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Non solo siccità. Acqua & politica. L’avanzata del deserto umano
Non solo siccità. Da oltre un decennio l’Onu parla di future guerre per l’acqua e della sua gestione, la politica non se n’è occupata nonostante il referendum
IdeeNon solo siccità. Da oltre un decennio l’Onu parla di future guerre per l’acqua e della sua gestione, la politica non se n’è occupata nonostante il referendum
Fino ad ora, molti discorsi sulle risorse, il consumo, la sostenibilità, sono stati ascoltati come “acqua fresca”. Ma oggi che l’acqua sta per venire a mancare, con scenari apocalittici, pare che il “vaso di Pandora” oltre che mostrarsi colmo di nostra stupidità, sia stato scoperchiato definitivamente. Chi l’avrebbe mai pensato – benché molti scienziati l’avessero preconizzato – che saremmo stati la generazione che avrebbe visto la crisi idrica dei tempi moderni? Che avremmo visto i fiumi in secca e i raccolti bruciati nei campi? L’avevamo pensato riferendoci alla pandemia, poi alla guerra, ancora all’economia e ora il clima, che questi erano tempi di magra per l’umanità intera. In alcuni casi, avevamo pure deriso quei pochi che rivendicavano che «così non poteva continuare». Messi alla gogna mediatica e sbeffeggiati, certi che comunque «sarebbe andato tutto bene».
Il conto invece è arrivato salato e prima ancora del previsto (2050 circa). Sì, perché il tempo, quello climatico, sembra averci voltato le spalle, e i segnali c’erano tutti, solo che abbiamo preferito fare spallucce, demandando agli inconcludenti summit internazionali le sorti del nostro futuro. Mentre oggi i più pii si affidano alle suppliche religiose come ultima spiaggia, ci dimentichiamo le cause di tutto ciò, restando a secco di idee, risorse e cibo. Mai come oggi quel semplice – e per noi istintivo – gesto di aprire o chiudere l’acqua del rubinetto, nutre il dubbio: uscirà o no l’acqua? Lo stesso dicasi per elettricità e gas. Da un lato c’è il clima di guerra (quella umana), dall’altro l’avidità del mercato speculativo, peggiore della guerra stessa. Il terzo e non meno importante, è il fronte naturale che ha trasformato il tutto in una “tempesta perfetta” dal valore epocale. Si potrebbe parlare di “biodiversità del male” da un lato e “biodiversità violata e ignorata” dall’altro.
Nel mezzo “noi”, con il tempo delle ipotesi che sono già ovvietà, mentre a parlare sono i fatti, davanti ai nostri occhi e chi ci governa che fa? Pensa alle elezioni o beghette di partito. Il deserto umano c’era e avanzava precocemente, con immagini sconsolanti dei grandi fiumi, le vene dolci del pianeta, che sono il peggiore degli ammonimenti possibili. Le stesse piante che coltivate per nutrire gli uomini, si stanno seccando sotto il sole. Dall’altra poi, abbiamo chi il grano ce l’ha, ma lo usa come merce di ricatto o baratto. Bottino di guerra da centellinare o sbandierare. Arriveranno poi gli incendi di foreste e boschi, come puntualmente accade!
Eppure la guerra per l’acqua era già iniziata un decennio fa, quando Israele aveva messo mano alle sorgenti del Giordano, per assetare i nemici confinanti, con l’Onu che ammoniva: «Le future guerre saranno nel nome dell’acqua!». Messaggi puntualmente ignorati, da chi l’acqua la vedeva fuoriuscire abbondante dai propri rubinetti. Poi rincaro delle bollette, l’accaparramento del privato sull’acqua pubblica (ricordiamoci che servì un referendum nel 2011, dove 26 milioni di cittadini italiani sancirono che sull’acqua non si sarebbe potuto più fare profitto) stanno portando allo scardinamento di questo paradigma. Che è un fatto pratico e un’inscindibile questione etica del nostro “stolto” modo di stare al mondo.
Anche in Italia i giovani laureati trovano più spazio nel mondo del lavoro, sebbene il livello della retribuzione non sia ancora pari a quello di altri paesi europei. D’altronde molto spesso in Italia i laureati si sono accontentati e hannoaccettato lavori che richiedevano titoli di studio inferiori. I dati della 24a Indagine Almalaurea certificano che lo scorso anno il numero di laureati che hanno trovato lavoro è tornato a crescere. Un ulteriore elemento positivo è relativo alla maggiore forza degli occupati laureati che sono riusciti in numero maggiore degli altri a mantenere i livelli occupazionali negli ultimi 5 anni. Un alto livello di istruzione, quindi, ha protetto dalla perdita del lavoro. E tuttavia Se la laurea favorisce l’accesso al mondo del lavoro e aiuta a non perderlo, gli altri rimangono più facilmente fuori. Andrea Casavecchia
Sono 140.709 le persone in fuga dalla crisi bellica in Ucraina giunte finora in Italia, 133.382 alla frontiera e 7.327 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Sono numeri diffusi lunedì scorso dal Viminale.