Eliminare le discariche e mantenere solo i termovalorizzatori di Fusina, Padova e Schio. È questo l’ambizioso obiettivo che il Veneto si è posto per il 2030, ma per arrivarci occorre anche metter mano ai siti da bonificare che, dati Arpav, non sono così pochi. Le ex discariche e i siti industriali inquinati, infatti, sono ben 2.891, 204 dei quali di proprietà pubblica. A livello provinciale è Venezia la provincia con il maggior numero di siti (695), seguita da Padova (689), Treviso (551), Verona (539) e Vicenza (314). La provincia con il minor numero di siti è Belluno (20), seguita da Rovigo (83).
L’anagrafe dei siti contaminati del Veneto che si trova nella banca dati nazionale per i siti contaminati, creata nel 2020 da Snpa (il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) mostra una situazione complessa: sono 377 i siti contaminati e per i quali vi è un impatto conclamato sulle matrici ambientali, vale a dire una situazione di inquinamento grave di suolo, acqua o aria, in cui i livelli di contaminazione superano i limiti. «Di questi sono 124 i siti inquinati in Veneto di interesse pubblico, i cui procedimenti di bonifica risultano ancora aperti e nei quali risulta impossibile individuare i soggetti responsabili della contaminazione – denuncia Legambiente Veneto nel documento Bussola per il Veneto 2030 presentato la scorsa settimana – Pertanto sono gli enti pubblici, generalmente i Comuni, a dover provvedere alla bonifica, in genere utilizzando risorse statali o regionali. Per questo è necessario rafforzare l’impegno a fianco di Comuni e Province del Veneto nel difficile compito di risanare aree compromesse dall’inquinamento, i cosiddetti “siti orfani”, con stanziamento annuale e adeguato di risorse, a sostegno di interventi ambientali strategici per il territorio. L’obiettivo dev’essere quello di attivare le bonifiche mai realizzate attraverso un piano di rigenerazione produttiva nell’ottica della transizione ecologica, per creare nuovi posti di lavoro nell’economia verde».
Per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti urbani nel 2023, ultimo dato disponibile, il Veneto ha prodotto oltre due milioni di tonnellate di rifiuti urbani totali, con una produzione pro capite di 463 chilogrammi e la percentuale di raccolta differenziata è stata del 77,6 per cento, il valore più alto a livello nazionale. La produzione di rifiuti urbani è però aumentata del 2,1 per cento e solo il 6 per cento di questi è finito in discarica mentre il 75 per cento è stato recuperato.
Il rapporto Ispra 2025 porta in evidenza che nel 2023 in Italia sono stati prodotti complessivamente quasi 164,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con un incremento dell’1,9 per cento rispetto all’anno precedente. Le Regioni che ne producono di più sono: Lombardia (35,9 milioni di tonnellate), Veneto (17,6 milioni di tonnellate), Emilia Romagna (14,1 milioni di tonnellate) e Piemonte (13,7 milioni di tonnellate). Lo smaltimento in discarica è calato dell’11,2 per cento ma restano delle criticità strutturali in alcune filiere. Tra queste spicca quella dell’amianto: nel 2023 ne sono state smaltite circa 240 mila tonnellate, ma in Italia sono solo 27 gli impianti attivi e nessuno in Veneto. «Il conferimento dell’amianto in Veneto resta un grave problema e da tempo noi chiediamo almeno una discarica in Regione anche se ne servirebbero almeno una per provincia vista la quantità di amianto che abbiamo da smaltire e servirebbe anche un piano e non che lo smaltimento di questo materiale così pericoloso sia lasciato alla volontà del singolo – spiega Luigi Lazzaro presidente di Legambiente Veneto – Contestualmente andrebbe portata avanti anche una campagna di comunicazione e sensibilizzazione per far capire quanto sia importante per la salute e non solo, eliminare questo materiale insieme a una campagna di rimozione e quindi la realizzazione delle discariche anche per contenere i costi che attualmente sono molto alti».
Preoccupano anche le micro-discariche dovute all’abbandono dei rifiuti lungo le scarpate o nei corsi d’acqua, che danno conto di un’illegalità diffusa anche a livello individuale. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente Ecomafia 2025: le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia il Veneto si colloca al nono posto nazionale per reati ambientali, con 1.823 illeciti accertati (più 3,5 per cento), 1.721 persone denunciate, 211 sequestri, 4.094 illeciti amministrativi e 3.790 sanzioni. In particolare, la provincia di Venezia si distingue negativamente per l’alto numero di reati ambientali, posizionandosi al dodicesimo posto nella classifica nazionale, superando Palermo e Reggio Calabria: «Una situazione che, scorrendo a ritroso le edizioni precedenti del rapporto, conferma una presenza costante negli anni di reati ambientali in Veneto che non accenna affatto a diminuire, evidenziando la necessità di un impegno concreto da parte delle istituzioni regionali. La criminalità ambientale, inclusa la corruzione e il pressing illegale sul ciclo del cemento e dei rifiuti, rappresenta un grave danno all’ambiente, un rischio per la salute dei cittadini e un elemento di concorrenza sleale verso le imprese che rispettano le regole».
La notizia risale allo scorso marzo quando è stato confermato l’ulteriore slittamento della chiusura della discarica di Sant’Urbano, nel triangolo con Vighizzolo d’Este e Piacenza d’Adige, e gestita dalla Gea srl: grazie a una modifica normativa si recuperano 278 mila metri cubi per altri due anni di attività. È l’ennesimo rinvio della chiusura, già spostata al 2029 e ora al 2031. Nell’estate del 2024, il Consiglio di Stato, inoltre, aveva confermato quanto aveva sancito il Tar del Veneto: il comitato Lasciateci Respirare di Lendinara – contrario all’opera – secondo il tribunale, non aveva alcuna titolarità
a fare ricorso.
Un contenzioso con Bruxelles da oltre 300 milioni di euro che si avvia verso la conclusione. L’Italia ha quasi chiuso la procedura d’infrazione europea aperta nel 2013 per il mancato adeguamento di numerose discariche alla normativa Ue. Dopo anni, infatti, sono state bonificate 80 discariche su 81: gli ultimi due siti regolarizzati, a Pagani (Salerno) e Marghera (Venezia), sono stati certificati questa estate e inviati a Bruxelles per la cancellazione dalla lista. Rimane da completare solo la messa in sicurezza del sito Val da Rio di Chioggia, prevista entro dicembre 2025 la più “difficile” da risolvere tra le 81 su territorio nazionale. Nel 2019, infatti, sono state trovate tracce di amianto durante la fase iniziale dei lavori di bonifica, ripristino e riqualificazione complessiva dell’ex discarica di rifiuti solidi urbani di Chioggia, attiva dal 1961 al 1984.