IdeeGuerra Ucraina Il presidente americano Trump accelera sul fronte diplomatico con la Russia, escludendo l’Europa dai negoziati e delegittimandone il ruolo. L’Ue rischia di pagare scelte strategiche imposte da altri
L’ accelerazione diplomatica di Trump verso la Russia assume contorni imbarazzanti per la politica europea. Alla Conferenza di Monaco il vicepresidente Vance si è affacciato giusto per mettere fuori gioco l’Europa. A suo dire, il problema del continente non è esterno, ma consiste in una classe politica infedele alla volontà popolare. Ciò vuol dire delegittimarne un ruolo nelle trattative, che potrebbero svolgersi in Arabia Saudita. A gestirle saranno gli Usa, senza le interferenze di quanti devono comprendere che a Washington il pilota è cambiato assieme all’agenda cui allinearsi. A stretto giro Kellogg, delegato speciale di Trump, esplicita: l’Europa non sarà invitata, vista l’inconcludenza dei processi di “Minsk II” del 2015. Così si chiariscono una volta di più i reali protagonisti nelle ragioni della guerra: coloro che la iniziano la concludono. Il disappunto delle cancellerie è ovvio. Anzitutto si impone una difficoltosa riprogrammazione narrativa, dovendo giustificare i fiumi di denaro e armi serviti a prolungare il conflitto decimando le reclute ucraine, su cui i nostri leader invitavano a scommettere in vista della certa vittoria. Fino al mese scorso si tuonava contro chi pronunziasse la parola negoziato, si eludevano ripudi costituzionali della guerra come soluzione delle vertenze, si sdoganavano revisionismi acrobatici. Si diceva che l’Ucraina avrebbe deciso del proprio destino, plaudendo al divieto per decreto di trattare con il Cremlino, mentre oggi Kiev afferma che l’unico russo con cui vuole parlare è Putin. Si è inscenata una conferenza di pace senza la Russia, oggi invece sono Ue e Ucraina a reclamare una sedia: doveroso da parte di Kiev, ma per l’Europa motivare la richiesta è più difficile, giacché nell’inviare armi e personale si precisava di non essere cobelligeranti. Non è solo questione di contorsionismi argomentativi cui rimediare. Il rischio è vedersi accollare oneri senza le remunerazioni attese. Provvedere da sola all’Ucraina disastrata quando Trump già mette sul piatto un rimborso – con gli interessi – in terre rare per gli aiuti significherebbe avere investito a fondo del tutto perduto.
Con una sola mossa Trump vuole sollevare gli affanni statunitensi da un teatro che ha già dato tutto, chiudendo il rubinetto persino con un guadagno attivo. Il che torna utile per dissociarsi dalla sconfitta della Nato, motivando ulteriormente la richiesta ai gregari di aumentare le spese militari (sempre nel made in Usa) se davvero temono l’invasione russa. Sul punto un segnale già viene da Von der Leyen che, visti i trascorsi di munifico ministro della difesa tedesco, propone una deroga al Patto di stabilità giusto per consentire ai bilanci nazionali di finanziare il riarmo. Il colpo grosso per Trump sarebbe blandire la Russia e sganciarla dalla Cina. La risposta però non è scontata. Putin continua a chiedere una soluzione securitaria generale anziché una “toppa” locale e provvisoria. Intanto, sulla pelle ucraina e sulle carcasse dei mezzi Nato, Mosca trova il rango di comprimaria globale, archiviando la frustrazione per l’etichetta di “media potenza regionale” affibbiata da Obama. Per il resto, ha dalla sua la superiorità sul campo (si ventila un attacco decisivo in primavera), pertanto Washington su di essa non ha leve. Inoltre pesa l’ancora vigente decreto “antitrattative” di Zelensky che, assieme al suo mandato presidenziale scaduto, invaliderebbero l’accordo. Posto il comprensibile risentimento per la gestione “usa e getta” che in Ucraina potrebbe indurre a provocazioni inconsulte (si vedano di recente Zaporizhzhia e Cernobyl) e vendette, l’Europa ne esce beffata, in una storia dal finale già scritto. Il decisionismo trumpiano bullizza e spazza via il tacito antagonismo tra gli orfani dell’energia russa e le élites del versante nord-orientale, che dei continui rilanci sull’oltranzismo bellicistico hanno fatto la bandiera per sostituirsi alla vecchia leadership continentale, previo arresto della locomotiva tedesca. Resta la lezione che intima di recuperare lo spirito fondativo del progetto unionale. Il quale non si riduce a farsi stampella di lotte egemoniche in conto terzi, oltretutto in balia dei cicli elettorali altrui, ma anzi detta di non lasciare incancrenire i conflitti alle porte, fino a subirli. Uno spirito che non censura la via diplomatica, per poi rivendicare un posto quando il divieto viene rimosso da altri. Quel che conta è investire sul ruolo dell’Ue nell’ordine globale, anziché scommettere d’azzardo sui drammi altrui.
Preservando la partnership cinese, la Russia avrebbe il ruolo di ago della bilancia multipolare tra Nord e Sud globale. La Russia potrebbe farsi porta su una Ue che, spremuta dalle imposizioni statunitensi, per sopravvivere potrebbe ricordarsi delle Vie della Seta. Spiegherebbe le dichiarazioni cinesi sulle ragioni negoziali dell’Europa.
Giuseppe Casale
