Venezuela: la vita quotidiana del popolo sotto la minaccia militare Usa, tra paura e sopravvivenza
Il Venezuela vive giornate difficili tra la paura di un possibile attacco Usa e la fatica della sopravvivenza quotidiana. Mentre Washington accusa il presidente Nicolas Maduro di guidare uno “Stato narcos”, la popolazione pensa soprattutto a lavorare e portare il cibo a casa. Secondo fonti locali le parole di pace di Papa Leone XIV offrono un raro spiraglio di speranza ma le sanzioni aggravano la povertà, colpendo soprattutto i più vulnerabili. Nonostante tutto, il popolo continua a credere nel cambiamento dal basso e nella forza della comunità
In Venezuela la popolazione vive tra la fatica della sopravvivenza quotidiana e il timore di un attacco militare da parte degli Stati Uniti, che hanno schierato vicino alle sue coste, nel Mar dei Caraibi, la più grande portaerei al mondo, 15.000 militari, sottomarini e altri mezzi vicino. Obiettivo dichiarato: la lotta ai narcotrafficanti. Il presidente Donald Trump ha definito il Paese guidato da Nicolas Maduro “uno Stato narcos” e Maduro prima ha risposto di essere preparato ad un eventuale attacco, poi si è detto disponibile al dialogo e ad incontrare il presidente Usa. I venezuelani hanno però preoccupazioni maggiori, dovute alla povertà e all’inflazione alle stelle: “Portare il cibo a casa e lavorare. Tutti sono concentrati su questo: sopravvivere – dice al Sir dal Venezuela una fonte che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza -. Certo, la presenza delle navi americane fa paura, ma la gente deve lavorare, non può vivere davanti alle notizie delle tv. Molti fanno due o tre lavori per mantenersi”
Nei primi giorni di novembre Papa Leone XIV aveva lanciato un appello alla prudenza e al dialogo. “Un Paese ha il diritto di avere i militari per difendere la pace, ma in questo caso sembra un po’ diverso”, aveva detto il Pontefice parlando con i giornalisti a Castel Gandolfo. “Con la violenza non vinciamo. Bisogna cercare il dialogo, un modo giusto per trovare una soluzione ai problemi”.
“Abbiamo accolto con grande gioia le parole del Papa – afferma la fonte – perché parlano di pace e di dialogo, ciò che la nostra gente desidera più di ogni altra cosa. Nessuna soluzione è mai arrivata attraverso la violenza”. Al di là della situazione politica, la popolazione cerca risposte concrete: “Sì, c’è paura.
Siamo a pochi chilometri da navi e aerei militari, è normale avere timore. Ma la gente deve continuare a vivere, lavorare, mandare avanti la famiglia”.
Narcotraffico ed embargo. Sull’accusa di “Stato narcos” la fonte invita alla prudenza: “È un giudizio temerario. Gli Stati Uniti spesso giustificano le proprie mosse con motivazioni di facciata. Il mio ragionamento è semplice: dove si consuma la droga? Dove si produce? Quanti Paesi in America Latina producono o fanno da tramite? Sono tantissimi. Allora perché un intervento militare solo contro il Venezuela? Perché non con la Colombia o con il Messico? È sproporzionato. E soprattutto: perché non si affronta il problema alla radice, riducendo il consumo di droga negli Stati Uniti? Se non c’è domanda, non c’è offerta. È una legge di mercato”. Inoltre, il popolo subisce in prima persona le gravi conseguenze delle sanzioni al Venezuela: “Come per Cuba, l’embargo non ha risolto nulla, ha solo aggravato la povertà.
Blocchi economici o risposte militari non fanno che colpire i poveri: è sempre il popolo a pagare”.
Il popolo crede nel cambiamento dal basso. Il popolo, pur tra le difficoltà, non rinuncia alla speranza. “La canonizzazione dei primi due santi venezuelani ha portato gioia e unità – osserva -. La gente ha paura, ma deve andare avanti. Non crede più alle soluzioni magiche:
il cambiamento vero nasce dall’interno, non è imposto dall’esterno.
I cambiamenti veri vengono dal basso. In America Latina c’è spesso stata l’idea del grande leader che cambia tutto, ma la storia insegna che non funziona. Come Chiesa e come società civile, crediamo che la soluzione nasca dall’iniziativa di ogni persona e dall’impegno collettivo. Applicare davvero la dottrina sociale della Chiesa sarebbe un vero cambiamento”. Ciò che conta di più, conclude, “è quanto ha detto il Papa: