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La sentenza della Corte costituzionale. Suicidio assistito, ripensiamo i comitati etici
Il rischio è di attribuire a realtà nate con altri scopi dei compiti a cui non sono adeguate
IdeeIl rischio è di attribuire a realtà nate con altri scopi dei compiti a cui non sono adeguate
Concordo con Antonio Spagnolo (Difesa, n. 39) sulla opportunità di attendere il testo della sentenza della Corte costituzionale prima di esprimere valutazioni serene e meditate in ordine alla regolamentazione giuridica del c..d. “suicidio assistito”. Concordo anche sul giudizio positivo nell’aver attribuito (nel comunicato dell’ufficio stampa) un ruolo ai comitati etici su questo tema.
Tuttavia non posso fare a meno di ricordare che quando, in Italia, si fa riferimento ai “comitati etici”, si intende una realtà pressoché esclusivamente rappresentata dai comitati etici deputati alla sperimentazione, unica istituzione prevista dalla normativa nazionale. Fin dal 1997 il Comitato nazionale per la bioetica aveva distinto due diverse tipologie, prendendo atto che in alcune realtà locali erano sorte spontaneamente esperienze di Comitati rivolti ai problemi clinico-assistenziali. La Regione Veneto, recependo tali indicazioni, con propria delibera del dicembre 2004, ha previsto – prima in Italia – quello che da allora è stato giustamente definito il “modello veneto” dei comitati etici, prevedendo l’istituzione anche dei “Comitati etici per la pratica clinica”, distinti dai Comitati per la sperimentazione.
La differenza tra le due tipologie è rilevante, sia per la composizione che per la metodologia e le finalità. Sotto il primo aspetto è il caso di ricordare che per i comitati etici per la pratica clinica sono previste competenze in ambito psicologico, sociologico, di economia sanitaria, di assistenza sociale, a differenza dei comitati per la sperimentazione ove invece occorrono competenze in ambito bio-statistico, farmacologico, farmaceutico. Quanto ai componenti medici e delle altre professioni sanitarie, si differenziano tra loro per la diversa sensibilità ai temi etico-clinici o della ricerca. Ma di fondamentale importanza risulta il differente ruolo istituzionale: mentre le indicazioni dei comitati per la ricerca sono previsti come determinanti, i pareri dei comitati per la pratica clinica hanno un valore consultivo. La chiamata in causa dei “comitati etici territoriali” delineata alla Corte costituzionale in relazione al cosiddetto “suicidio assistito”, se non attentamente valutata dal legislatore, rischia dunque di attribuire ai comitati etici per la sperimentazione – di fatto gli unici presenti in gran parte delle regioni – compiti che non appartengono né alla loro esperienza né alla loro finalità e quindi inadeguati all’impegnativo compito che la Corte auspica.
Paolo Benciolini