IdeeLe collaborazioni innalzano la società. Lo sguardo di Moreno De Col, neo presidente di Cna Veneto, sul futuro dell’artigianato e sul ruolo che può avere la Chiesa anche grazie al Sinodo, in questo tempo di ripresa.
In una società sana dove ci sono benessere, aiuto reciproco e rispetto nel rapporto tra le persone, anche le attività lavorative ne risentono in meglio. Il ruolo sociale della Chiesa, nel territorio, può servire da “collante” affinché i singoli si sentano appartenenti a una collettività. Questo può aiutare a superare asti e divisioni. Lo vediamo adesso con il green pass che ha generato fratture tra persone che lavorano assieme da anni: se si avesse uno spirito comune, un legame profondo, supereremmo gli egoismi personali». Benessere, socialità, relazioni sono parte di ciò che la pandemia ci ha sottratto. Panacea per curare uno sferzante individualismo; elementi da riscoprire e ricucire, ponendo sempre al centro le persone, il territorio e una visione aperta al futuro. Sono gli orizzonti verso cui naviga lo sguardo di Moreno De Col, da settembre nuovo presidente di Cna Veneto. Nato a Pieve d’Alpago, nel Bellunese, 62 anni fa, dopo il diploma di geometra, ha collaborato in modo continuo con l’impresa edile di famiglia, prendendone poi le redini.
I prossimi quattro anni sarà alla presidenza regionale della Confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa. Vede già i tratti acerbi di un cambiamento strutturale dell’artigianato legato alle conseguenze della pandemia?
«Il tessuto della piccola impresa ha reagito molto bene e con forza dopo il periodo della chiusura, lo dice anche il pil veneto che è maggiore rispetto alla media nazionale. Io vedo nell’approccio diffuso e capillare delle imprese il traino che è servito al Veneto per ripartire. Le grandi aziende, quelle strutturate e che dialogano con l’estero, hanno toccato immediatamente con mano gli effetti della pandemia, e più di altri hanno capito lo scenario in cui stavamo entrando. Di sicuro, questi quasi due anni di Covid-19 incideranno nell’approccio sulla programmazione: la scarsità di materiali, l’elevato costo derivante, tutto questo sta portando ora le aziende ad adottare come “abitudine” il programmarsi meglio e per tempo. C’è chi effettua ordini con due mesi di anticipo quando prima, consapevole della disponibilità di un bene, non si ci preoccupava più di tanto. Alla lunga, quando saremo fuori dalla pandemia, quest’attitudine potrà servire per organizzare meglio i flussi anche a livello internazionale».
Ma per i piccoli artigiani, invece, come cambierà il pensare al lavoro? Per un giovane che si è affacciato nel mondo proprio in questi anni, su cosa fare leva per avere il giusto slancio verso il lavoro del prossimo futuro? «Ci siamo fatti domande, ci siamo chiesti come si supera questo scoglio, ma la risposta oggi – come ieri e come sarà per domani – è una sola: tutto nasce dal sapere fare. Nel momento in cui il piccolo artigiano in proprio o un’azienda con pochi dipendenti è in grado di fornire servizi e prodotti di qualità, allora l’artigianato non avrà mai problemi. Il contatto con il cliente, saper ascoltare le richieste, questo è sempre alla base, poi un giovane imprenditore nasce già a contatto con la tecnologia, sa cambiare rotta e seguire il flusso dell’evoluzione digitale. Guarda già avanti, verso nuove prospettive di mercato, sa rapportarsi al mondo che cambia. Vedo ampi spazi di manovra per i giovani, ma bisogna sempre mantenere i contatti con la realtà, con la domanda interna, soprattutto in termini di rapporto: eredito la mia esperienza formata tra le vallate della montagna bellunese, la piccola impresa dev’essere di servizio, genera legami forti e collaborazioni che innalzano la società»
Le collaborazioni che innalzano la società, appunto. Nel viaggio sinodale da compiere insieme, la Chiesa di Padova si sta domandando sul suo ruolo oggi e domani all’interno e fuori dalla comunità. Qual è il suo pensiero? «La Chiesa ha da sempre un ruolo centrale nella società, in Veneto, soprattutto nelle aree più desolate ha investito in legami, rapporti e reti. Proprio su questo spunto, il ruolo della Chiesa in questo momento dovrebbe essere meno confessionale e più pratico, essere cioè presente al di fuori delle liturgie, entrare nel vivo della società, andando in contro e non viceversa. Il singolo, il territorio, tutti cresciamo se guardiamo verso una stessa direzione condivisa. Ma dobbiamo imparare a guardare o, meglio, abbiamo necessità di qualcuno che ci insegni a guardare. C’è bisogno della parola di conforto e della vicinanza soprattutto in un momento delicato, anche lavorativamente parlando. Quando c’è una difficoltà storica non sempre è necessario incidere da un punto di vista economico, ma “basta” un mutuo aiuto. Ai parroci chiedo di essere pastori sociali oltreché religiosi».
Il Veneto nei primi nove mesi del 2021 vede i saldi occupazionali avvicinarsi a quelli del 2019. Nel complesso dei contratti attivati nel 2021, va segnalato che il 74,8 per cento sono contratti a termine (dati Veneto Lavoro). Il tasso di occupazione nella fascia di età 15-64 anni è del 66,2 per cento e la disoccupazione è del 4,8 per cento. Tra assunzioni e cessazioni, in Veneto si registra un saldo positivo a favore delle assunzioni di oltre 72mila contratti: “solo” duemila in meno rispetto al 2019.
