Idee
Giornata internazionale della donna. Femminilità da accogliere
«Uff! Vorrei essere nata maschio!» dice Giulia, sbuffando all’inizio della seduta. «Perché?» le chiedo io. «Forse sarebbe tutto immensamente più facile» risponde lei.
Idee«Uff! Vorrei essere nata maschio!» dice Giulia, sbuffando all’inizio della seduta. «Perché?» le chiedo io. «Forse sarebbe tutto immensamente più facile» risponde lei.
«Come mai pensa sia più facile la vita di un uomo?». «Loro sembrano sempre sapere con sicurezza chi sono, cosa vogliono e che sono capaci di prenderselo con facilità, io non ci riesco, non ci sono mai riuscita. Mi chiedo che cosa io abbia meno di loro. Sembra che gli uomini sappiano qualcosa che io non so, magari hanno un manuale di istruzioni, boh, mi sembra tutto così difficile.» Fa una lunga pausa; sembra che stia riflettendo su quanto ha detto. «Credo di non essermi mai chiesta che cosa volessi. Per me è più importante far stare bene le altre persone, ho sempre fatto il possibile per rendere la vita delle persone intorno a me più facile: se stanno bene loro, sto bene anch’io. O almeno è stato così fino a poco tempo fa. Con Stefano, il mio compagno, stiamo parlando di avere dei figli. Da quando ne parliamo ho cominciato a farmi una serie di domande che non mi ero mai posta: che madre sarò? Come si fa a fare la madre? Come farò con il lavoro? Cosa vuol dire essere madre? Si può essere madre, ma continuare a essere anche una donna? E cosa vuol dire essere una donna? Come si fa a essere una donna? Sono sorte tante questioni che mi hanno messa in crisi. Sono confusa. Forse non è una cosa che voglio e basta, altrimenti pensarci non mi farebbe stare male al punto da mettere in discussione tutto quanto». Non è semplice avere a che fare con la femminilità: non ci sono ricette, o manuali, come Giulia – da qualche parte – vorrebbe esistessero; non ci sono bacchette magiche, né soluzioni prêtà-porter. In psicoanalisi il maschile è chiaramente definito ed è maggiormente orientato nella direzione dell’avere, del potere e del successo. Naturalmente anche le donne possono avere potere e successo (anche se ancora non abbastanza spesso), ma questo non le aiuta a riconoscersi maggiormente in quanto donne. Se il maschile è orientato – nel suo desiderio – verso l’avere, il femminile è orientato verso l’essere, il che rende il percorso più difficile e caratterizzato da un certo smarrimento. Avere a che fare con la femminilità significa allora percorrere una strada che va scoperta giorno per giorno, accettando di non conoscerla. Significa accogliere lo slancio verso l’altro, con il rischio che comporta, accogliere ciò che di enigmatico e misterioso c’è nella vita, con fiducia. Significa accogliere l’ignoto, lo sconosciuto che è in noi e fuori di noi, amandolo non nonostante sia diverso, ma esattamente perché è diverso, significa scegliere la libertà, nonostante l’imprevedibilità che ovviamente comporta, e accettare, con fiducia, che non ci sono risposte che valgono per tutti e nello stesso modo. Accogliere la femminilità è poter scegliere, assumersi il rischio di quella scelta e imparare a incarnarla in una società ancora prevalentemente maschile che fatica ad accoglierla, che spesso la umilia e la isola, tentando di eliminarla perché le priorità, spesso, sono altre: non l’ascolto, non l’accoglienza del diverso, non la cura e il rispetto dell’altro e della sua libertà, perché la libertà – il bene più prezioso e inalienabile di ciascuno di noi – fa paura, sia la propria che quella altrui, tanto da divenire intollerabile. Giulia sembra aver cercato negli altri le risposte: ha chiesto loro che cosa fosse giusto che lei desiderasse; forse per essere amata; forse per non sentirsi esclusa, o sola; forse perché aveva paura di sbagliare, di cadere e farsi male; forse perché le è stato insegnato che è così che si deve fare. Ora però la responsabilità è grande, così grande che non può delegarla ad altri: deve scegliere lei. La Giornata internazionale della donna celebra i risultati ottenuti dalle donne in ambito politico, economico, sociale e culturale; è un giorno di riflessione sulle conquiste che ancora ci attendono e sulle disuguaglianze di genere, sulle disparità e sulle discriminazioni che non cessano di esistere. Ma è anche, comunemente, una festa che celebra la femminilità e che invita l’intera società a considerare l’essere, e non l’avere, come fondante le relazioni con gli altri. Giulia non si è mai chiesta cosa significasse per lei la femminilità; ha cominciato a porsi la questione non tanto, o non solo, quando nella sua vita si è affacciato il desiderio di una gravidanza, ma quando ha cominciato a chiedersi che cosa desiderasse per sé e perché desiderarlo, quando ciò che l’altro desiderava da lei non è più stato sufficiente per orientarla nelle sue scelte. Mi dirà che ha accettato la sfida, anche se la spaventa: vorrebbe poter affrontare le scomode domande che ultimamente si sta facendo e cominciare un percorso di analisi.
Erika D’Incau Presidente Provinciale del Cif-Centro Italiano Femminile di Padova