MosaicoQuarant’anni fa fu assassinato dalle Br Giuseppe Taliercio. Nel suo ultimo libro, I prigionieri, Pierluigi Vito ne esalta la caratura umana e l’integrità morale
L’8 agosto avrebbe compiuto 94 anni. Un mese fa è ricorso il 40° anniversario del suo assassinio. La vita di Giuseppe Taliercio è racchiusa tra queste due date: Pierluigi Vito, appassionato di storia contemporanea, nel suo libro I prigionieri, Augh! edizioni, raccoglie e narra gli eventi del rapimento e dell’uccisione, accaduti tra il 20 maggio e il 6 luglio 1981.
La vicenda di Taliercio, preso di mira dalle Brigate rosse perché, come dirigente della Montedison di Marghera, era ritenuto responsabile di alcune morti nello stabilimento, è una storia dimenticata, poco conosciuta da tanti in terra veneta, che percorrevano da giovani in quegli anni le vie e le piazze del centro di Padova, con i muri coperti da slogan a caratteri cubitali che inneggiavano a noti personaggi ispiratori delle Brigate rosse e osteggiavano i magistrati che li perseguivano. Eppure non se ne parlava in casa, nei ritrovi della gente comune, esattamente come da altre parti non si parla ancor oggi di mafia: una generazione cresciuta tra il “vedo, ma non so” che, solo in virtù di uno sforzo personale, ha capito il significato del terrorismo per le nostre città a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Pierluigi Vito riesce a ricostruire il clima di quel periodo con precisi riferimenti ai luoghi, descrive tutta la gestione del sequestro, attingendo a fonti ben documentate e a qualche ricordo personale dei familiari di Taliercio e lo fa assumendo anche il punto di vista dei brigatisti: sempre citati con i nomi di battaglia, come fossero delle maschere, in perenne, precario, equilibrio tra il bisogno di nascondersi e quello di risultare visibili e accreditarsi come unici interpreti della volontà popolare, loro veri prigionieri di ideologie e retoriche contraddittorie.
Taliercio, tuttavia, non è presente solo come “oggetto” del progetto terroristico: il suo profilo viene delineato, e cresce come vero protagonista, in una serie di dialoghi interiori, che quell’uomo, maltrattato e poi ucciso, conduce, nella finzione del romanzo, con la moglie («Lella, amore mio…»). Da queste conversazioni “del cuore”, che possono ricordare le lettere di Moro alla moglie Eleonora, esce la figura di un cristiano solido e trasparente, cresciuto tra le fila dell’Azione cattolica, con una fede che illumina i momenti bui, capace di essere beneducato anche con i carcerieri, convinto che un essere umano debba conservare dirittura morale e dignità a dispetto di qualsiasi contingenza.
È una riscoperta la storia di Taliercio, un dovere conoscere la storia contemporanea del nostro Paese: la narrazione di Vito ci permette di affacciarci su un intricato panorama politico, ideologico ed economico, su un tempo da rileggere finalmente alla ricerca della verità.
Liliana Stefani
Prosegue la rassegna letteraria “Parole d’autore” nel parco di villa Obizzi ad Albignasego con altri due appuntamenti. Venerdì 30 luglio Chiara Francini presenta il suo Il cielo stellato fa le fusa (Rizzoli, euro 18, pp 336), mentre martedì 10 agosto l’ospite sarà Licia Colò con il suo primo romanzo di recentissima uscita L’aragosta vive cent’anni (Solferino editore, euro 15,20, pp 192).
Le presentazioni iniziano alle 21; ingresso libero, prenotazione obbligatoria: 373- 7017280 (lun-ven, 9-13).
