Idee | Pensiero Libero
Un sabato sera qualunque, nella provincia veneta, una famiglia composta da due genitori e un piccolino decidono all’ultimo di andare a mangiare una pizza. Sono le 19.15, orario di cena alle nostre latitudini, ma si direbbe prestino per essere un prefestivo. Eppure, per trovare un tavolino da tre occorrono sei chiamate, per finire poi in un locale periferico, in un piccolo Comune, menù stringato, camerieri in tuta da ginnastica, arredamento “vintage”, ma qualità della pizza decisamente buona. Altrove non c’è posto, tutto pieno per i due (o tre turni) che ogni esercente punta di fare per massimizzare gli incassi. Per citare il compianto presidente Berlusconi, si direbbe che qui da noi va tutto bene, che non c’è crisi e che, se i locali sono tutti pieni, non è vero che il potere d’acquisto si è ridotto.
L’impressione in effetti è quella e la continua apertura di nuovi locali anche nei centri storici dei capoluoghi di provincia lo confermerebbe. Subito dopo, tuttavia, arrivano i dati, quelli delle serie storiche, non le fotografie puntuali del momento che ognuno analizza a partire da tesi preconcette che vanno giustificate con i numeri. Gettando lo sguardo indietro di un paio di decenni, la musica cambia e di un bel po’. L’Istat ci dice che nel corso del 2024 gli italiani hanno speso ben 150,6 miliardi di euro in generi alimentari e bevande non alcoliche; ma l’istituto di statistica ci spiega anche che, nel 2007, alla vigilia della grande crisi economica che dai mutui subprime statunitensi ha colpito tutto l’Occidente, spendevamo ben 167,3 miliardi di euro. Questo significa che nell’arco di 18 anni abbiamo realizzato in proprio, sulle nostre economie familiari, una spending review pari al 10 per cento della spesa totale, cosa che nessun governo riuscirebbe mai a fare.
Come abbiamo fatto è presto detto, specie se prendiamo in esame i dati della Grande distribuzione organizzata, i quali confermano che gli italiani non hanno spesso di mangiare (il volume di prodotto acquistato è il medesimo tra i due anni presi in considerazione). Quindi il vero compromesso fatto è sulla qualità del cibo acquistato: nelle strade nei nostri paesi, in questo lasso di tempo, sono fioriti i discount, i quali spesso operano sconti su prezzi già bassi. E un discorso parallelo potremmo farli anche per vestiario e calzature, su cui dal 2007 a oggi abbiamo tagliato altri 3 miliardi.
Il pensiero conseguente è che gli italiani continuino a essere un popolo di risparmiatori e che per mantenere il salvadanaio bello pieno siano anche disponibili a mangiare e vestirsi peggio. Purtroppo non è così: negli ultimi 18 anni abbiamo iniziato a spendere moto di più in sanità privata, ben sei miliardi e mezzo, mentre banche ed enti erogatori di acqua, elettricità e gas – che operano in un contesto in cui le rendite di posizione valgono molto: siamo restii a cambiare – ci sono costate altri 8 miliardi di euro in più.
Tutto questo produce una vera e propria sperequazione alla cassa del supermercato dove, secondo la società di analisi Nielsen, adulti e giovani adulti spendono il 2 e l’1 per cento in meno della media nazionale, mentre gli over 65 spendono il 2 per cento in più. Sempre Nielsen attesta che stanno esplodendo gli acquisti di frutta esotica, semi, kefir, yogurt greco colato, mentre sprofondano ovetti, dolci, zucchero e olio d’oliva. Viene da pensare che siamo un popolo di pensionati e professionisti senior salutisti e di giovani famiglie, magari con figli, che risparmiano sull’olio d’oliva.
La conclusione è lapalissiana: o si inverte questo trend che da salari e pensioni drena risorse a istituti di credito e allo Stato (tramite imposte e aziende partecipate) o il mercato interno che sostiene metà della nostra produzione (ferma da vent’anni) crollerà. Occorre una visione politica lungimirante, che vada oltre il prossimo appuntamento elettorale, ma il dibattito pubblico oggi è già polarizzato alle elezioni per il Quirinale del 2028, ma prima ci sono il referendum di primavera e le politiche del 2027. E intanto noi continuiamo a tirare la cinghia…