Visionario e inquieto, carismatico e curioso: nella storia di Angelo Dalle Molle (1908-2001) si intrecciano l’Italia del dopoguerra, l’ascesa industriale, la fede nel progresso e la difesa ostinata della dignità umana. Nativo di Mestre ma profondamente legato a Padova, dove costruisce la sua fortuna e coltiva le intuizioni più importanti, Dalle Molle è imprenditore, inventore, mecenate e filantropo. Uno di quegli uomini che vedono nella tecnologia non solo una promessa di profitto, ma anche e soprattutto una possibilità di liberazione.
Un cammino all’insegna dell’innovazione che comincia… da un carciofo. Poco più che ventenne convince il padre e due fratelli a rilevare assieme a lui la Pezziol, storica azienda padovana di liquori produttrice del Vov, e nel secondo dopoguerra la trasforma in un laboratorio di idee e comunicazione. «Era patito per la pubblicità e per il benessere, la sua ossessione era contribuire alla qualità della vita», ricorda Enzo Di Bernardo, per anni al suo fianco come tecnico e collaboratore e oggi segretario generale del Centro studi Barbariga di Noventa Padovana.
Dalle Molle precorre il marketing moderno: intuisce il potere della pubblicità prima ancora che esistano regole o agenzie specializzate: acquista spazi nei cinema, promuove i prodotti in radio, inventa l’AvioBar – un aereo cargo trasformato in bar itinerante, che nel 1947 compie il giro d’Italia in dieci tappe – e conquista la televisione con il Carosello. Nel 1948 nasce, da un’idea semplice e geniale, il Cynar: un liquore che si presenta come leggero e dal sapore nuovo, con l’intento dichiarato di unire – secondo le conoscenze del tempo – piacere e salute. Per la prima volta il carciofo, umile pianta mediterranea nota per le sue virtù depurative, diventa protagonista di un prodotto industriale.
Il successo non nasce però solo dalla bottiglia: chi non ricorda Ernesto Calindri, seduto in mezzo al traffico, sorseggiare un Cynar «contro il logorio della vita moderna»? Uno slogan che per Dalle Molle non è pubblicità: è un vero e proprio manifesto. Il logorio non è solo quello del lavoro o del traffico: è la modernità che erode la libertà interiore. La convinzione che la tecnica debba servire il bene comune diventerà il filo rosso di tutto un percorso: negli anni Settanta, dopo aver ceduto le sue aziende, Dalle Molle dedica tutte le forze rimaste a ciò che chiama «la qualità della vita». Nella splendida villa Barbariga di Noventa Padovana crea un centro-laboratorio che è anche un’officina, dove imprenditori, ricercatori, intellettuali e artisti discutono di economia, ambiente, istruzione e libertà. Tra gli interlocutori abituali figurano Luigi Einaudi, Guido Carli, il card. Ottaviani e Salvador Dalí, di cui finanzia il museo di Figueres e con cui intrattiene un’amicizia ironica e surreale.
Da questi incontri nascono idee lungimiranti: la prima auto elettrica italiana, il primo sistema di car sharing urbano, gli esperimenti su traduzione automatica, sintesi vocale e intelligenza artificiale. Nel 1976 fonda la Pge-Progetti gestioni ecologiche, che produce e omologherà diversi modelli di auto elettrica in collaborazione con Enel, Italgas e Fiat. «Voleva dimostrare che un piccolo gruppo poteva realizzare prodotti tecnologici avanzati – spiega Di Bernardo – Più che vendere auto voleva cambiare le città, salvando i centri storici dal traffico e dall’inquinamento». Tutti progetti concepiti non per profitto, ma per servire l’umanità. «Non riuscivi a dirgli di no. Parlava con il giardiniere come con il presidente della Repubblica e coinvolgeva chiunque. Credeva davvero in ciò che faceva».
Negli ultimi anni Dalle Molle concentra tutte le energie sull’obiettivo di una tecnologia al servizio dell’uomo e dell’ambiente. Un sogno troppo avanti per i tempi: mancano le infrastrutture – da internet alle batterie al litio, fino ai sistemi wireless – manca però soprattutto una politica disposta a sperimentare investendo sull’ecologia e sul futuro. Il progetto pilota di car sharing vedrà la luce solo tra due facoltà universitarie di Bruxelles, con dieci auto e colonnine di ricarica, esempio isolato di smart mobility per anni.
Parallelamente, Dalle Molle scommette sull’informatica: in collaborazione con l’università di Padova finanzia studi su traduzione automatica, sintesi vocale e semantica computazionale, poi sviluppati in Svizzera; qui infatti viene creata la Fondazione Dalle Molle per la qualità della vita «per umanizzare la produzione e l’uso di beni e servizi in un’ottica di utilità sociale», da cui nascono tre istituti di ricerca tuttora attivi: l’Issco di Ginevra, fondato nel 1972 e dedicato agli studi linguistici e alla traduzione automatica, l’Idsia di Lugano, nato nel 1988 e specializzato in reti neurali e apprendimento automatico, e l’Idiap di Martigny, attivo dal 1991, impegnato in ricerche su riconoscimento vocale, visivo e interazione uomo-macchina. L’imprenditore e filantropo crede che la conoscenza debba essere accessibile e che i computer siano strumenti di emancipazione, non di controllo: «Il progresso scientifico – scrive – non deve asservire l’uomo, ma essergli di servizio». Uomo di fede e modernità, vede nel cristianesimo la radice possibile di un nuovo umanesimo.
Eppure, nonostante la varietà e la profondità dei suoi contributi – ognuno dei quali sarebbe forse bastato da solo a consegnare il suo nome alla storia – dopo la morte nel 2001 il nome e l’eredità di Angelo Dalle Molle rimangono a lungo nel dimenticatoio. Fino a pochi mesi fa, quando la sua figura torna alla ribalta grazie al podcast “Angelo Dalle Molle. Il genio dimenticato”, realizzato da Massimo Cerofolini per Rai Radio 1 con la regia di Leonardo Patanè: cinque puntate di oltre mezz’ora che intrecciano invenzione, storia e stupore. Ogni capitolo ricompone i frammenti di un pensiero – concreto e visionario, industriale e filosofico – sempre troppo avanti, che però oggi, in un tempo di transizioni e crisi tecnologiche, torna di nuovo a parlare alle nuove generazioni.
Padova fu il suo laboratorio e il suo orizzonte. Qui ha sognato un mondo in cui innovazione e libertà camminassero insieme, e la scienza potesse dire, con Pico della Mirandola: «Non vedo nulla di più meraviglioso dell’uomo». Un imprenditore vero, che però impegnò le sue fortune per cercare un futuro migliore per tutti, scommettendo sulla tecnologia come strumento per migliorare la società. Oggi la sua eredità vive soprattutto negli studi sull’intelligenza artificiale realizzati in Svizzera; l’attenzione alla sua figura può però forse finalmente far recuperare la sua visione di un Paese che non può puntare solo su cucina, arte e turismo, trasformandosi in un luna park per ricchi. L’innovazione, quella buona, non è un optional, anche quando la società non è ancora pronta. In fondo le idee sono come semi: a volte, se la terra non è pronta, bisogna solo aspettare la stagione giusta.
ANoventa Padovana la visione e le idee di Angelo Dalle Molle continuano a vivere attraverso il Centro studi Barbariga (www.centrostudibarbariga.org), che custodisce il suo ricco archivio storico: dalle campagne pubblicitarie del Cynar ai progetti pionieristici di auto elettriche fino all’archivio delle pubblicazioni: i quaderni della Barbariga e la rivista Via aperta al benessere di tutti. Il centro finanzia inoltre progetti di innovazione sociale e di formazione, con l’obiettivo di migliorare concretamente la qualità della vita delle persone e delle comunità: nel tempo il centro ha sostenuto numerose iniziative sociali, volte ad esempio a sostenere la valorizzazione della memoria storica della Shoah, la prevenzione del cyberbullismo e la ricerca oncologica.
Nel 2008, in occasione del centenario della nascita di Dalle Molle, collaboratori e studiosi hanno raccolto e digitalizzato l’intero archivio, rendendolo accessibile a ricercatori e studiosi di tutto il mondo. Oggi il Centro studi Barbariga è non solo custode di memorie storiche, ma laboratorio vivente di idee e progetti che continuano a diffondere lo spirito innovativo del fondatore.
Terzo di cinque figli, il padre era un piccolo imprenditore nel campo delle bevande e dei liquori. Imprenditore e mecenate, ha inventato il Cynar ed era convinto assertore che il progresso scientifico deve essere al servizio dell’uomo.