Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Korda li stupì chiedendo loro a bruciapelo ‘Dove abita Dio?’. Quelli risero di lui ‘Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?’ Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda: ‘Dio abita dove lo si lascia entrare’”.
Con questo dialogo tra ebrei il filosofo e teologo austriaco Martin Buber concludeva nel 1947 una conferenza pubblica ripresa nel libretto “Il cammino dell’uomo”.
Con la saggezza di una vita tessuta di dialoghi con Dio e con l’uomo il Rabbino rispondeva a quanti si rivolgevano a lui con sicumera e con parole imparate a memoria.
La domanda “Dove abita Dio?” ritorna oggi davanti alla tragedia del dolore innocente e di fronte al delirio di onnipotenza che riempie le piazze di armi, di uomini armati, di sguardi ostili.
“Dove abita Dio?” è una domanda rivolta non solo agli “ospiti eruditi” di Rabbi Mendel di Korda.
“Se non fossimo noi cristiani così tiepidi sostenitori, come troppe volte siamo, delle ragioni dello spirito, se non fossimo così vili da da nascondere nell’apparente nobiltà degli esasperati nazionalismi la nostra reale e inumana ingiustizia, il mondo avrebbe finalmente una pace e una pace cristiana”,
Così scriveva Aldo Moro sulla rivista Studium del 5 maggio 1946 intendendo per “pace cristiana” quella richiamata nelle liturgie delle Chiese cristiane.
Come può il Dio della pace abitare in una casa che respinge, rifiuta, allontana l’altro, il diverso?
Dio è un altro, è un diverso. Rimane fuori dalla porta di quella casa per condividere il dolore delle vittime dell’odio e dell’indifferenza.
I pensieri e le domande su Dio, guardando alle crudeltà di oggi, non abitano nei palazzi del delirio di onnipotenza ma le risposte non si sono spente nel mondo che è fuori.
Si farebbe torto a Buber e a Moro così, diversi ma non così lontani, se si trascurasse la continuazione dei loro pensieri. Scrive il primo. “Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica”. Scrive il secondo: “Se io non posso fare giustizia tra i popoli (e mi brucia l’onta di questa ingiustizia che si perpetua aiutata dall’ipocrisia), posso però fare giustizia nei rapporti umani che dipendono personalmente da me”.
La risposta alla domanda del Rabbino non è caduta nel vento.
A confermarlo sono stati e sono uomini come don Oreste Benzi che quest’anno avrebbe compiuto 100 anni e don Luigi Ciotti che ne compirà 80 tra qualche giorno. Il quotidiano Avvenire del 6 settembre racconta come abbiano aperto la porta a Dio facendo entrare con lui la pace, la giustizia, la dignità, la libertà. Di riflesso altre porte si sono aperte, altre continueranno ad aprirsi. No, non saranno le piazze armate a fermare il cammino dell’uomo verso la pace, non saranno la menzogna e la violenza a cancellare la risposta del Rabbino.