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Israele-Hamas. Negoziati tra le bombe
Israele-Hamas Al Cairo si prova a trattare, ma le nubi appaiono nere. E continuano gli attacchi su più fronti
IdeeIsraele-Hamas Al Cairo si prova a trattare, ma le nubi appaiono nere. E continuano gli attacchi su più fronti
I negoziati del Cairo si sono conclusi nella serata di domenica 25 agosto. La delegazione israeliana è tornata in patria per riferire a Netanyahu i termini della bozza stilata con i mediatori di Egitto e Qatar, alla presenza del capo della Cia Burns. Sul contenuto del documento, per ora, circolano solamente indiscrezioni. Il rifiuto della delegazione di Hamas di partecipare ai colloqui diretti, per incontrare invece soltanto i mediatori egiziani e qatarioti, materializza l’indisponibilità a dell’organizzazione palestinese a transigere su un punto fermo, definito al tavolo del 2 luglio: la richiesta di un armistizio totale quanto la smobilitazione dell’Idf dalla Striscia di Gaza. Le incognite si estendono sul rilascio degli ostaggi israeliani, in ragione di un criterio di scambio con i prigionieri palestinesi non meglio chiarito. La Casa Bianca, nonostante tutto, continua a ostentare ottimismo, preoccupata dalla necessità di arrivare a novembre avendo ricomposto le fratture nel variegato elettorato di riferimento dem. Al momento urge portare a casa qualche risultato, atto a cucire assieme pezze che invece a molti sembrano inassemblabili: stare con Israele “senza se e senza ma” e al contempo promuovere la legalità internazionale.. Alquanto perspicuo il perdurante silenzio tenuto dall’Iran dopo avere promesso ritorsioni punitive a danno di Israele per l’uccisione a Teheran di Hanyeh, leader di Hamas. L’inerzia iraniana può essere concepita come una leva sullo sviluppo dei negoziati. Ma può essere letta anche come la preferenza a investire sull’ansia antiescalativa degli Usa anziché azzardare un’infruttuosa quanto autolesionistica rappresaglia. Neanche i colloqui al Cairo hanno conosciuto il silenzio propiziatorio delle armi. Quasi a suggerire fattivamente l’assenza di una reale e affidabile volontà di raggiungere una pur ridotta piattaforma di accordo. Così, già tra sabato e domenica, Israele ha sferrato un raid nella periferia sud di Beirut, giustificato come attacco preventivo contro movimenti sospetti di Hezbollah, che pure, al pari dell’Iran, teneva in sospensione la punizione promessa, revocabile solo in caso di un cessate il fuoco totale su Gaza. Difficile non subire la tentazione di notare la concomitanza tra l’attacco e i colloqui in corso che hanno portato a una bozza, a quanto si apprende, calibrata sulla proposta di un armistizio “esplorativo” di appena 72 ore nella Striscia. Certo, meglio di niente, un punto da cui iniziare.
Le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite a Gaza sono state sospese in seguito al nuovo ordine di Israele di evacuare Deir Al-Balah, zona centrale della Striscia. Lo ha rivelato all’agenzia Reuters un alto funzionario dell’Onu, rimasto anonimo. «Non ce ne andremo da Gaza perché la gente ha bisogno di noi lì. Stiamo cercando di bilanciare le esigenze della popolazione con sicurezza e protezione del personale Ue».
Giuseppe CasaleSir