IdeePer costruire una casa comune servono partecipazione, responsabilità, sussidiarietà. Virtù che accomunano cooperative e Chiesa, ma devono saper comunicare all’esterno
Era il 1883 e alle porte di Padova, nel piccolissimo Comune di Loreggia, un gruppo di agricoltori decise di mettersi assieme per dare vita alla prima Cassa rurale italiana. Ideatore, seguendo modelli tedeschi, fu l’economista e politico Leone Wollemborg che ebbe così il merito di contribuire alla diffusione in Italia dell’idea cooperativa di fine Ottocento. Perché ricordarlo oggi? Per Daniela Galante, direttrice di Irecoop Veneto, il tempo che stiamo vivendo ha in sé simile spirito e criticità: «La nostra cooperazione affonda le sue radici nella difficoltà, nell’impossibilità di soddisfare bisogni elementari, in un forte disagio sociale che rende simili le condizioni di vita di realtà tra loro distanti. Anche se con un’accezione diversa di bisogni elementari, possiamo affermare che questo è lo scenario che la pandemia ci ha riproposto».
E come hanno fronteggiato le cooperative i mesi più difficili? Con quale propensione si affacciano al 2022 e – si spera – a un anno meno complicato?«Il punto da cui la cooperazione del Veneto parte in questo percorso verso la nuova normalità non è dei più rosei: dal 2016 a oggi si registra un trend costante di diminuzione del numero di cooperative perché siamo passati da 1.053 a 913 effettivamente attive. Nonostante le difficoltà abbiamo tenuto sull’occupazione, e mi piace sottolinearlo perché è caratterizzante del nostro sistema. La pandemia ha rafforzato i nostri modelli di prossimità e di servizi capillari nel territorio. Il mondo ha riscoperto l’importanza di tutto questo; oggi anche le grandi realtà industriali usano termini tipici della cooperazione: partecipazione, responsabilità sociale, sostenibilità, inclusione».
Di fatto, sono le azioni che sia come singoli sia come collettività ci siamo impegnati di compiere. È questa la forza delle cooperative?«Un modello di sviluppo democratico, sostenibile e radicato nel territorio. La cooperazione non delocalizza e valorizza i soci stessi. Si parte dalle esigenze concrete e ci si attiva assieme per la loro realizzazione. La cooperativa è una forma d’impresa che crea sviluppo che rimane sul territorio e continua a riproporsi: se ben condotta la cooperazione è partecipativa e non lascia indietro nessuno».
Cosa che l’esterno fa sempre tanta fatica a comprendere. Si etichetta con superficialità il mondo delle cooperative?«Esistono purtroppo cooperative spurie, nate con il solo fine di usufruire di qualche beneficio fiscale, ma che non nascono con lo spirito cooperativo. Succede però che queste inquinano la credibilità di tutto il sistema, eppure se a finire sui quotidiani è la gestione scorretta di una Srl o una Spa non si mette in discussione tutta l’imprenditoria. Con noi si generalizza, forse non riusciamo a comunicare adeguatamente con l’esterno e, pensando a come migliorare nel prossimo futuro, credo abbiamo l’obbligo di promuovere di più il nostro modello d’impresa e i nostri valori. Nel corso della pandemia, siamo stati un riferimento importante nella collaborazione con le Ulss e Il fare rete è stato un punto di forza».
Virtù e principi condivisi anche dalla Chiesa. Cosa si sente di “consigliare” alla Diocesi di Padova per essere ancor più presente nelle comunità?«Come cooperazione, abbiamo un patrimonio che, come detto, forse non riusciamo a comunicare adeguatamente. A mio parere anche la Chiesa oggi fa più fatica a trasferire il suo messaggio e a formare o meglio individuare persone adeguate alla missione. Dobbiamo e possiamo sintonizzarci sulla frequenza giusta di comunicazione per rivolgerci soprattutto alle giovani generazioni. Papa Francesco ci sta provando, ci sembra, con successo. La Chiesa in passato era il fulcro della cultura, oggi gli individui sono più difficili da raggiungere in quanto bombardati da diverse e sempre più invasive forme di comunicazione, spesso fuorvianti. Sento comunque la nostra Diocesi presente nel territorio; sta poi a ciascuno di noi essere testimonianza del suo fondamentale messaggio nella quotidianità».
