Idee
Con l’indice li si vede scrollare all’impazzata, in modo automatico. Lo sguardo ipnotizzato sullo schermo che mostra immagini e video a ripetizione. Intorno ai colorati seggioloni c’è uno strano silenzio. Tutto ciò non sarebbe alquanto singolare se non riguardasse bambini in tenera età, di 3, a volte 2 anni. Non sorprende quindi che numerose domande arrovellino psicologi, pediatri, educatori e, soprattutto, i genitori. E le risposte riempiono con fiumi di inchiostro (e di font), pagine e pagine di approfondimenti. Qual è l’età giusta per cominciare a usare i dispositivi digitali e che conseguenze hanno sulla salute psicofisica dei più piccoli? Quali sono i criteri per usare nel modo giusto questi device?
C’è da constatare che l’online non è più solo uno strumento, ma è diventato un vero e proprio ambiente dove anche i bambini da 0 a 6 anni vivono, imparano, osservano e interagiscono. Negli ultimi anni l’età in cui si inizia a maneggiare questi dispositivi si è sempre più abbassata.
A trattare questi temi così delicati è Matteo Maria Giordano, friulano, di Pordenone, formatore e consulente nel campo dell’educazione dei media digitali, intervenuto recentemente a una conferenza su queste tematiche a Palazzo Moroni, nell’ambito delle attività dei “Punti digitale facile”, organizzato dal Comune di Padova. «L’Organizzazione mondiale della sanità e tutti i maggiori istituti pediatrici del mondo, danno come indicazione di non esporre i bambini in età 0-3 anni agli schermi; purtroppo i dati vanno nella direzione opposta. C’è una percentuale molto elevata di piccoli che in quella prima fascia viene esposta a questi dispositivi».
L’associazione nazionale Dipendenze tecnologiche (Di.te.), in collaborazione con la Società italiana di pediatria condivisa (Sipec), ha condotto nel 2022 un’indagine con risultati eloquenti: su un campione di 13.049 tra adulti, adolescenti e bambini, nella fascia tra 0 e 4 anni, il 60 per cento dei genitori intrattiene i figli con dei dispositivi e il 67 per cento li usa anche in loro presenza. Nella fascia di età 4-9 è l’88 per cento del campione che dichiara di intrattenere i figli con smartphone o tablet, e quasi tutti li usano in loro presenza (il 96 per cento). «Sono dati molto preoccupanti – spiega l’esperto – considerando le conseguenze che questi strumenti hanno sui più piccoli: l’insorgere di problemi fisici legati alla vista perché abituati a guardare da molto vicino gli schermi; il sovrappeso per la scarsa mobilità e la mancanza di coordinamento motorio. Inoltre si riscontrano ripercussioni in ambito cognitivo ed emotivo: un ritardo nel linguaggio e nell’apprendimento, difficoltà di attenzione e a gestire la frustrazione con inclinazioni all’aggressività; poi disturbi della regolazione emotiva. Viene altresì alterata la sfera relazionale con una maggiore problematicità nell’interazione con l’altro e una carenza dell’empatia».
Secondo Matteo Maria Giordano, queste tecnologie sono comunque un’enorme risorsa e possibilità che, soprattutto per i bambini richiede un approccio progressivo, sotto la supervisione di un adulto: «Quando i più piccoli imparano a camminare vengono tenuti per mano, la stessa cosa richiede il digitale. Non si può acquisire in autonomia». Per l’esperto l’età opportuna per introdurli all’uso dei device è intorno ai tre anni, mantenendo tempi ridotti: «Parliamo massimo di una mezz’ora al giorno, accompagnando il bambino nella scelta di cartoni o applicazioni educative (ci sono app come Petting zoo, Smart tales o Tiny orchestra). Per chi ha 5-6 anni si può aumentare gradualmente la durata e la complessità dei contenuti, sempre integrando il digitale con la realtà, che coinvolge tutti i sensi».
Elena Bottignolo è psicologa e psicoterapeuta specializzata nell’età evolutiva e nell’adolescenza. Originaria di Valdobbiadene, vive a Creazzo. Per l’esperta «nella fascia 0-6 anni, ciò che conta davvero è la relazione viva del bambino con l’adulto. In questo tempo il piccolo “si nutre” della presenza dei genitori, costruendo passo dopo passo autonomia e competenze». Secondo la psicologa, i device usati a volte anche come baby-sitter per distrarre e tenere occupato l’infante, non possono sostituire il contatto reale, fatto di voce, di sguardo e vicinanza fisica: sono questi gli elementi che sorreggono la crescita emotiva. «A contatto con il mondo concreto – continua Elena Bottignolo – il bambino impara a meravigliarsi, a tollerare la frustrazione e la paura, a stare dentro l’esperienza. Anche gesti ordinari come lo svezzamento e il gioco vanno privilegiati rispetto allo schermo, che rischia di distrarlo dai suoi bisogni primari: la fame, la sete, il caldo e il freddo».
Il digitale quindi per la psicologa non va demonizzato, ma è uno strumento che deve accompagnare e non soffocare i compiti evolutivi specifici. «Ogni tappa della crescita prevede movimenti precisi: sentire, esplorare, giocare, stupirsi sperimentando la realtà. Muovendosi il bambino sviluppa l’intelligenza senso-motoria, cruciale per tutta la sua maturazione».

Il parlamento cileno ha approvato una legge che vieta i cellulari in tutte le scuole dal marzo 2026. Con l’ok formale del presidente Gabriel Boric, la misura punta a migliorare attenzione, risultati, relazioni sociali e benessere. Previste eccezioni per emergenze e bisogni educativi speciali. La norma mira anche a ridurre le cosiddette distrazioni digitali quotidiane.