La manovra approvata dal Consiglio dei ministri contiene due interventi sul tema della povertà. Il primo è il rifinanziamento, per il terzo anno consecutivo, della Carta “Dedicata a te”, con una dotazione aggiuntiva di 500 milioni di euro: si tratta di un contributo una tantum per famiglie numerose e con figli, erogato dai Comuni sulla base di disposizioni previste con decreto del ministero dell’Agricoltura. Non sono ancora note modalità e criteri di ripartizione dei fondi. Già lo scorso anno Caritas, in sede di audizione sulla manovra del 2025, aveva espresso perplessità su interventi di questo tipo.
Anzitutto, manca una valutazione complessiva dei risultati raggiunti. Prima di rinnovare la misura sarebbe necessario analizzare con attenzione gli effetti prodotti, individuando i benefici ma anche le criticità, così da capire se e come migliorare l’efficacia dello strumento.
In secondo luogo, la ragione stessa della Carta sembra venuta meno. Essa era nata come risposta temporanea all’emergenza dovuta all’aumento dei prezzi alimentari, in un contesto di forte inflazione. Oggi, però, quella fase può dirsi superata: l’inflazione, dopo aver toccato l’8,1% nel 2022, è scesa all’1,0% nel 2024 e si mantiene nel 2025 intorno all’1,6-1,7%. Le previsioni per il 2026 oscillano tra 1,5% e 1,9%, secondo Istat, Banca d’Italia ed Eurostat. Rifinanziare una misura nata per un’emergenza ormai superata appare quindi poco coerente con il contesto attuale e prospettico.
Un ulteriore limite riguarda la categorizzazione dei beneficiari. Sebbene il criterio economico (Isee) sia alla base della selezione, solo alcune tipologie familiari – in particolare i nuclei con almeno tre componenti e figli minori, questi i criteri degli scorsi anni – possono accedere al contributo. Questo approccio crea disuguaglianze tra persone in pari difficoltà economica, contraddicendo il principio di universalità che dovrebbe guidare le politiche contro la povertà.
Vi sono poi limiti di disegno: la Carta prevede un contributo una tantum, da spendere in tempi ristretti e solo per determinati prodotti alimentari, senza tener conto dei reali bisogni nutrizionali delle famiglie o delle differenze nel costo della vita tra le diverse aree del Paese.
Infine, la misura ha comportato finora anche un notevole onere amministrativo per i Comuni, chiamati a gestire la distribuzione e il monitoraggio delle carte in collaborazione con INPS e Poste Italiane. Un impegno organizzativo rilevante, che distoglie risorse e tempo da altri interventi sociali di maggiore continuità e impatto.
Per tutte queste ragioni, sarebbe opportuno superare la Carta “Dedicata a te” e destinare le risorse disponibili a coloro che versano nelle condizioni peggiori, oggi. Lo diciamo ora, come lo scorso anno.
Il secondo intervento previsto dal governo sulla povertà riguarda direttamente la misura dell’Assegno di inclusione, destinato a famiglie in povertà e con particolari carichi di cura (minori, over 67 anni, persone con disabilità, persone non autosufficienti). La manovra elimina di fatto il mese di interruzione allo scadere dei 18 mesi continuativi di erogazione del beneficio alle famiglie. Già a luglio, il governo – per fronteggiare questo disagio – aveva stanziato risorse aggiuntive per compensare, con un importo fino a 500 euro, la mancata erogazione del beneficio alla scadenza del diciottesimo mese. Si tratta di una modifica utile e apprezzabile, considerato il disagio che questa interruzione provoca alle famiglie.
La manovra, però, precisa che il finanziamento di questo intervento viene garantito da una riduzione di circa un terzo del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (che ammonta a circa un miliardo l’anno), istituito nel 2016. Tale fondo finanzia l’Adi, il Sfl, i servizi previsti dal Piano nazionale degli interventi e servizi sociali di contrasto alla povertà, garantisce il raggiungimento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) su tutto il territorio nazionale, finanzia interventi per le persone in povertà estrema e sostiene servizi territoriali e professionali di inclusione. Il Fondo Povertà è dunque il perno della rete pubblica di contrasto alla povertà.
È quindi uno strumento strategico per consolidare il sistema nazionale di welfare e assicurare una risposta uniforme e continuativa alla povertà in tutte le regioni italiane.
L’intento condivisibile di rendere l’Adi una misura continuativa viene realizzato a spese del finanziamento dei servizi e degli interventi di supporto per il contrasto alla povertà. Quello che si sta facendo è quindi migliorare un elemento critico della misura a scapito di altri elementi fondamentali nel contrasto alla povertà. Ma il contrasto alla povertà non è un gioco a somma zero: ciò che si sacrifica in termini di servizi e accompagnamento si ripercuote sul benessere delle famiglie e sulla qualità del lavoro degli operatori e delle operatrici sui territori.
Rispetto a questo rischio, il passaggio in Parlamento sarà fondamentale per correggere distorsioni che potrebbero avere contraccolpi di lungo periodo sul sistema di protezione sociale.