Idee
“Da qualsiasi lato la si guardi, la situazione è molto preoccupante. Non tanto e solamente per la quota di valore che viene sottratta all’economia legale, ma anche per tutto quello che questo comporta, perché l’economia sommersa e quella illegale alimentano la criminalità, erodono le regole e il rispetto istituzionale, diffondono norme sociali per cui non pagare le tasse è tollerato, quasi neanche condannato”. Così Claudio Lucifora, professore ordinario di Economia politica all’Università Cattolica di Milano e autore del volume “Economia sommersa e lavoro nero” (Il Mulino), commentando i recenti dati forniti dall’Istat sull’economia non osservata in Italia. Nel 2023 sono cresciuti il valore dell’economia sommersa e illegale in Italia (raggiungendo i 217,5 miliardi di euro) e l’incidenza sul Pil (10,2%). In un anno, sostanzialmente, si è raggiunto un ammontare che supera l’intero valore del Pnrr. In aumento anche l’evasione fiscale del 6,6% e la rilevanza del lavoro “nero” (+145mila unità rispetto al 2022).
Professore, l’hanno sorpresa questi dati? Cosa la preoccupa di più del quadro fornito dall’Istat?
Lo spaccato che emerge non è una sorpresa, perché conferma una tendenza ormai decennale, quasi secolare. Però questo non vuol dire che non sia preoccupante, soprattutto perché
Questo è avvenuto perché l’economia sommersa non è indipendente dall’andamento dell’economia generale e, quando questa cresce, cresce anche l’economia sommersa.
Non c’è dubbio che il valore raggiunto sia particolarmente significativo…
Tra economia illegale e sommersa, tra quella sommersa e quella emersa ci sono confini che non sono poi così netti. Ci sono stime dell’economia sommersa per l’Italia e anche per altri Paesi europei realizzate utilizzando metodi diversi da quelli dell’Istat ma ugualmente affidabili, per esempio usando i dati satellitari dell’illuminazione delle aree, del consumo di energia. Per l’Italia, la stima del sommerso è anche molto più elevata del 10% del Pil, quasi al 20%. C’è da dire che in Europa solamente la Grecia ha un’economia sommersa maggiore della nostra.
Anche l’evasione fiscale ha il suo peso…
In Italia c’è un atteggiamento molto diffuso, che non si capisce mai se è la causa o la conseguenza. Per cui la gente dice “Ma se non le paga nessuno, perché devo essere proprio io a pagare le tasse?”. Nella letteratura economica questa si chiama “tax morale”; e non c’è dubbio che in Italia il fatto di pagare le tasse è quasi scoraggiante. Si dice spesso che evadere le tasse nel nostro Paese è una conseguenza del fatto che ci sono tanti lacci e lacciuoli, che la burocrazia è complicata, che le tasse sono troppo alte. Tutto questo è vero, ma in realtà è difficile dire quale sia la causa e quale la conseguenza, perché è ovvio che il mancato rispetto delle norme del pagamento delle tasse restringe la base imponibile e quindi questo richiede per un minimo di equilibrio – che non c’è peraltro – che le tasse crescano, laddove si possano prendere. Ciò significa che
le tasse sono alte perché la gente non le paga
e non che la gente non le paga perché sono troppo alte. I dati sono allarmanti, al di là dei numeri forniti dall’Istat, perché sostanzialmente 1 italiano su 2 non paga le tasse, dichiarando redditi che sono inferiori ai minimi: parliamo di 15 milioni di italiani che dichiarano redditi sotto i 15.000 euro e ne pagano poche centinaia di tasse; tenendo presente che la spesa media sanitaria pro capite è di circa 2.300 euro, è facile comprendere che la spesa sanitaria non è sostenibile. Così come non è sostenibile il welfare che ambiano ad avere come Paese del G7.
Un altro dato significativo è quello relativo al lavoro “nero”, anche questo in crescita nel 2023. Com’è potuto succedere, considerato che nello stesso periodo l’incremento degli occupati nell’economia legale certificato dall’Istat è stato di quasi 440mila unità? Non è un controsenso?
Non lo è, anche se non è così automatico. Perché il confine tra il lavoro regolare e il lavoro irregolare non è netto, in mezzo c’è una fascia di “grigio”. Quando l’economia regolare va bene, è assai probabile che abbia bisogno di più occupazione e quindi un lavoratore sceglie un lavoro regolare che paga salari più elevati. In periodo di crescita c’è questo travaso e l’economia regolare assorbe un po’ di lavoro irregolare. Però bisogna anche tener conto di altri fattori: per esempio della composizione dell’occupazione che sale nei periodi di crescita.
In questi anni, gran parte della crescita occupazionale regolare ma soprattutto irregolare è avvenuta in settori come i servizi, soprattutto quelli alle persone, nelle costruzioni, nella logistica… Sono tutti settori in cui la subfornitura, il subappalto, ma soprattutto il ricorso a lavoratori irregolari è ampio.
Pensiamo per esempio a tutti i servizi di cura, che per l’80% sono appaltati a rapporti di lavoro più o meno irregolari.
Perché finora i tentativi dello Stato di combattere il “nero” non hanno raggiunto risultati esaltanti nonostante le “ampie tracce” che questa economia lascia?
Mentre tracciamo questo quadro, va ricordato che l’Italia non è l’unico Paese a fare i conti con questo problema, che è generalizzato. Ma altrove non è grave così come lo è da noi. Non ci sono ricette magiche che risolvono il problema, che noi non applichiamo e che altri applicano. Ci sono però storture, fattori culturali che alimentano questo fenomeno, di più in Italia che in altri Paesi. Non c’è una vera volontà politica, al di là dei proclami. Gli oltre 200 miliardi di euro sono una somma enorme che ogni anno viene sottratta all’economia regolare;
perché risolverebbe un’infinità di altri problemi, come la sanità, la scuola, gli investimenti…
Realisticamente quanto si può pensare di recuperare con l’emersione?
Se anche solamente la metà di queste risorse fossero disponibili, ci potremmo permettere delle finanziarie che veramente consentirebbero all’Italia di crescere, cosa che invece non succede. Ovviamente, non è ragionevole pensare che entro un anno si possa eliminare del 50% l’evasione. Ci sono comportamenti diffusi, c’è anche un assetto istituzionale che regge attorno l’economia irregolare. Serve incamminarsi lungo un percorso che è fatto di piccoli passi che devono andare tutti nella stessa direzione.
Bisogna mettere in campo una serie di misure coerenti, aumentando sia la “compliance” (attività per garantire il rispetto delle normative fiscali vigenti, ndr) ma soprattutto i controlli che, al momento, sono assolutamente insufficienti.
Secondo Lei, che ha condotto studi approfonditi su questi temi, quali proposte per l’emersione andrebbero messe in campo? Come contrastare il fenomeno per consentire il recupero di risorse che sfuggono alle casse della collettività?
Strizzare un po’ l’occhio al sommerso che in Italia non viene percepito come una malattia seria ma come una caratteristica, aumentare continuamente le soglie di utilizzo del contante, fare ripetutamente ricorso a condoni o a forme di sconti di tasse non sono bei segnali e a pagarne lo scotto sono i cittadini onesti. Ci sono state anche misure che sono andate nella direzione giusta, come la fatturazione elettronica che si è rivelata un sistema potentissimo di incremento del gettito fiscale. E anche i miglioramenti che l’Agenzia delle entrate ha portato nella “compliance”, cioè nel favorire l’incontro e la risoluzione dei controversi per piccoli ammontari.
Il sommerso è un fenomeno che non è facile da sradicare, ma il problema non è risolvibile semplicemente con misure punitive o “mettendo le mani nelle tasche degli italiani”.
Però un po’ più di potere all’Agenzia delle entrate di chiedere ai cittadini che hanno tenori di vita che non compatibili con le dichiarazioni dei redditi ci dovrebbe essere. Anche perché ci sono tutta una serie di indicatori di consumi – più di 150 miliardi spesi in gioco d’azzardo, abitazioni di proprietà, possesso di autoveicoli di grossa cilindrata, abbonamenti a tv a pagamento… – che non sono compatibili con il reddito medio pro capite degli italiani. E questo torna con l’economia sommersa. C’è bisogno di restringere il più possibile la possibilità di operare nel sommerso. E misure come la “flat tax” prima a 60, poi a 80 e adesso a 100.000 euro sono assolutamente negative, perché violano uno dei fondamenti della tassazione.
Per contrastare il sommerso servono azioni sistemiche, non solo punitive; bisogna semplificare tenendo però conto che per eseguire i controlli è necessario mettere paletti, perché se non c’è etica le regole vincolano molti comportamenti.