Idee
Alcuni giorni fa lo scrittore padovano Ferdinando Camon ha festeggiato il suo 90° compleanno. Ampio risalto è stato dato, tra l’altro, dal quotidiano Il Mattino di Padova. La lettura di questo lieto avvenimento ha fatto tornare indietro la mia memoria una cinquantina di anni fa. Ero allora un giovane docente in serivzio presso la scuola media Fogazzaro di Noventa Vicentina. Una volta preso atto della situazione economica e sociale nella quale noi docenti eravamo chiamati a operare – legata al mondo agricolo ma con la vista sulla civiltà industriale – ecco allora che proposi ai miei alunni un’attività di ricerca ed esplorazione di quel mondo. Avremmo iniziato mediante la ricerca e lo studio della realtà locale tramite gli abitanti.
Gli alunni diventarono apprendisti giornalisti e ricercatori, predisponendo interviste dentro e fuori degli ambiti domestici: i nonni si erano trasformati in utili consulenti e fornitori di notizie. In un secondo tempo era nata l’idea di realizzare una raccolta di oggetti che avevano costituito il normale arredo e corredo presenti in ogni famiglia.
Terminata questa fase operativa, era nata l’idea di portare fuori dall’ambiente locale, dalla realtà di un solido paese di provincia gli obiettivi che erano stati fissati all’inizio dell’attività. A quel punto il lavoro passava sotto la mia diretta gestione. Mi ero recato a conferire con il prof. Manlio Cortelazzo, docente di glottologia presso l’ateneo patavino, e poi con uno scrittore che avevo conosciuto leggendo il suo primo romanzo Il quinto stato. L’autore era Ferdinando Camon. Avevo considerato il fatto che questo autore, originario della provincia veneta, fosse particolarmente in grado di darmi delle informazioni legate proprio a quel mondo rurale, a quella realtà contadina che costituiva la materia essenziale del suo primo lavoro. Non è stato difficile recarmi presso la sua abitazione, ma la pulsantiera dei citofoni non mi dava alcuna informazione. Ecco che un po’ amareggiato stavo tornando indietro quando un gruppo di persone era sceso in strada e non avevo avuto alcuna difficoltà a riconoscere lo scrittore, grazie alle foto formato tessera che gli editori pubblicano talvolta in seconda o in quarta di copertina. Mi rivolsi al prof. Camon, gli esposi brevemente il motivo della mia visita e che sarei stato molto grato se avesse messo tra i suoi comprensibili impegni anche un incontro con i miei alunni sulle tematiche a lui più care. In quel momento era in partenza per Roma per un impegno politico-letterario, ma al suo ritorno avrebbe cercato di dare attenzione alla mia richiesta. A distanza di qualche settimana una telefonata del prof. Camon mi comunicava la sua presenza nel nostro istituto.
Camon era arrivato puntuale, dopo i saluti al preside prof. Alfredo Veronese, il trasferimento in aula magna. Il nostro ospite mi comunicava la sua sorpresa perché aveva programmato un intervento all’interno della mia classe e rivolto ai miei alunni. Ora lo scrittore si trovava all’interno di una bella aula magna, piena di giovani e non solo: erano presenti le classi finali del nostro istituto, gli studenti della scuola superiore, il personale della biblioteca civica e altri. Si respirava un’atmosfera quasi magica. Camon diede inizio a una relazione di grande interesse in cui venivano messe in luce le tematiche delle sue opere letterarie che lo avevano reso noto a livello nazionale. Al termine, il prof. Veronese chiedeva a Camon come era avvenuto l’incontro tra un suo docente e uno scrittore certamente impegnato in vari settori. Camon rispondeva che il docente lo aveva bloccato sulle scale di casa e non si era sentito di dire di no alla sua richiesta. Era il 2 dicembre 1978.