Idee
Rigassificatore o rinnovabili? L’Italia è davanti a una scelta
Un investimento da 330 milioni di euro per essere meno dipendenti dalla Russia. Un’alternativa che esclude una politica sostenibile. Ancora una volta
Un investimento da 330 milioni di euro per essere meno dipendenti dalla Russia. Un’alternativa che esclude una politica sostenibile. Ancora una volta
Golar Tundra non è una nave come le altre: con una capacità di stoccaggio di circa 170 mila metri cubi di gnl, gas naturale liquefatto, e di rigassificazione di 5 miliardi di metri cubi l’anno, rappresenta la prima concreta alternativa al gas russo messa in campo dall’Italia. Costata qualcosa come 330 milioni di euro a Snam, la nave svolgerà in un primo momento il ruolo di semplice vettore in attesa di essere “installata” nel 2023 in prossimità delle coste nazionali e di cominciare così a svolgere il proprio ruolo di “rigassificatore galleggiante”. «Con l’acquisto della Golar Tundra – ha spiegato, in un comunicato, l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier – si compie un passo decisivo per favorire una maggiore sicurezza e diversificazione degli approvvigionamenti energetici dell’Italia. Il ruolo della nuova nave a beneficio del Paese sarà essenziale: da sola potrà contribuire a circa il 6,5 per cento del fabbisogno nazionale, portando la capacità di rigassificazione italiana a oltre il 25 per cento della domanda». In ballo ci sarebbe poi l’acquisto di una seconda nave di dimensioni e caratteristiche simili che dovrebbe essere formalizzato entro il mese di giugno. «Dobbiamo dare atto a Snam di aver fatto un lavoro egregio, mentre tutti i Paesi cercano queste navi – spiegava dal Festival dell’economia di Trento, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – Le compriamo da grandi armatori internazionali: c’è una domanda enorme, l’Europa intera usa il 40 per cento di gas russo e io sono al corrente che la Germania ne cerca cinque». Un’offensiva, quella del gnl, che vede l’Italia particolarmente attiva con il rischio però di creare un’alternativa capace sì di sostituirsi al metano di Mosca, ma anche di allontanare l’attenzione della politica da percorsi virtuosi sulle rinnovabili. «Il rischio c’è se non affianchiamo, a questa esigenza di liberarsi velocemente dal gas russo, misure strutturali per rafforzare una politica energetica sostenibile dopodomani – riflette Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e politiche ambientali della Fondazione Lanza – Le alternative non rinnovabili sono a forte impatto ambientale, sia per quanto riguarda il carbone che per quanto riguarda le navi che trasportano il gas liquefatto. Le navi metanifere non sono poi così sicure anche in un contesto di forte rischio internazionale, così come siglare contratti per le forniture di idrocarburi con Paesi dai regimi instabili e con democrazie fragili. Tutto questo non rappresenta una garanzia né una scelta di lungo periodo per l’Italia come, invece, sono le rinnovabili». Il gnl è poi una commodity internazionale per definizione: trovata e installata la nave rigassificatrice, bisogna acquistare un combustibile che per sua natura è facilmente trasportabile senza difficoltà verso quei mercati che, di volta in volta, sono disponibili a pagarlo di più. «Nel nostro Paese non si parla di risparmio energetico che permetterebbe all’Italia di guadagnare il 10 per cento delle importazioni di gas russo – continua Mascia – Questo vale per le imprese ma anche per i consumatori attraverso piccole iniziative quotidiane come ridurre il numero delle docce, ridurre l’utilizzo dell’auto e una serie di misure che se attuate da tutti i consumatori italiani avrebbero un impatto significativo». La chiave di volta sarebbe insomma la responsabilizzazione dei consumatori che, se coinvolti anche in un processo di cogestione dell’energia mediante l’installazione di impianti fotovoltaici, diventerebbero parte anche della produzione. «Le comunità energetiche sono non solo e non tanto una fonte di risparmio sulla bolletta ma una modalità per rendere i cittadini protagonisti, con una conseguente presa di coscienza generale. La Chiesa ne è consapevole e sta spingendo moltissimo nella promozione di comunità energetiche sostenibili e solidali, potendo dare un contributo non solo in termini di idee ma anche di fatti concreti».
Il piano europeo garantisce all’Ue una transizione ecologica che, nelle intenzioni, dovrebbe essere «giusta e socialmente equa». L’obiettivo è ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 con la progressiva elettrificazione del parco auto.
La lobby italiana dei motori si è mossa con rara efficacia scongiurando la messa al bando degli iconici motori a cilindri delle supercar emiliane: Ferrari, Lamborghini e compagnia sono salve. Peccato che, a essere in via d’estinzione, non siano solo cavallini e tori ma anche le popolarissime Panda.