Chiesa
Con 781 “placet” su 809 votanti, la Terza Assemblea sinodale ha approvato il Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, intitolato “Lievito di pace e di speranza”. Il voto – elettronico e a scrutinio segreto – ha riguardato l’intero testo e le tre sezioni in cui è articolato: 124 proposizioni complessive, frutto del confronto emerso nella seconda Assemblea e rielaborato con il contributo della Presidenza Cei, del Comitato sinodale, del Consiglio Permanente, degli Uffici e delle Regioni ecclesiastiche. “Una volta che oggi questa Assemblea ha congedato il testo con il suo voto – ha affermato il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei -, è ora compito dei Pastori assumere tutto, individuare priorità, coinvolgere forze vecchie e nuove per dare corpo alle parole. Collegialità e sinodalità”. La prossima Assemblea generale della Cei, in programma a novembre 2025, sarà interamente dedicata alla discussione del Documento, che ora diventa riferimento centrale per l’elaborazione di orientamenti e delibere. Il Consiglio Permanente ha disposto la creazione di un gruppo di vescovi che, con il sostegno degli organi statutari, guiderà questa fase di recezione e discernimento.
“Il Cammino sinodale oggi è terminato – ha aggiunto Zuppi – ma ci accompagnerà lo stile sinodale, che ci spinge a realizzare nel tempo ciò che abbiamo intuito, discusso, scritto e votato”.
Una bellezza che nasce dall’ascolto reciproco
“Quattro anni belli”, ha detto mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, nel suo intervento introduttivo. “La bellezza, per i cristiani, non è solo armonia, ma è dono, impegno, sacrificio. La nota della bellezza mi pare in grado di riassumere questi anni, che possiamo ora vivere con gioia ed entusiasmo”. Richiamando le tappe del processo avviato nel 2021 su impulso di Papa Francesco, Castellucci ha ricordato come il Sinodo sia stato innanzitutto un’esperienza di persone e relazioni, più che di testi o strutture. “50mila gruppi – ha detto – si sono incontrati, ascoltati e confrontati. È stato un fenomeno unico nella recente storia della Chiesa in Italia”.
Dopo l’interruzione della seconda Assemblea e il ritiro del primo testo delle proposizioni, ritenuto inadeguato, il lavoro ripreso nei mesi successivi ha prodotto un nuovo Documento capace di mediare posizioni diverse senza cedere al compromesso.
“Non è un testo perfetto – ha aggiunto Castellucci – ma riflette il percorso fatto e il senso di fede delle nostre comunità”. Il voto, ha precisato, non è stato espressione di appartenenze, ma atto di coscienza ecclesiale: “Il primato della coscienza personale, inciso nei testi conciliari, deve ispirare il momento assembleare che stiamo vivendo”.
Una Chiesa che si lascia trasformare dallo Spirito
A introdurre i lavori è stato padre Sabino Chialà, priore di Bose, con una meditazione sulla spiritualità del discernimento sinodale: “I passi, quando sono veri, trasformano. Non si può camminare restando gli stessi”. Chialà ha ricordato che il cammino sinodale non può ridursi a forma o a meccanismo decisionale, ma deve restare esperienza dello Spirito: “Scelte che non tradiscono ma approfondiscono il deposito della fede, che aiutano a comprendere meglio e a rimanere fedeli al Vangelo di Gesù Cristo”. Nel messaggio indirizzata a Papa Leone XIV, i partecipanti hanno espresso gratitudine per l’accompagnamento ricevuto:
“Il Cammino sinodale ci ha aiutato a riscoprire lo stile della vita e della missione della Chiesa”, scrivono.
Il Papa, ricevendoli nel giugno scorso, aveva esortato a “restare uniti e non difendersi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità”. Una raccomandazione che i delegati hanno voluto fare propria: “Assumiamo questo auspicio come impegno concreto da incarnare e vivere sin d’ora”. Per questo il Cammino sinodale – ha ricordato ancora Zuppi – è stato anche “un cantiere di corresponsabilità differenziata”, un’opera di comunione costruita a più mani, nella quale “la profezia non è massimalista né minimalista, ma evangelicamente realista”.
Proposte approvate con ampio consenso, ma non senza confronti
Nel dettaglio delle votazioni, il Documento di sintesi è stato approvato con una larghissima maggioranza: l’introduzione ha ricevuto 832 voti favorevoli su 847 (98,23%) e la prima parte 812 su 846 (96%). La sezione iniziale, dedicata al rinnovamento dello stile ecclesiale e missionario, ha raccolto i consensi più ampi. Tra i singoli punti, spicca la proposta 25(e), sulla formazione sinodale dei ministri e dei laici, con 828 voti favorevoli su 844 (98,10%). Anche la 24(d), che sollecita una maggiore sinodalità dei vescovi, ha superato il 97% di approvazione (822 su 844). La 24(e), sull’evangelizzazione digitale, pur approvata con ampio consenso (778 su 847), si attesta attorno al 91,85%. Più articolato il quadro nella Parte III, “La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità”: non esiste un voto aggregato per l’intera sezione, ma la media dei risultati indica una percentuale attorno all’89%, con punte di dissenso significative. La proposta meno votata in assoluto è la 71(c), che chiede il pieno coinvolgimento delle donne nei processi decisionali e nei ruoli di responsabilità: approvata con 625 voti su 813 (76,88%), ha registrato il numero più alto di voti contrari (188). Seguono la 72(d), sull’affidamento stabile ai laici di compiti di guida pastorale e amministrativa (636 voti su 810, 78,52%), e la 71(b), sul riconoscimento delle donne nei ruoli di insegnamento teologico (661 su 817, 80,91%). Anche la 72(c), che apre al discernimento sui nuovi ministeri laicali, pur approvata con l’82,37%, riflette un confronto acceso. Al di fuori della Parte III, la proposta 30(c), sull’ascolto delle persone ferite o escluse, ha raccolto 672 voti favorevoli su 826 (81,35%), con 154 contrari: un dato che segnala la delicatezza del tema. Sul piano amministrativo, la 74(c), sull’introduzione di strumenti di valutazione e trasparenza, è stata approvata con 781 voti su 815 (95,83%), ma non senza qualche riserva. L’insieme dei dati restituisce un quadro in cui la Chiesa italiana condivide in modo ampio la prospettiva di uno stile più sinodale, pur mostrando cautele e resistenze quando si toccano strutture di potere, ruoli di guida e nuove forme ministeriali.