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Anno europeo dei giovani. È davvero quello di cui abbiamo bisogno?
È davvero quello di cui abbiamo bisogno?
IdeeÈ davvero quello di cui abbiamo bisogno?
«I nostri giovani hanno dato un senso nuovo all’empatia e alla solidarietà. I giovani credono nella nostra responsabilità nei confronti del pianeta. Sono preoccupati per il futuro, ma sono anche fermamente intenzionati a renderlo migliore. La nostra Unione diventerà più forte se si farà ispirare dalla nostra generazione futura, così riflessiva, determinata e premurosa. Saldamente ancorata ai valori e audace quando si tratta di agire». Sono queste le parole con cui Ursula von del Leyen, presidente della Commissione europea, ha motivato nel suo discorso sullo stato dell’Unione di un mese fa, di istituire il 2022 come Anno europeo dei giovani. Il 19 dicembre, inaugurando l’anno accademico dell’Università cattolica del Sacro Cuore, von der Leyen si è rivolta agli stessi giovani: «Vogliamo che voi facciate sentire la vostra voce. Apriremo nuovi spazi per discutere con voi le politiche europee e dove potrete raccontare le vostre aspirazioni per l’Europa. La nostra democrazia ha bisogno del vostro impegno, Quindi dite la vostra e l’Europa ascolterà».
Per com’è stato presentato, l’anno avrà dei momenti specifici per attivare le nuove generazioni verso la formazione del pensiero e della visione di un futuro che va costruito ora: a livello comunitario, ma anche a livello locale. Un anno dedicato ai giovani che ha anche il sapore del “risarcimento” a fronte del prezzo salato che hanno dovuto pagare a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, spesso per proteggere i più fragili e i sistemi sanitari al collasso.L’iniziativa è lodevole, ma porta con sé un elemento tutt’altro che trascurabile. Vista da qui, appare ancora una volta come un’iniziativa degli adulti per i giovani. Con obiettivi e modalità stabilite dagli “over” per gli “under”. Quando le cose iniziano così, il rischio è che gli adulti organizzino per bene conferenze e manifestazioni, con l’aiuto di alcuni giovani capaci di sedere ai tavoli creati allo scopo, e alla fine della fiera si sentano in pace con la coscienza: «Il nostro lo abbiamo fatto, ora tocca a loro».
La domanda è: qualcuno ha chiesto a qualche giovane quale dovrebbe essere il contenuto di un anno dedicato a lui? Quali momenti e in quali modalità prevedere? Non solo: la necessità di un Anno europeo dei giovani potrebbe significare che negli anni ordinari i giovani non sono adeguatamente considerati.I dati che Gianni Saonara ha raccolto nell’ultimo numero di Tonioloricerche (organo di informazione del Centro Toniolo che afferisce all’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Padova) danno l’idea di come stiano le cose. Un esempio: «In pochi anni il tasso di disoccupazione dei 15-24enni veneti è più che raddoppiato (dal 10,4 per cento del 2008 al 21,9 per cento del 2021) – scrive citando il Rapporto statistico 2021 della Regione Veneto – La mancanza di lavoro frena i percorsi di autonomia. In Italia, i giovani restano a casa con i genitori fino a 30 anni e la distanza con altri Paese è abissale (21 anni in Danimarca e in Svezia); in Veneto il 61,2 per cento dei giovani in età 18-34 vive in casa con almeno un genitore, solo l’8 per cento vive da solo, mentre il 13 per cento è in coppia e ha figli e il 12 per cento è in coppia ma non ha figli». La situazione all’interno dei confini europei, dunque, è molto variegata e alle nostre latitudini appare drammatica. Il fatto che l’età media delle donne al primo parto abbia raggiunto i 32 anni è strettamente correlato a questo e la conseguenza è che, sempre tra 2008 e 2021, il numero medio di figli per donna in Italia sia sceso da 1,4 a 1,24.
Che cosa risponderanno i giovani europei all’invito dell’Unione?Le voci saranno molte (speriamo) e differenti (con certezza). Ma, forse, per l’Italia dodici mesi di eventi non bastano più. Se non si agisce in maniera decisa, la prospettiva per gli under 30 continuerà a restringersi sempre di più.D’altro canto, a questi temi gli stessi giovani non sembrano appassionarsi (come fanno sul clima). Disillusione? Disinteresse? Forse, semplicemente, abbiamo un problema di comunicazione.