Idee
La parola. La cura delle parole
La rete ha bisogno di andare sempre più veloce, noi invece abbiamo bisogno di rallentare per gustare le parole e stare bene, perché le parole sono contenitori che dobbiamo riempire con cura
IdeeLa rete ha bisogno di andare sempre più veloce, noi invece abbiamo bisogno di rallentare per gustare le parole e stare bene, perché le parole sono contenitori che dobbiamo riempire con cura
Ognuno di noi, nel corso della propria vita, viene travolto da eventi che fino a poco prima avevamo incasellato nelle “cose che riguardano gli altri”.
Molto spesso ci riguardano personalmente, ma ci sono casi, come quello che stiamo vivendo, dove quel “altri” diventa “tutti”, ma proprio tutti. Ognuno è confinato nel proprio paese, ma non siamo mai stati così spaesati. È cambiato qualcosa e forse è cambiato per sempre. Qualcosa che riguarda lo spazio, le distanze; la vicinanza, che prima era vitale, ora si è sporcata di paura. Ma anche qualcosa che riguarda il tempo… scorre in maniera diversa dentro una cameretta ritmato da numerose sveglie digitali configurate su smartphone e computer per scandire il timing delle videoconferenze. Davanti a un cambiamento così radicale, dove più di qualche riferimento sembra cambiato e la nostra bussola sembra avere qualche difficoltà a indicare la direzione, è forte la necessità, come un marinaio nella notte, di scorgere una stella che suggerisca la direzione.
Se alziamo lo sguardo ce ne sarebbero molte che ci potrebbero aiutare nell’orientarci, alcune sono ancora più brillanti proprio perché buio.
Tra queste scelgo la cura. Può avere più significati e, mai come in questo momento, ogni significato è perfettamente calzante al periodo che stiamo vivendo. Certo attendiamo la cura, ma è il nostro prenderci cura che brilla ai miei occhi. Non dico nulla di nuovo e particolarmente innovativo, ma sempre rivoluzionario nella sua semplicità. Prendersi cura di noi, prendersi cura degli altri, prendersi cura dei progetti, prendersi cura della casa, prendersi cura della terra, ma c’è un prendersi cura che ora più che mai, in questo mare digitale, può cambiare e salvare: prendersi cura delle parole.
Partiamo dagli abbracci, grandi assenti da ormai un anno. Che c’entrano gli abbracci con le parole? Forse non ci facciamo caso, ma abbracciare con le parole si può e fa molto, molto bene. Non è semplice perché bisogna scegliere le parole, bisogna meditare le parole, insomma bisogna avere cura delle parole. E qui potrei lasciarmi travolgere dall’entusiasmo con meravigliosi giochi di parole. Uno su tutti: la parola cura, cura la parola. Sì perché la parola curata non solo cura chi la riceve, ma cura anche e soprattutto chi l’ha curata
Facciamo una prova, altrimenti rimane come un aforisma sui social. Prendi il tuo smartphone, chiama la nonna, il papà, un’amica che non senti da molto tempo, magari qualcuno che vive solo. Oppure una più moderna videochiamata, perché no?… è tanto bella la tecnologia quando ci unisce. Non sai che dire? Ti fa paura? Anche a me, ma se può aiutare ci sono parole talmente potenti che fanno tutto da sole: «Ti ho pensato» oppure «Ti voglio bene». Normalmente tutte quelle che iniziano con “Ti”, proseguono con la cura e corrono verso l’altro. Dai prova, io ti aspetto qua.
Fatto? Hai ascoltato, sentito, percepito le parole cos’hanno fatto? Alcuni mi dicono «Sono solo parole» e io di solito rispondo: «Meno male “solo”, fossero di più non reggerei, mi scoppierebbe il cuore». Prima di proseguire però devo fare una confessione pubblica: gioco a fare lo scrittore profondo, ma il giochetto che ho proposto non lo faccio quasi mai. Se non fosse mia moglie a invitarmi «Chiama i tuoi» forse le mie rimarrebbero parole vuote.
Ecco cosa sono le parole, contenitori che dobbiamo scegliere e riempire con cura. A volte le riempiamo di imbarazzo come il mio «Ciao mamma, Daniela mi ha detto di chiamarti…», ma vi assicuro che anche dall’imbarazzo nasce il bene, soprattutto se come risposta ricevi: «… anch’io ti voglio bene Guido». È meraviglioso perché anche se abbiamo parole vuote, ma scelte con cura, ci pensano gli altri a riempirle di bene.
Perché penso che le parole siano così importanti, specialmente in questo momento? Perché la pandemia ci ha negato alcuni canali di comunicazione molto potenti come la prossimità, lo sguardo, l’abbraccio, la stretta di mano, ma non il nostro desiderio di comunicare. Siamo poi immersi in un flusso di parole, spesso digitali, impressionante. È come se sul bordo di un’autostrada vedessimo sfrecciare auto colorate. Troppe e troppo veloci per riconoscerle, per vedere chi c’è all’interno e quindi dietro a una tastiera. Notiamo quelle più grosse, rumorose, scritte con caratteri maiuscoli, difficili da riempire perché già colme.
La rete ha bisogno di andare sempre più veloce, ma noi abbiamo bisogno di rallentare, un po’ come la nonna che ci raccomandava di mangiare lentamente per gustare il cibo e stare bene. La cura ha bisogno di lentezza, le parole hanno bisogno di lentezza, noi abbiamo bisogno di lentezza per gustare le parole e stare bene.
Guido Marangoni
“Ingegnere informatico con il sogno di fare l’attore, l’onore di insegnare e la fortuna di essere scrittore”. Guido Marangoni abita a Padova con la moglie Daniela e le loro tre figlie. Ogni settimana, nell’inserto Corriere Buone notizie, cura una rubrica sulla disabilità. “Buone notizie secondo Anna” è la sua pagina Facebook da migliaia di followers.