Chiesa
Arrivano da tutta la Diocesi, anche dalle parrocchie più lontane, dal lavoro o dall’università, chi in bici, chi in treno o in auto con altri coetanei. Più di trecento a ogni incontro, una volta al mese nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino, quartiere Guizza a Padova. Sono i giovani della Scuola di preghiera seguita dalle équipe degli uffici di Pastorale dei giovani e delle vocazioni, oltre che da una squadra di giovani volontari. Partecipano non a una due-giorni intensiva full immersion, bensì a un itinerario volutamente “lento”. Una proposta che, in controtendenza rispetto a un tempo in cui tutto viaggia iperveloce e senza soste, richiede invece di rallentare, fermarsi e respirare davanti a Gesù.
«Pregare e far pregare è stimolante e l’unico percorso possibile non può che essere senza fretta» afferma don Mattia Francescon, 38 anni, responsabile dell’ufficio per la Pastorale delle vocazioni e direttore di Casa Sant’Andrea.
Don Mattia, i numeri, ma non solo, raccontano di giovani “affamati” di preghiera. È così?
«C’è davvero un’inattesa, profonda fame di preghiera. I giovani avvertono l’urgenza di appartenere a qualcosa di ben più grande, che li spinga oltre il proprio percorso personale».
Cos’è la preghiera oggi?
«È un atto di coraggio. Nell’epoca della velocità, della gratificazione immediata, della fretta, dei mille stimoli continui, delle reazioni istintive, dell’intrattenimento spensierato, della passività nel virtuale, la preghiera è quel tempo scelto con coraggio per Dio, un tempo rallentato, un tempo difeso e dedicato a Dio. Distinguerei il tempo delle attività quotidiane vissute in comunione con Dio, cioè tante responsabilità e tanti impegni durante il giorno vissuti con il pensiero che spesso va a Dio, da un tempo esclusivo per Dio e con Dio. Il secondo è un tempo in proporzione molto minore ma che dà luce, senso, gusto, forza, al lungo tempo delle attività della giornata».
Come può la preghiera aiutare i giovani a crescere, nutrendo lo spirito?
«La preghiera aiuta a sentirsi amati e custoditi, a sentirsi “qualcuno”, “qualcuna”, che vale ma agli occhi della Persona giusta, che veramente dà valore e amore in modo incondizionato, cioè Dio. La preghiera è riconoscersi e ritrovarsi figli, figlie, amati; è inserirsi nella preghiera di Gesù, in quel movimento dello Spirito Santo che “sale” continuamente dalla terra al cielo; è dare le giuste proporzioni ai propri sentimenti, desideri, decisioni, rispetto alle attese e pretese altrui».
Pregare significa, in primo luogo, entrare in relazione autentica con Dio. Quali sono i requisiti per un dialogo sincero?
«Sono necessari il silenzio, un luogo adeguato, un orario in cui il cuore è sveglio, parole imparate da uomini e donne di fede e parole che vengono dal proprio cuore profondo. Essere sinceri con Dio è uno stile che si impara un po’ alla volta specialmente iniziando ad essere sinceri con alcune persone che si hanno accanto. Poi diventa un circolo virtuoso: sono sincero con il fratello o la sorella che vedo, e divento sincero con Dio che non vedo, e viceversa».
La preghiera chiama in gioco la fede…
«La fede è essenziale nella preghiera. È accesa e viva quando mi metto a pregare, quando sento il desiderio di farlo. La fede vibra di un’immagine
di Dio che mi hanno trasmesso. Il confronto con la Scrittura è fondamentale per purificare l’immagine di Dio che coltivo nella preghiera. La preghiera fa sentire vivo e presente Dio nella vita quotidiana».
Che messaggio vorrebbe lasciare ai giovani?
«Abbiate il coraggio di fermarvi per recuperare fiato; per raccogliere i vostri pensieri e leggere i vostri sentimenti, non da soli, ma con Dio, alla sua presenza; per recuperare le giuste proporzioni e dare spazio a ciò che vale veramente; per sentirvi amati e amare a vostra volta».