Idee
Il Gruppo Facebook “Mia Moglie” con foto intime rubate di mogli, fidanzate, compagne, il sito sessista Phica.eu con immagini di donne, anche famose, pubblicate senza consenso e ora anche un portale facilmente raggiungibile dai normali motori di ricerca, con migliaia di registrazioni audio e video trafugate da oltre 2.000 videocamere di sorveglianza presenti in abitazioni, centri estetici, studi medici. Un fenomeno, quello delle immagini private date in pasto a un vasto pubblico in assenza della volontà dei diretti interessati, che sta destando sempre maggiore sconcerto, preoccupazione e anche la necessità di un intervento. Ne parliamo con il sociologo Maurizio Fiasco.
Condividere immagini rubate “proibite” sembra una delle pratiche più diffuse, ormai…
La commercializzazione del sesso con le immagini è molto antica. Agli albori della cinematografia si producevano brevissime sequenze animate di tipo erotico-sessuale, per non parlare della fotografia. Nella galassia della commercializzazione del sesso ci sono tanti pianeti, da quelli più rozzi, volgari e spontanei della sottocultura provinciale d’ambiente fino alle forme più sofisticate della digitalizzazione. Ci sono un’industria e un mercato spontaneo. La disponibilità, pressoché gratuita, di tecnologie che consentono il collegamento e la diffusione virale di tutto questo, chiaramente, ha fatto fare un balzo incredibile.
La presenza dei mezzi digitali sta cambiando il fenomeno?
Sì, cambia l’aspetto della commercializzazione del fenomeno e anche incentiva il mettersi in proprio. Prima parlavo di una galassia: il pianeta più grande è proprio l’industria della pornografia, degli spettacoli. Poi c’è un business legato ai social, perché i social, anche se sembrano gratuiti, in realtà danno luogo a delle forme di reddito, sia per le piattaforme, sia per chi crea i gruppi, che cercano quanti più like possibili.
C’è un’economia diffusa che è stata creata, che prima non esisteva, proprio grazie alla facilità e alla disponibilità dei mezzi digitali. Tutto questo abbassa la soglia di percezione dell’anomalia. Mi riferisco al fenomeno della prostituzione digitale, della prostituzione part time, della prostituzione come alternativa per procurarsi un reddito. Pensiamo alla piattaforma di OnlyFans.
Da una parte, ci sono la facilità e la disponibilità che la tecnologia mette a disposizione. Dall’altra parte, c’è la normalizzazione di tutto questo, cioè è considerato qualcosa che non dà luogo a una perdita di reputazione o a una disapprovazione sociale o alla cognizione della perdita di qualcosa di fondamentale nei rapporti umani che deriva da questa commercializzazione. Oggi è considerato rispettabile aprire uno spazio a pagamento tipo OnlyFans e avere un reddito, magari d’intesa con il proprio partner, con la propria famiglia. È considerato rispettabile fare il mestiere dell’attore o dell’attrice per la produzione di video pornografici. Non diamo un giudizio morale, anche se chiaramente ce l’abbiamo, ma mettiamo in luce la commercializzazione e la riduzione di un’esperienza umana a un oggetto che si vende e si compra.
Nel caso di “Mia Moglie”, Phica.eu e dei video di sorveglianza rubati, però, non c’è la volontà di mostrarsi da parte delle vittime né di guadagnarci…
Certamente, ma quella commercializzazione di cui ho parlato ha creato uno sfondo che ha dato luogo a tanti segmenti che per goliardia, per sottocultura, per bigottismo – cioè una forma primitiva di considerare la donna, i rapporti sessuali, i rapporti uomo-donna – hanno dilatato la platea, rendendola di una numerosità sconcertante. Si sono create comunità feticistiche, alienate, che guadagnano sempre più spazio proprio perché sul territorio in cui vengono ad espandersi non trovano la necessaria dissonanza con un senso comune invece corretto e accettabile.
I casi venuti alla ribalta quest’estate hanno un profilo penale: la giustizia penale svolge un ruolo di supplenza rispetto a un fenomeno che andrebbe invece prevenuto socialmente, attraverso una riprovazione sociale e la squalifica di chi partecipa.
Queste persone, che partecipano e continueranno a partecipare a questo genere di intrattenimento, si autorappresentano in pubblico, invece, come persone assolutamente rispettabili, considerano come niente di grave quello che fanno, ritengono che partecipare a questi gruppi o consultare questi siti, vedere queste registrazioni sia una forma di intrattenimento come tante altre che troviamo in questo mosaico del sesso mercificato.
Come si può contrastare tutto questo?
Intanto, smettendo di tenere la testa sotto la sabbia. In Francia, in Canada e in altri Paesi evoluti si sono fatti approfondimenti e si è presa cognizione, con allarme, che la stragrande maggioranza dei preadolescenti e degli adolescenti si forma una idea dei rapporti sessuali attraverso la pornografia. In Italia non abbiamo traccia nel dibattito pubblico della pornografia tra gli adolescenti, della mercificazione del sesso attraverso le tecnologie e le piattaforme digitali, compresi i business casarecci che si creano con le piattaforme come OnlyFans.
È giusto lanciare l’allarme, fare intervenire l’autorità giudiziaria, chiedere sanzioni per chi ruba immagini intime, per chi veicola contenuti di questo genere, per il reato di revenge porn, ma sul perché si è determinato un esibizionismo di massa che fa da sfondo generale a tutto questo non c’è una riflessione.
Ma con l’avvento dei telefonini con fotocamera e videocamera incorporate, quello che era un fenomeno pur presente in passato è diventato dilagante, con conseguenze psicologiche, sociologiche, umane, pedagogiche, sulla qualità dei rapporti uomo-donna. Adesso si parla dello scandalo, si chiedono provvedimenti su una punta di un fenomeno immenso che sta sotto e che non è oggetto di nessun commento, di nessuna riflessione, di nessuna analisi che viaggi all’interno della struttura e vada a vedere su quali nodi si possono mettere delle regole. Il nostro ordinamento vieta lo sfruttamento della prostituzione, ma non sanziona chi si prostituisce. Questa è una conquista di civiltà del 1958, la legge Merlin, ma come si configura la messa a disposizione, con il pagamento di un canone, di una piattaforma che consenta atti prostituzionali di tipo digitale? I giuristi, qualcosa, hanno detto sul punto? No! Tutti questi fenomeni diventano modelli, che non producono conseguenze in quelli con i capelli bianchi come me, ma per un adolescente, per un giovane, per una giovane coppia, per una coppia in crisi?
Quindi cosa bisognerebbe fare, secondo lei?
di anticonformismo, ma di quello vero. È chiaro che l’offerta potenziata dalle piattaforme digitali fa evolvere la domanda, in senso sempre più degradante, quindi è giusto avere un focus sulla incontrollabilità della tecnologia e anzi sul fatto che la tecnologia degli algoritmi tende ulteriormente a potenziare, ad amplificare, i fenomeni. È un’addiction di tipo digitale: le piattaforme digitali creano una dipendenza che va a combinarsi con questo tipo di consumo mercificato. Ciò mi fa perdere la percezione anche di quando commetto dei plateali reati, come nel caso di “Mia Moglie”, Phica.eu e delle videoregistrazioni rubate. Ma vedere il particolare e non il contesto renderà un fuoco di paglia le polemiche di questi giorni, perché poi si tornerà come prima con gli stessi spettacoli, lo stesso senso comune, gli stessi modelli.
Oltretutto, è un fenomeno che non riguarda poche persone…
Infatti, in passato questi comportamenti erano di nicchia, appartenevano a certi ambienti che venivano stigmatizzati, etichettati. Si parlava di linguaggio da caserma, rituali da caserma, comportamenti al limite del delinquenziale come il giro notturno per le strade ad andare a dileggiare le prostitute, tutte queste espressioni di immaturità, di sottocultura, che erano viste come forme di primitivismo, di volgarità, venivano disprezzate.
Adesso che lo scandalo è stato scoperto tutti ne parlano con riprovazione, c’è la disapprovazione perché sono stati coinvolti dei vip, delle persone con un ruolo pubblico, appartenenti alla politica, alla comunicazione, all’arte, all’imprenditoria. Ci sono i video trafugati del conduttore di successo della trasmissione più vista della Rai. Ma se si indagasse a fondo su quello che pensa veramente la popolazione secondo me tutta questa disapprovazione non c’è. Il fenomeno è talmente vasto che se le polemiche di questi giorni faranno da volano per una riflessione ampia e continuativa, allora possiamo approdare a un risultato utile. Altrimenti ci sarà una perdita di salienza della notizia e sarà finita lì.