Ancora negli anni Ottanta, da professore di estetica allo Iuav di Venezia cammina fra i campi di Monterchi, un migliaio di anime nell’Alta Valtiberina, in Toscana (luogo di nascita della madre di Piero della Francesca). Cerca il custode del cimitero che ha le chiavi. E trova lo spettacolare quadro appoggiato nella Cappella di Momentana: «È così che mi sono un po’ innamorato della Madonna del parto…» ammicca Massimo Cacciari.
Alla straordinaria icona – dipinta da Piero della Francesca tra il 1455 e il 1465 in onore di sua madre, Romana di Perino da Monterchi e ora esposta nei musei civici del paese in provincia di Arezzo – il filosofo ha dedicato il denso, originale e illuminante saggio La passione secondo Maria (Il Mulino, 136 pagine, 15 euro) presentato dallo stesso Cacciari nella Scoletta della Basilica del Carmine, nella serata di domenica 5 ottobre, fra le note del flauto di Mario Folena.
Una riflessione che non può prescindere dall’altro saggio di Cacciari (Generare Dio, pubblicato nel 2017), in cui spiccava l’analisi della Madonna Poldi Pezzoli del pittore veneto Andrea Mantegna. Con la folgorante affermazione: «La gloria di Maria consiste nell’essere con-crocifissa». E i versi di Rainer Maria Rilke: «Così fu amata anche colei / eletta a dare frutto, la timida / la colma di timore, la fanciulla cercata nella casa, / la giovane in fiore, la nascosta, / colei che in sé cela mille strade».
L’immagine parla da sola. La Madonna appare fra due angeli che aprono il sipario. Lei sfoggia, quasi ostenta, la gravidanza ormai a ridosso del parto. Di più: Maria è al centro di un dodecaedro, simbolo platonico del cosmo. Insomma, il quadro disvela la verità di un nuovo mondo. «Non sono un credente, tuttavia medito su Maria – spiega Cacciari – È scelta e insieme sceglie. Ma ascolta, medita, matura in se ciò che ascolta e soltanto dopo obbedisce. È la prospettiva di misericordia».
Cacciari si presta all’esegesi: «A dare scandalo è stata la religione che ha frainteso per secoli la figura di Maria e ne ha depotenziato la forza simbolica, rappresentandola come serva umile e obbediente, strumento passivo per l’incarnazione del logos divino. Peccato che Maria non sia uno strumento passivo, ma è parte essenziale del progetto divino. La sua non è l’umiltà che si piega e si prostra, ma l’umiltà che vince».
Poi non dimentica la Madonna ai piedi della croce: «Tanta teologia interpreta il grido di Maria come se in quel momento rigenerasse il figlio. Maria che partecipa in pieno alla passione è una donna reale, simbolo di libertà e misericordia. Non si limita semplicemente a generare, ma è creatrice di un nuovo ordine. Non è solo madre, è salvezza».
E Massimo Cacciari insiste nel suo rivelare l’altra identità del simbolo: «Questa madre e questo figlio abbandonati esprimono una tragica domanda, la stessa che pone il Cristo in croce all’ora nona: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” E abbiamo Maria con il figlio deposto sulle ginocchia, che ha la stessa età del figlio. Quindi c’è questo gioco in cui di volta in volta è la giovane madre, la madre, l’anziana signora che piange sul destino del figlio. Ed è la sorella. Perfino la sposa, come nel mosaico di Santa Maria in Trastevere: il figlio già assunto in cielo accoglie alla sua destra Maria, la cinge con il braccio e si vede addirittura la mano posata sulla spalla destra. Persone della stessa età, insieme».
Si ritorna all’icona che continua a interrogarci. Secondo il filosofo, nel segno della misericordia: «È questa radicale capacità di amare perfettamente. Dono e perdono: non giudicare niente e perdonare tutto. Il figlio magari giudicherà, il padre anche. Maria non giudica, perché perdona e salva. Crea generando. È un bello scandalo, no?»
La Madonna del parto esibisce la gravidanza, mentre nessun Vangelo (nemmeno apocrifo…) o nessuna icona parla del parto. Ma Cacciari sente il grido di Maria: «Nel momento in cui rigenera Gesù. Ai piedi della croce non ci sono maschi, tantomeno gli apostoli che erano fuggiti. Gesù invita dalla croce Maria a riconoscere in Giovanni suo figlio e a Giovanni a riconoscere in Maria sua madre. Nel dipinto di Masaccio, smembrato dal polittico di Pisa, sono con Maddalena. E l’icona, appunto, mostra come Maria abbia sofferto nel parto, perché lì rigenera Gesù, come molti teologi, soprattutto dell’Ordine francescano hanno detto. Ma si potrebbe dire, ma non c’è quest’icona di una Maria che propriamente grida ai piedi della croce. Quello è il grido di Maria: vista di spalle, rossa affocata, è la violentia caritatis, quella che Bernardo e tanti altri dicevano, quando l’amore giunge a esprimersi con violenza. E quindi Maria non soltanto è umana nel suo generare, ma è umana anche nel suo gridare».