Idee
Povero San Francesco. Probabilmente l’appellativo non gli dispiace, ma certo non sarebbe contento di sapere che la sua festa, il 4 ottobre, sia diventata motivo di polemiche.
La questione è nota. San Francesco d’Assisi è Patrono d’Italia, insieme a Santa Caterina da Siena. Ora, in occasione dell’800° anniversario della morte del Santo, che cadrà il 4 ottobre 2026, il Parlamento ha approvato una legge che istituisce la ricorrenza come festa nazionale. In pratica una giornata festiva, con scuole e uffici chiusi.
L’obiettivo della Festa, secondo la legge appena approvata, è quello di celebrare e promuovere i valori della pace, della fratellanza, della tutela dell’ambiente e della solidarietà, incarnati dalla figura di Francesco d’Assisi. E fin qui sembrerebbe tutto bene. Senonché ecco il primo motivo di inciampo. Per alcuni fare una festa in più è un problema, anzitutto economico. Così, ad esempio, secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, il giorno di stop che si aggiunge a quelli già esistenti nel calendario italiano costerà complessivamente circa 3,6 miliardi di euro all’anno, tra mancata produttività e stipendi erogati. La maggior parte del peso – circa l’80,5%, secondo Confindustria, pari a 2,98 miliardi di euro – ricadrà sulle spalle delle imprese private, il restante 19,5% (circa 720 milioni) graverà sul settore pubblico.
C’è poi una questione rilevante sollevata addirittura dal Capo dello Stato e riguarda la modalità di promulgazione della legge, che peraltro il Quirinale ha firmato. Infatti, il Presidente, dopo la firma ha preso carta e penna e ha scritto a Camera e Senato spiegando che “la medesima giornata del 4 ottobre è qualificata sia come festività nazionale che come solennità civile”, riferendosi al fatto che tale data, ora riconosciuta come festa nazionale dedicata a San Francesco, era già riconosciuta come solennità civile in onore di Santa Caterina da Siena, anch’essa patrona d’Italia (Francesco e Caterina venivano festeggiati insieme). Secondo Mattarella le due diverse definizioni procurano effetti giuridici differenti, con ricadute sul mondo del lavoro, dell’istruzione e sulle iniziative pubbliche. Una situazione che il Presidente considera “meritevole di interventi correttivi”.
Mattarella poi “bacchetta” direttamente i legislatori, sottolineando nella sua lettera “l’esigenza che i testi legislativi presentino contenuti chiari e inequivoci”.
Ora, lasciando da parte le questioni tecniche e i “litigi” tra Santi, vale la pena di tornare a considerare il valore della Giornata che certamente sia Francesco che Caterina sottoscriverebbero e hanno testimoniato con la loro esistenza. Pace, fratellanza, solidarietà, tutela dell’ambiente sono davvero temi che occorre continuare a portare all’attenzione di tutti, anche con una Festa nazionale. Serve farlo senza equivoci e in modo il più condiviso possibile, in particolare nella situazione attuale così pervasa di violenze e conflitti. E’ importante che le scuole – come peraltro previsto – siano coinvolte, perché i valori declamati con voce solenne non restino solo ideali da raggiungere, ma pratiche concrete, avviate a cominciare dai più piccoli. La scuola ha senza dubbio voce in capitolo nel parlare (e praticare) di pace, fratellanza, solidarietà e rispetto dell’ambiente. Non lo scopre oggi, né se ne occupa solo il 4 ottobre. Ora c’è un’occasione – una Festa – in più (anche se costa un po’).