“La Chiesa che vive a Roma diventi laboratorio di sinodalità, capace – con la grazia di Dio – di realizzare fatti di Vangelo, in un contesto ecclesiale dove non mancano le fatiche, specialmente in ordine alla trasmissione della fede, e in una città che ha bisogno di profezia, segnata com’è da numerose e crescenti povertà economiche ed esistenziali, con i giovani spesso disorientati e le famiglie spesso appesantite”. Aprendo l’assemblea della diocesi di Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano, Leone XIV ha tenuto un ampio discorso, durato quasi venti minuti, in cui ha tracciato un ritratto della sua diocesi come “Chiesa sinodale in missione”, che “ha bisogno di abilitarsi a uno stile che valorizzi i doni di ciascuno e che comprenda la funzione di guida come un esercizio pacificante e armonioso, affinché, nella comunione suscitata dallo Spirito, il dialogo e la relazione ci aiutino a vincere le numerose spinte alla contrapposizione o all’isolamento difensivo”. Per il Papa, “il dinamismo sinodale va alimentato nei contesti reali di ogni Chiesa locale”. Concretamente, ciò significa
“lavorare per la partecipazione attiva di tutti alla vita della Chiesa”.
E la Chiesa di Roma, in questo, nella visione del suo vescovo deve essere esemplare, perché sacramentalità ed esemplarità rappresentano due concetti-chiave dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e dell’ermeneutica di Papa Francesco.
“Rafforzare la formazione degli organismi di partecipazione e, a livello parrocchiale, verificare i passi fatti fino ad ora o, laddove tali organismi mancassero, di comprendere quali sono le resistenze, per poterle superarle”, la prima raccomandazione di Leone, che ha poi citato le prefetture e gli altri organismi, compresi i settori diocesani, mettendo in guardia dal rischio “che queste realtà perdano la loro funzione di strumenti di comunione e si riducano a qualche riunione, dove si discute insieme di qualche tema per poi tornare, però, a pensare e a vivere la pastorale in modo isolato, nel proprio recinto parrocchiale e nei propri schemi”.
“In un mondo diventato più complesso e in una città che corre a gran velocità e dove le persone vivono una permanente mobilità, abbiamo bisogno di pensare e progettare insieme, uscendo dai confini prestabiliti e sperimentando iniziative pastorali comuni”, la direzione di marcia indicata dal Papa, che ha esortato a “fare di questi organismi dei veri e propri spazi di vita comunitaria dove esercitare la comunione, luoghi di confronto in cui attuare il discernimento comunitario e la corresponsabilità battesimale e pastorale”. Il primo “obiettivo sinodale” suggerito è “la cura del rapporto tra iniziazione cristiana ed evangelizzazione”, a partire dalla consapevolezza che
“la richiesta dei sacramenti sta diventando un’opzione sempre meno praticata:
“Iniziare alla vita cristiana – ha spiegato Leone – è un processo che deve integrare l’esistenza nei suoi vari aspetti, abilitare gradualmente alla relazione con il Signore Gesù, rendere le persone confidenti nell’ascolto della Parola, desiderose di vivere la preghiera e di operare nella carità”.
“Occorre sperimentare, se necessario, strumenti e linguaggi nuovi, coinvolgendo nel cammino le famiglie e cercando di superare un’impostazione scolastica della catechesi”, la proposta del Pontefice, secondo il quale “occorre curare con delicatezza e attenzione coloro che esprimono il desiderio del battesimo in età adolescenziale e adulta. Gli uffici del Vicariato a ciò preposti devono lavorare con le parrocchie, avendo particolare cura della formazione continua dei catechisti”.
“Importante”, inoltre è il coinvolgimento dei giovani e delle famiglie, su cui oggi incontriamo diverse difficoltà”.
Per questo è urgente “impostare una pastorale solidale, empatica, discreta, non giudicante, che sa accogliere tutti, e proporre percorsi il più possibile personalizzati, adatti alle diverse situazioni di vita dei destinatari”. “Poiché poi le famiglie faticano a trasmettere la fede e potrebbero essere tentate di sottrarsi a tale compito, dobbiamo cercare di affiancarci senza sostituirci ad esse, facendoci compagni di cammino e offrendo strumenti per la ricerca di Dio”, l’invito. In concreto, per il Pontefice, si tratta di dare corpo ad
“una pastorale che non ripete le cose di sempre, ma offre un nuovo apprendistato;
una pastorale che diventa come una scuola capace di introdurre alla vita cristiana, di accompagnare le fasi della vita, di tessere relazioni umane significative e, così, di incidere anche nel tessuto sociale specialmente a servizio dei più poveri e dei più deboli”.
Il terzo obiettivo è “la formazione a tutti i livelli”,
con le parrocchie che “devono diventare generative”, cioè “essere grembo che inizia alla fede e cuore che cerca coloro che l’hanno abbandonata”.
“Viviamo un’emergenza formativa e non dobbiamo illuderci che basti portare avanti qualche attività tradizionale per mantenere vitali le nostre comunità cristiane”, la lucida analisi del Papa. “Nelle parrocchie c’è bisogno di formazione e, laddove non ci fossero, sarebbe importante inserire percorsi biblici e liturgici, senza tralasciare le questioni che intercettano le passioni delle nuove generazioni ma che interessano tutti noi”, l’appello:
“la giustizia sociale, la pace, il complesso fenomeno migratorio, la cura del creato, il buon esercizio della cittadinanza, il rispetto nella vita di coppia, la sofferenza mentale e le dipendenze, e tante altre sfide”,
l’elenco dettagliato stilato da Leone. “Non possiamo di certo essere specialisti in tutto, ma dobbiamo riflettere su questi temi, magari mettendoci in ascolto delle tante competenze che la nostra città può offrire”, ha concluso il Papa, secondo il quale “tutto questo dev’essere pensato e fatto insieme, in modo sinodale”.