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Nuove tappe padovane per Il fu Mattia Pascal di Giorgio Marchesi, volto noto nel panorama teatrale e televisivo italiano che da ormai cinque anni porta in giro per l’Italia il classico pirandelliano rivisitato con un linguaggio semplice e accessibile a tutti.
Mercoledì 3 dicembre al Farinelli di Este e giovedì 4 al teatro Giardino di San Giorgio delle Pertiche l’attore sarà il protagonista di un dialogo vivo e contemporaneo, lontano dalla “pesantezza” spesso associata a una delle pietre miliari della letteratura novecentesca. Ed è proprio Marchesi a condividere qualche riflessione sullo spettacolo e i suoi significati per la società di oggi.
Com’è nata l’idea di questo spettacolo?
«Dopo essermi stata proposta l’idea di questo progetto, mi sono riapprocciato alla storia trovando una scrittura molto meno drammatica rispetto a quanto ricordassi. Inoltre, mi sembrava importante poter parlare di identità, tema rilevante allora – eravamo nel periodo successivo al Covid quando si parlava di reinventarsi una nuova vita – ma ancora attuale in cui, con tutte le rivoluzioni tecnologiche e i conseguenti posti di lavoro che non ci saranno più, i giovani dovranno essere in grado di trasformarsi nel tempo».
Qual è stato il lavoro di adattamento compiuto sul testo originario?
«Il lavoro è stato di fondamentale asciugatura costante del testo originale mantenendone gli snodi drammaturgici imprescindibili. Mi sono immaginato di raccontare fatti temporalmente distanti: quando si è in questa situazione si può trovare l’ironia e l’assurdità in fatti anche drammatici. Il testo è stato traslato in un tempo non definito e con il musicista abbiamo cercato delle atmosfere che non fossero solo novecentesche. Ho chiesto poi di avere della musica elettronica nel momento della trasformazione di Mattia Pascal in Adriano Meis così da far arrivare lo spettacolo anche ad un pubblico giovane».
Cosa può dire ancora questo testo, anche ai ragazzi?
«Figuriamoci se Pirandello avesse scritto quest’opera oggi, in cui sui social mostriamo qualcosa ma non siamo mai veramente noi stessi, ma solo un lato! Credo sia importante pure per i giovani conoscersi un po’ e, anche se difficile, avere almeno dentro di loro la consapevolezza di quando fingiamo e quando invece siamo veri. Nel testo ci sono poi tre bolle poetiche che mi piacciono particolarmente, a cominciare da quella teoria del lanternino geniale in una contemporaneità ricca di immagini e informazioni che ci mostrano una parte di realtà e ci forniscono, per la loro quantità, dati opposti sullo stesso argomento mettendo in discussione spesso la scienza. Altri temi presenti sono l’idea secondo cui le anime parlano per noi tra loro in percorsi diversi da quelli del nostro corpo e il rapporto con gli oggetti, che dopo pochi giorni non sono più un qualcosa di inanimato ma fanno parte della nostra storia».
Da attore non solo teatrale ma anche televisivo, vede un avvicinamento dei giovani verso il teatro e cosa può questo dire loro?
«Penso che il teatro possa avere un’importanza fondamentale e anche un successo, riscontrabile nella sua minore sofferenza rispetto ai cinema. A differenza di quest’ultimo che è replicabile purtroppo a casa – dico così perché vedere un film in sala è tutt’altra cosa – l’evento dal vivo ha sempre qualcosa di impossibilmente prevedibile e dunque appartiene a una curiosità attrattiva. In questi giorni riscontro l’entusiasmo delle persone che mi vedono sul palco da pochi metri di distanza e mi seguono in un modo diverso, capendo che c’è un essere umano che sta comunicando. Cerco di parlare durante lo spettacolo direttamente con il pubblico creando relazioni, oltre a trovarsi poi fuori e commentare quanto successo sul palcoscenico. L’importante è portare i ragazzi a vedere spettacoli che riescano a entusiasmarli, oltre al fatto che il teatro sarebbe da insegnare nelle scuole o da praticare anche come hobby, essendo un modo per mettersi in gioco ed entrare in comunicazione con gli altri senza le solite convenzioni caratterizzanti la nostra vita».
Tornando allo spettacolo, cosa le piacerebbe restasse al pubblico considerando comunque il feedback che riceve dagli spettatori?
«Sicuramente la bella sorpresa e gli occhi brillanti delle persone quando escono dal teatro: sicuramente fa molto piacere vederle con il sorriso mentre dicono che non ricordavano bene Il Fu Mattia Pascal o che gli ho regalato un’emozione. Spero che gli spettatori escano con qualcosa che li ha toccati, ma non appesantiti».
Prodotto dal Teatro Ghione di Roma, Marchesi è anche regista con Simonetta Solder e condivide il palco con il musicista Raffaele Toninelli. A Este è previsto un incontro con l’attore alle 18 al Gabinetto di lettura (prenotazione al 331-6781335 o promozione.teatroeste@gmail.com). Info e prenotazioni per San Giorgio delle Pertiche: 349-7368623.