Mosaico
Comprendere come funziona il cervello umano è una delle sfide scientifiche più affascinanti del nostro tempo. Per affrontarla, l’Italia ha dato vita a “MNESYS”, il più grande programma nazionale dedicato alle neuroscienze, un’iniziativa che coinvolge quasi 800 ricercatori distribuiti in oltre 90 università, ospedali e centri di ricerca. Avviato nel 2022 nell’ambito del PNRR, il progetto proseguirà per tre anni con un obiettivo ambizioso: integrare competenze diverse per capire meglio il cervello, in salute e in malattia, e trasformare queste conoscenze in strumenti utili per la diagnosi e le terapie del futuro.
MNESYS è organizzato in 7 grandi aree di ricerca, chiamate “spoke”, ognuna focalizzata su un tema chiave: dallo sviluppo cerebrale alla plasticità neuronale, dalle interazioni tra cervello e corpo ai disturbi dell’umore, fino alle malattie neurodegenerative e ai meccanismi dell’infiammazione. Questa suddivisione consente di coprire l’intero arco della vita mentale e biologica: come nasce e cresce il cervello, come si adatta all’ambiente, come si ammala e quali strategie possono limitarne il declino.
Si tratta di un approccio corale e interdisciplinare, che mette insieme biologi, clinici, psicologi, informatici, ingegneri, esperti di imaging e data scientist. Il risultato è una rete che unisce competenze tradizionali e tecnologie avanzate, capace di produrre conoscenze nuove e, soprattutto, applicabili.
Uno degli aspetti più innovativi di MNESYS è l’uso di “gemelli digitali” del cervello, cioè modelli virtuali personalizzati costruiti a partire dai dati reali dei pazienti: informazioni genetiche, immagini cerebrali, parametri clinici e molecolari. Questi “avatar” digitali permettono ai ricercatori di simulare l’andamento di una malattia o la risposta a un trattamento, riducendo tempi e rischi della ricerca clinica.
A fianco dei modelli computazionali, il progetto sviluppa anche i cosiddetti “mini-cervelli”, organoidi creati in laboratorio a partire da cellule staminali, che riproducono alcune funzioni e strutture del cervello umano. Grazie a essi è possibile studiare malattie complesse — come Alzheimer, Parkinson o forme rare di epilessia — in un ambiente controllato, osservando come evolvono e testando nuovi farmaci.
La combinazione di gemelli digitali e organoidi rappresenta uno dei punti di forza del progetto: unisce la precisione della biologia sperimentale alla potenza dell’intelligenza artificiale, aprendo la strada a una “medicina di precisione” che tenga conto delle differenze individuali tra pazienti.
Tra i progressi già ottenuti, i ricercatori del progetto hanno segnalato un possibile biomarcatore per il morbo di Alzheimer: una proteina, chiamata NPTX2, che sembra correlata con alterazioni metaboliche presenti nelle fasi iniziali della malattia. Se confermato, questo dato potrebbe contribuire a sviluppare esami più sensibili e anticipare la diagnosi, oggi spesso tardiva.
Ma il valore di MNESYS non sta solo nelle singole scoperte. L’enorme quantità di dati generata — dai test molecolari agli studi di popolazione — costituirà una base condivisa su cui costruire strumenti diagnostici, modelli clinici e potenziali terapie.
Progetti simili esistono anche altrove, come l’americano “BRAIN Initiative” o l’europeo “Human Brain Project”. MNESYS si distingue però per la forte integrazione tra scienze biologiche, cliniche e computazionali, e per l’obiettivo dichiarato di tradurre rapidamente la ricerca in applicazioni sanitarie.
Oltre al progresso scientifico, il programma rappresenta anche un’occasione di crescita per il sistema di ricerca italiano: favorisce collaborazioni, forma giovani scienziati e stimola innovazione tecnologica.