Chiesa | Diocesi
Il convegno annuale degli educatori dell’Azione cattolica di Padova, che si è tenuto domenica 5 ottobre all’Opsa, ha visto un momento unitario arricchito dall’intervento di Beatrice Draghetti, responsabile nazionale dell’Acr negli anni 1986-1992, che ha approfondito alcuni aspetti del tema associativo annuale – “È bello per noi essere qui”, dal Vangelo della Trasfigurazione – focalizzando il suo intervento su tre parole chiave: brillare, le vesti candide e ascoltare.
«La parola “brillare” oggi mi fa un po’ timore, tanto da aver voglia di prenderne le distanze. Sicuramente tutto quello che riguarda Gesù non può fare timore e neppure può far venire voglia di prenderne le distanze. Chiediamoci semmai che tipo di brillio ci interessa? Come Gesù nella Trasfigurazione occorre passare attraverso il percorso che ha compiuto, senza lasciare indietro niente».
Sul secondo termine, le “vesti candide”, Draghetti ha invitato a pensare al proprio battesimo. «Il senso della nostra esistenza di cristiani sta nel creare l’equazione tra battesimo e vita: seguire Gesù e imitarlo diventa tutto il senso della vita. Il “progetto Cristo” si sostituisce a una progettazione autonoma, nostra, che ci lascerebbe in balia di noi stessi».
Da qui l’invito alla «consapevolezza della vita insieme a Cristo, con la responsabilità nei confronti di quelli che non hanno ancora incontrato il Signore o non si sono accorti di averlo incontrato. Quando nelle attività parrocchiali ci dedichiamo con tanta passione a far crescere il gruppo che ci è affidato, ricordiamoci di tenere occhio e cuore anche fuori dalla finestra, oltre il cortile, perché di là dal muretto c’è una umanità varia, che anche se non ne è consapevole cerca il senso per cui vivere»
Sul terzo termine scelto, “ascoltare”, Draghetti è stata chiara: «Ascoltare non è una cosa da fare, un’attività da svolgere. È una postura dell’esistenza, soprattutto dei cristiani: siamo ascolto, la nostra vita è in Cristo, siamo avvolti da lui che è buona notizia. Ascolto anche di ciò che esiste, succede, ci coinvolge dove siamo, il laico è chiamato a stare in più situazioni. È necessario tenere insieme tutto e riusciamo a farlo, spesso con fatica e con impegno quotidiano, se siamo riconciliati, unificati dentro, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, che si manifesta in modo vario e sorprendente, a ciascuno di noi. Come Cristo stiamo nella storia. Non abbiamo timore o ritrosia a dire che siamo chiamati, se siamo quelli di Cristo, a essere eccellenti in ogni situazione che sta nella nostra responsabilità, con competenza. Cioè la capacità, dovuta alla cultura o all’esperienza, di parlare, discutere, esprimere giudizi o anche la capacità di fare qualcosa, di svolgere un’attività. Tutto ciò, sapendo che comunque non siamo mai persi di vista da lui e noi possiamo sempre tornare a girarci dalla sua parte».