Idee
Esplorare le fragilità. Riconoscere e condividere le gemme del cambiamento sociale
Le potenzialità vitali in abeti, pini, larici sono concentrate ai confini delle piante. Così le parti più fragili sono più generative di nuova vita
IdeeLe potenzialità vitali in abeti, pini, larici sono concentrate ai confini delle piante. Così le parti più fragili sono più generative di nuova vita
L e scienze ci insegnano ad allungare lo sguardo al futuro, per contribuire a migliorarlo e affrontare le criticità umane e dei sistemi viventi. È così per la fisica, la medicina, le scienze della terra, dell’alimentazione, della vita nell’universo… Cosa darebbero le scienze sociali per contribuire a migliorare la nostra sofferta socialità, umanizzarla, renderla fraterna? In natura le stagioni aiutano a capire i cicli della vita, dove anche l’inverno può rivendicare le sue ragioni di esistere e di custodire le gemme che sbocceranno in primavera. Sono forza della natura, nascosta nella loro fragilità, il poco che diventerà tanto. Don Giovanni Nervo ogni anno chiedeva ai collaboratori della fondazione Zancan di riconoscere e condividere le gemme del cambiamento sociale. Le chiamava “gemme terminali” come avviene negli abeti, nei pini, nei larici delle sue montagne, dove le potenzialità vitali sono tutte concentrate ai “confini delle piante”, nelle esili estremità dei rami. Sono proprio le fronde dei rami che custodiscono le potenzialità necessarie allo sviluppo dell’intera pianta, mentre i tronchi la sostengono. In questo modo le parti più fragili sono più generative di nuova vita, ma con tutta la fatica necessaria per superare le insidie del freddo e delle intemperie. Don Giovanni aggiungeva: anche nel sociale le frontiere delle fragilità contengono tante potenzialità sconosciute. Era il suo modo paradossale di proporre un metodo all’esplorazione sociale, per prefigurare il futuro e contribuire al bene possibile. Di generazione in generazione, infatti, le gemme del cambiamento sociale hanno preparato nuovi modi di essere società. Lo spiegava così: nella società ci sono fenomeni, avvenimenti, idee che sono nodi essenziali del cambiamento, sono le gemme dello sviluppo sociale. Il problema è riconoscerle, aiutarle a farsi strada, smascherare le resistenze al cambiamento e rimuovere «gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3 c2 Costituzione). I cambiamenti sociali, come le gemme, sono discreti e minoritari, non hanno la forza della maggioranza e spesso non vengono considerati e valorizzati come sarebbe necessario. Per esemplificare alcune gemme del cambiamento sociale si chiedeva e chiedeva: «Gli obiettori di coscienza sono imboscati o profeti? Dal ricovero all’affidamento: cambia una legge o una mentalità? Ha un futuro il volontariato? Siamo di fronte a migrazioni di persone o di popoli? Gli immigrati sono emergenza sociale o futuro multiculturale? Gli anziani possono essere socialmente utili? Se il consenso democratico rafforza le disuguaglianze cosa si può fare?». Sono esempi di gemme che risuonano come profezie di nuova socialità, ma quando non vengono capite e lasciate avvizzire non diventano quello che promettono. A volte le sue domande erano intercalate da “Dio padre voi tutti fratelli”. Prefigurava l’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco, ma nessuno in quel momento pensava che sarebbe stato così. Infatti i profeti, anche quando parlano di futuro sociale, non pretendono di essere compresi. Solo dopo, “col senno di poi”, le loro parole appaiono ragionevoli e lungimiranti, ma è tardi per renderle generative di nuova socialità, anche perché i molti “ritardatari nel capire” rivendicano la bontà della cultura dominante e resistono ai cambiamenti che mettono in discussione il loro potere e i loro privilegi. In questo modo il nostro paese ha perso molte opportunità, ad esempio condannandosi a gestire migrazioni di popoli vissute per decenni come migrazioni di persone, catalogandole una per una, pensando che sarebbe stata la soluzione, con mezzi del tutto inadeguati alla sfida. Sta avvenendo anche per l’invecchiamento della popolazione, da anni banalizzato con l’espressione “non autosufficienza”, cioè “un NO che istituzionalizza” tante persone anziane, condannandoci a non riconoscerle per le loro capacità ma solo per i loro bisogni. Si è così caduti nella trappola del distinguere tra condizioni umane più o meno dignitose di essere vissute. Anche in questo caso abbiamo perso decenni con inadeguate politiche sociosanitarie, bruciando grandi quantità di risorse pubbliche e private, senza affrontare costruttivamente quella che ancora oggi è considerata emergenza sociale. Don Giovanni era affezionato alle gemme perché gli chiedevano di guardare in alto, verso i confini vitali delle piante e delle condizioni umane, e di guardare lontano, ben oltre il presente. Come le scienze della vita, anche il metodo delle gemme e dei confini esistenziali ci insegna ad alzare e allungare lo sguardo al nostro futuro, per imparare a riconoscere i potenziali umani e sociali che abbiamo a disposizione.
Tiziano VecchiatoPresidente Fondazione Emanuela Zancan