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Ilva, in arrivo la nuova proprietà. Sarà indiana?
Il prossimo 15 settembre i commissari dell’Ilva di Taranto decideranno quasi certamente per la chiusura dell’operazione di vendita inizialmente fissata al 30 giugno.
FattiIl prossimo 15 settembre i commissari dell’Ilva di Taranto decideranno quasi certamente per la chiusura dell’operazione di vendita inizialmente fissata al 30 giugno.
Il rinvio è stato motivato dall’opportunità «di rendere ulteriormente disponibile uno spazio di confronto» tra l’acquirente, gli indiani di ArcelorMittal, e i sindacati. Di fatto, anche per concedere qualche giorno in più al nuovo governo per approfondire il complicato dossier: i sindacati vogliono infatti capire dal vicepremier Luigi Di Maio se l’attuale governo ritiene che ArcelorMittal abbia acquisito l’Ilva attraverso una gara legittima e se la stessa verrà revocata o meno.
Dal punto di vista occupazionale, stando a quanto fatto trapelare dalle parti, i sindacati punteranno a zero esuberi: ArcelorMittal parte invece da 10 mila dipendenti riassorbiti sui 14.200 attuali, numeri tarati su un piano industriale a medio termine. Gli indiani prevedono un aumento della produzione di acciaio dagli attuali livelli ai 6 milioni di tonnellate per anno e il mantenimento di tale livello fino alla completa implementazione del piano ambientale entro agosto 2023.
Anche se sulla futura produzione industriale e sulle effettive intenzioni di ArcelorMittal è difficile fare a oggi delle previsioni, il dato certo è quello dell’attuale situazione della cassa aziendale. A metà settembre, quando scadrà la proroga dell’amministrazione straordinaria, l’Ilva non avrà più liquidità. Se gli indiani non entreranno definitivamente, il governo dovrà rifinanziare la tesoreria per un fabbisogno atteso di 132 milioni di euro fino alla fine dell’anno.
Da qui alla fine del 2018, comunque andranno le cose, sapremo però se l’Italia avrà ancora una produzione nazionale di acciaio. Lo scorso 29 settembre il governo aveva autorizzato lo stabilimento a continuare a produrre alle attuali condizioni fino al 2023 (data ultima per ultimare le bonifiche). I vincoli alla produzione dell’Ilva – rilevano i commissari – «hanno avuto un impatto negativo sui risultati economici, il margine è in crescita ma l’incidenza dei costi fissi è aumentata al calare della produzione». Ad oggi l’Ilva ha già pagamenti scaduti nei confronti dei fornitori che ammontano «a circa 30 milioni, di cui solo il 10 per cento è superiore a 60 giorni».
L’Ilva di Taranto è da sempre la più grande acciaieria d’Europa.
Si estende per 15 milioni di metri quadrati, 190 chilometri di nastri trasportatori, 50 chilometri di strade e 200 chilometri di ferrovia al suo servizio. Numeri che la fanno rientrare di diritto tra le imprese di “interesse nazionale”, attorno alle quali si sviluppa un’intera politica industriale (quella della lavorazione dell’acciaio) e regionale.
La storia recente dell’Ilva trova un drammatico spartiacque nel 2012.
Sei anni fa la magistratura stabilì infatti il sequestro dell’acciaieria della famiglia Riva per reiterate violazioni ambientali.
Nel 2014 la società è stata commissariata.
Agli amministratori – nominati dal governo – è stato affidato il compito di iniziare il risanamento ambientale ed economico per poi metterla in vendita. L’acquirente è la società indiana ArcelorMittal.