MosaicoRemo Anzovino. Noto compositore e pianista, il 16 aprile è a Padova nella Sala dei Giganti del Liviano con Atelier, l’album dei venti anni di carriera
Un “concerto esperienziale”: la musica orchestrata dal pianoforte si rispecchia nel pubblico, dentro la bellezza della sala storica del Liviano. Remo Anzovino, 48 anni, nato a Pordenone, figlio di napoletani, fin da bambino seduto davanti agli 88 tasti, una laurea in Giurisprudenza, il 16 aprile è a Padova: «Suonerò anche Halleluja che chiude le 21 tracce del disco antologico. Composizione ispirata da papa Bergoglio: scritta quando lo sentii dire “Chi sono io per giudicare?”. Mi ha ispirato quest’inno alle imperfezioni e fragilità dell’essere umano».
Avvocato Remo Anzovino, pronunci un’arringa per il pianoforte… «La musica in generale non ne ha bisogno. Persuade senza artifici retorici, solo con la bellezza del suono»
Bartolomeo Cristofori, l’inventore del pianoforte, era padovano… «Sono davvero legatissimo alla città che amo profondamente. È stata determinante nella composizione di Don’t forget to fly. Era l’estate 2022. Ho suonato nello spettacolo di Marco Goldin in una serata straordinaria in piazza Eremitani. Ero venuto a Padova solo ai tempi dell’Università e non avevo mai visto Giotto. Stavo concependo il disco e ho deciso di passare due giorni, da solo, a Padova e proprio nella Cappella Scrovegni è scattata l’idea del volo»
«Remo ha questo dono, è un seduttore sonoro»: così Carlo Massarini nero su bianco. Che ne dice? «Gratificato, e molto. Lui è un vero pioniere della musica in radio e tv, possiede una cultura straordinaria ed è un grandissimo innovatore. Posso condividere, nella misura in cui organizzo i suoni. L’atteggiamento pubblico sul palco è il contrario di chi mira a sedurre. Vedo, se mai, l’interesse di chi ascolta per ciò che a me interessa: la musica. Insomma, seduzione per portare verso ciò che vuoi. Del resto, sono abbastanza maniacale nel costruire gli oggetti sonori, con una forma che ipnotizza e si fa riascoltare. Detto in estrema sintesi: chi scopre la mia musica poi non la abbandona»
Tasti bianchi e neri, martelletti, corde tese, pedali, tre gambe: che metafore sono del mondo? «Tutti elementi di una scatola magica. Il pianoforte è lo strumento che contiene, palpabilmente, tutti i suoni dell’orchestra: con gli 88 tasti nel concerto dal vivo suono in modo orchestrale. E a chi osserva dentro la musica suggerisco continuamente legni, arpa, percussioni, ottoni».
Cos’è il pianoforte per Anzovino? «Un po’ come la più bella donna dell’universo, che corteggio ogni giorno fin da bambino. Metto le mani sul pianoforte e scatta sempre il rapporto di amore incondizionato. E di devozione, perché una parte di me è rimasta a quando avevo 9 anni. È il mio rapporto con la musica: suoni nello spazio e nel tempo. È lo strumento musicale che conosco, amo, studio. Regala possibilità pressoché infinite grazie ai ritmi e alle culture del mondo. Contiene un’orchestra e riverbera poesia con le melodie»
Negli spartiti, si espone in qualche modo anche l’anima? «La musica non esiste: non è sul pentagramma, mezzo inventato per trasmettere informazioni. La musica non è nemmeno nel gesto che si vede compiere con violino, tromba o altri strumenti. La musica è impalpabile: l’udito percepisce l’altezza che abbiamo chiamato note. Ed è anche l’arte più potente, perché non la tocchi. Un quadro si vede, al cinema sai che è un film, a teatro c’è l’attore sul palco. La musica vola nell’aria…».
Come emozione inarrivabile e personalissima? «Disciplina più antica e ancestrale. La musica millenni fa sarà nata con un fulmine o un urlo o una clava sbattuta a terra: il primo canto o ritmo. La nostra attuale speculazione intellettiva occidentale è arrivata fino alla dissoluzione delle tonalità. Ma la musica è anche cinese, africana, indiana. Sono interessato alle basi solidissime, perché occorre saper possedere 500 anni di musica. Tuttavia sono perennemente connesso: ascolto Global 100 con Spotify o mi misuro con le innovazioni tecnologiche. In fin dei conti, la musica si potrebbe dividere in due categorie: produce o meno emozione. Per esempio, mentre fai la spesa o guardi una serie tv parte una canzone che ti fa piangere. È, appunto, il potere commotivo della musica che scatta per il sacro come per il profano, con le vette dei grandi compositori ma anche con un brano pop».
Fa tappa a Padova Remo Anzovino: mercoledì 16 aprile alle 21 è nella sala dei Giganti del Palazzo Liviano con Atelier, il nuovo album con cui festeggia i venti anni di carriera. Con Padova nutre un legame affettivo particolare, non solo grazie a Bartolomeo Cristofori inventore dello strumento che ha cambiato la sua vita fin da bambino. «… Non solo lui a Padova. Anche Galilei. E in scaletta al Liviano c’è un brano dedicato a lui». Info biglietti: www.ticketone.it
Omar De Marco
