MosaicoAlla cena solidale, organizzata lo scorso 11 maggio dall'Ucid di Padova, è intervenuto Marcello Girone Daloli, fondatore di Emergenza Zimbabwe, rete di cooperazione per la costruzione di una diga nel Paese africano.
«Io quella diga la devo finire. Non sono un ingegnere, non sono un tecnico. Eppure questo è il pensiero che mi ha attraversato la mente nel preciso istante in cui ho visto per la prima volta la diga di Saint Albert, a 200 chilometri da Harare».
Il pensiero di Marcello Girone Daloli non è rimasto solo la suggestione di un momento: pochi anni dopo, grazie a una straordinaria catena di solidarietà, si è trasformato in realtà. Una storia che Girone Daloli ha raccontato lo scorso 11 maggio in occasione della cena solidale, promossa da Ucid Padova – Unione cristiana imprenditori dirigenti, il cui intero ricavato è stato versato a sostegno della rete da lui fondata, Emergenza Zimbabwe. L’appuntamento ha segnato la prosecuzione di un legame di amicizia e condivisione già allacciato lo scorso anno, quando Marcello Girone aveva proposto la sua testimonianza in occasione del convegno di chiusura dell’anno associativo dell’Ucid.
La costruzione della diga di Saint Albert, iniziata negli anni Novanta, non era stata ultimata a causa della rottura dell’escavatore e della mancanza di fondi: nella stagione secca la scarsità dell’acqua era arrivata a livelli emergenziali, in un territorio segnato da una situazione di estrema povertà.
Così Girone, approdato nel 2006 in Zimbabwe per fare visita a Rosalba Sangiorgi, una cara amica della madre che opera lì come missionaria, decide che non può restare indifferente. Alle spalle una carriera come manager – prima a New York per un’importante multinazionale, poi per una società di produzione in campo televisivo – Girone “in crisi di coscienza” aveva lasciato qualche anno prima il suo percorso professionale e aveva trascorso un lungo periodo di riflessione tra Himalaya e India.
Da quel viaggio in Zimbabwe è nato un tamtam che ha reso possibile la ripresa del cantiere della diga, affidato a maestranze locali e terminato nel giro di un paio d’anni. Oggi Emergenza Zimbabwe riunisce oltre 100 volontari in tutta Italia e continua a sostenere Saint Albert attraverso diversi progetti, dalla costruzione di una casetta destinata al medico, che dovrà operare nell’ospedale locale, fino alla manutenzione della diga.
Marcello Girone è impegnato in numerosi incontri di sensibilizzazione nelle scuole secondarie e nelle parrocchie, più volte ha fatto tappa anche nel Padovano. Con la sua esperienza si dimostra capace di coniugare l’esperienza di ex manager con la scelta, solo apparentemente antitetica, di affidarsi a una solidarietà che è «sempre e solo gratuita» e che a lui piace chiamare “donoterapia”: «Nessuno di noi riceve nemmeno un rimborso spese per l’attività di Emergenza Zimbabwe, non abbiamo alcun costo di personale e di struttura, a ogni euro versato corrisponde un euro destinato ai progetti. L’esperienza pregressa nel mondo imprenditoriale mi è stata però utilissima: in alcuni casi chi opera nel volontariato pecca di approssimazione, scarsa professionalità e superficialità. Invece per poter realizzare grandi progetti serve capacità organizzativa».
Dalla sua esperienza aziendale Girone ha mutuato anche la scelta di puntare sulla trasparenza dei bilanci, uno dei motivi per cui Ucid ha deciso di sostenere il progetto. «Ai donatori mostriamo non solo i bilanci, ma anche il nostro estratto conto, perché vogliamo che ogni passaggio sia verificabile. In questi anni abbiamo incontrato una solidarietà davvero straordinaria, in molti casi inaspettata, dalle persone che si sono avvicendate in Zimbabwe alle anziane che vendono i loro lavoretti realizzati a mano».
