservatrice Erna Solberg che riprova a tornare al potere…
Elezioni parlamentari che si giocano su più versanti nella monarchia costituzionale, con 5 milioni e mezzo di abitanti e 387 mila immigrati (che diventano il 10 per cento con chi ha ottenuto la cittadinanza…), un reddito pro capite di 87 mila dollari.
La Norvegia, per altro, non fa parte dell’Unione Europea con cui dal 1994 ha un’intesa di libero scambio nell’area Schengen. È membro della Nato con un esercito sempre più alimentato nello scenario baltico e scandinavo. Fino al 2017 la dottrina luterana era religione di Stato: tuttora i fedeli sfiorano il 70 per cento, mentre l’islam è minoranza più consistente del cattolicesimo.
Nelle urne peseranno più i timori delle diseguaglianze che la sicurezza nazionale, perché solo gli alimentari sono aumentati del 6 per cento nell’ultimo anno. D’altro canto, per la prima volta Norges Bank Investment Management (il maggior fondo sovrano del mondo con 1.700 miliardi di euro) è diventato un “caso politico”. Ha appena acquistato per 571 milioni di dollari un edificio a Manhattan, ma da un mese è il bersaglio delle proteste. Il quotidiano Aftenposten ha rivelato gli investimenti nell’azienda Bet Shemesh Engines Holdings che garantisce la manutenzione degli aerei che bombardano Gaza…
E alla vigilia delle elezioni anche manifestazioni ecologiste. Come il recente blocco via terra e via mare della principale raffineria di petrolio a Bergen del colosso Equinor. Politicamente, dopo l’8 settembre la Norvegia dovrebbe confermare comunque l’appoggio all’Ucraina con misure drastiche nei rapporti con Mosca. C’è l’impegno di consegnare i caccia a Kiev entro la fine del 2025 insieme a 20 blindati Dingo 2 (produzione tedesca) e due veicoli Nm189, rielaborazione norvegese del carro armato Leopard 1.
Il portavoce del Ministero della difesa, Brege Steinsson Wiik-Hansen, conferma che si pianifica la militarizzazione: entro dieci anni c’è l’idea di reclutare nuovi soldati, riservisti e unità specializzate.
Appena ufficializzato, poi, l’acquisto di fregate britanniche per la lotta ai sottomarini: una spesa di 8,5 miliardi di euro che va oltre la cifra record già stanziata per gli aerei da combattimento F-35A.
Nel frattempo, mancano almeno 30 mila giubbotti antiproiettile per i 70 mila militari norvegesi in servizio…