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«Giustina è il nome di una giovane donna di cui fin dall’antichità, in questa Basilica, onoriamo la memoria»: da qui è partito il vescovo Claudio Cipolla nell’omelia della messa per la festa di santa Giustina, celebrata il 7 ottobre nella basilica che custodisce le reliquie della protomartire padovana.
Il vescovo ha invitato a guardare a Giustina non come a una figura lontana, ma come a una persona concreta, con relazioni, amicizie, affetti, capace di rendere visibile la forza della fede. «Il suo christiana sum – ha ricordato – pronunciato pubblicamente fu la sua condanna a morte, ma anche la testimonianza della sua fedeltà».
Da quella fedeltà nasce un messaggio che attraversa i secoli: ogni persona ha un nome scritto nel cuore di Dio, una vocazione che precede e supera ogni ruolo o appartenenza. «Le donne e gli uomini – ha detto mons. Cipolla – non sono innanzitutto un “genere”, ma singole persone, doni offerti alla storia e alla Chiesa: volti diversi e irripetibili, accolti e custoditi con amore di Padre».
Il vescovo ha sottolineato come il nome di Giustina, proclamato dal cuore di Dio, diventi fondamento di ogni riconoscimento umano. Da qui la chiamata a promuovere una “nuova cultura fraterna”, capace di riflettere lo sguardo del Signore su ogni vita.
Santa Giustina – ha detto ancora – non è una donna sconfitta, pur essendo stata uccisa: «ha avuto la forza e il coraggio di portare la sua dignità di donna attraverso le fatiche della storia, sentendosi amata da Dio e amando profondamente». Le parole che la tradizione le attribuisce – «Signore Gesù Cristo, accogli il mio spirito nel tuo riposo, perché ti ho sempre amato e a tutto ho anteposto il tuo amore» – esprimono una fede che non conosce resa.
Dal suo esempio il vescovo ha tratto un appello attuale: «Con lei chiediamo che ci siano anche oggi donne che si sentono amate e che sanno amare».
Rivolgendo lo sguardo al Vangelo, mons. Cipolla ha ricordato le parole di Gesù rivolte alle donne che gli sono accanto – Maria, la Madre, Maria Maddalena, la donna di Cana – come segni della Chiesa e dell’umanità intera. «Ogni sopruso, ogni discriminazione verso una sorella o un fratello – ha concluso – sono un’offesa a Dio. La nostra stessa relazione di fede è misurata dalle relazioni con gli altri».
Il Vangelo, ha ribadito, non introduce a strade di violenza o contrapposizione, ma a percorsi di pace, rispetto e fraternità universale. «Nell’altro e nell’altra vediamo impresso l’amore dell’unico Padre celeste. A santa Giustina, la palma della vittoria per essere arrivata tra le prime a parlare della grandezza di una donna».