FattiDallo sharing dei monopattini alle due nuove linee del tram, passando per avveniristici “cubi” mobili. Una rete per invogliare i cittadini a parcheggiare la macchina... per sempre
Una profonda rivoluzione attende Padova, come tutte le città della Pianura padana in prima linea sul fronte della riduzione delle emissioni. Se i mesi di lockdown hanno concesso una parziale tregua tanto alle emissioni dovute dal traffico quanto alle iniziative volte a contrastarle, la ripartenza non può concedersi il lusso di prescindere dalla rivoluzione ecologica in corso che vedrà, entro il 2035, scomparire dalla vendita le auto a combustione in favore di soluzioni alternative, elettriche in primis.
Un tram chiamato Sir
«A Padova entrano almeno 100 mila auto al giorno — spiega Andrea Ragona, assessore alle politiche del territorio e sviluppo urbano sostenibile, mobilità e viabilità del comune di Padova — Se vogliamo risolvere i problemi della mobilità dobbiamo affrontarli su scala metropolitana. Il Pums (piano urbano della mobilità sostenibile, ndr) è un documento redatto con i Comuni della Cintura per dare un primo senso di integrazione, poi noi puntiamo molto sulla sinergia fra i vari enti: con i Comuni limitrofi in termini di piste ciclabili e in assoluto stiamo investendo molto sul tram destinato a rivoluzionare la mobilità cittadina nei prossimi cinque anni, con un calo medio di 25 mila vetture al giorno».
Al Sir1 (Sistema intermedio a rete 1), la linea tranviaria che congiunge Pontevigodarzere con il quartiere Guizza, si aggiungeranno Sir2 e Sir3 passando così dagli attuali dieci chilometri di tramvie a 33 entro il 2026, complice anche l’accelerazione dovuta ai fondi del Recovery plan in scadenza quell’anno.
Al centro del problema
Raggiungere il centro della città in macchina diventerà sempre più un’eccezione, vista anche la prospettiva di pedonalizzare piazza Insurrezione: «È un progetto complesso da un punto di vista economico e di servizio — riflette Ragona — però Aps sta iniziando a gestire alcuni parcheggi sotterranei in zona (Contarina ed Europa) e si potrebbe dare un’alternativa in quel senso e trasformare così Insurrezione nella “quarta piazza” destinata a eventi». Un’area del centro storicamente un po’ marginale rispetto alle altre piazze diventerebbe così centrale nella vita cittadina riqualificandone anche gli spazi commerciali vicini. Il prezzo da pagare? Rinunciare a un parcheggio “di pregio”.
Mobilità alternativa
Nelle ultime settimane a dominare le cronache è stato Next, il sistema tanto modulare quanto sperimentale che, nelle intenzioni, potrebbe rivoluzionare almeno in parte la mobilità cittadina.
Vetturette singole, senza conducente, pensate per procedere unite come trenino salvo poi staccarsi e procedere indipendenti fino alla destinazione richiesta dal singolo utente che può essere casa ma forse e soprattutto un padiglione o uno stand fieristico.
Se la normativa vigente non lascia immaginare nell’immediato grandi possibilità per un sistema di trasporto pubblico a guida autonoma, diversa è la questione per quanto riguarda mezzi più convenzionali magari in sharing, cioè in condivisione. È il caso, per esempio, dei monopattini e delle biciclette: indispensabili per facilitare gli spostamenti di prossimità, nelle intenzioni dovrebbero diventare alla stregua di tender capaci di coprire l’ultimo miglio degli spostamenti d’ogni giorno conciliando velocità, ecologia e sicurezza.
Nodo centrale è però quello della sicurezza stradale che nell’ultimo periodo è stata in parte messa in discussione proprio dai monopattini elettrici — 42 mila mezzi in 30 città, stimava il Sole 24Ore — che in città come la vicina Mestre già subiscono alcune limitazioni tanto al transito quanto alla velocità.
Casi come quello avvenuto a Firenze, dove un 27enne è morto alla guida del suo monopattino elettrico dopo un violento incidente con una moto, non fanno che alimentare il dibattito: se da un lato le società di noleggio in sharing hanno un’assicurazione per i loro mezzi, i veicoli privati rientrano in una grande area grigia su cui il Parlamento si ripromette di legiferare.
«I monopattini, come tutte le cose, vanno utilizzati con intelligenza e allora possono rappresentare un’opportunità, altrimenti sono un problema — chiarisce ancora l’assessore — Padova cercherà di puntare sull’educazione e sulla sensibilizzazione, soprattutto dei più giovani a un utilizzo corretto di un mezzo che è già equiparato dal Codice della strada a una bicicletta».
Diversa è poi la questione legata alle due ruote più diffuse: se da un lato la bicicletta conosce da anni una riscoperta profonda anche nella sua vocazione turistica, nella mobilità urbana va incontro a dei limiti nell’infrastruttura e congeniti al mezzo. «Oltre i 5 chilometri — continua Ragona — non si può più pensare che la biciletta sia un mezzo di massa, anche se la bici elettrica permette oggi di coprire velocemente tragitti fino a 7-8 chilometri per tratta. Dal centro cittadino inizia a essere una distanza decisamente importante ma il punto è fornire più alternative possibili, ognuno poi troverà la sua strada che sia il tram, la bici privata o in sharing, i monopattini in condivisione o un’altra alternativa disponibile».
L’automobile ferma al palo, per la ricarica
L’automobile affronta una delle stagioni più difficili della sua storia: il 2035 è dietro l’angolo ma già oggi le vetture elettrificate non fanno più notizia. Ciò che fa notizia è la diffusione dell’infrastruttura di ricarica: se oggi sono attivi nel solo Comune di Padova una dozzina di colonnine, nelle prossime settimane è prevista l’installazione di altri 40 punti per un totale di oltre 90 piazzole di ricarica.
Quello che rimane da colmare è il divario tecnologico fra città, hinterland e aree esterne: affrontare un viaggio in elettrico verso la montagna può assumere ancora oggi tratti di avventuroso pionierismo, sospesi nell’incertezza di trovare una postazione di ricarica pubblica e che questa sia effettivamente funzionante.
C’è soprattutto da implementare la cultura della mobilità sostenibile, attraverso l’installazione di punti ricarica privati e condivisi in aree condominiali ma anche al rispetto di nuove e piccole buone pratiche di convivenza, come spostare la macchina dalla piazzola una volta ultimata la ricarica per consentirne la fruibilità a un altro automobilista. Un problema analogo ce l’hanno gli altri veicoli elettrici, monopattini e biciclette: se da un lato hanno semplificato e accelerato la mobilità urbana, dall’altro prima o dopo devono fermarsi a ricaricare le batterie. Ma per loro basta una semplice presa di corrente domestica.
Continua il calo complessivo delle vendite di automobili in Italia: 250 mila in meno nei primi sette mesi del 2021 rispetto a un 2019 non così florido, a cui si aggiungono le 500 mila unità perse nel 2020. In Italia si vendono soprattutto suv e fuoristrada, il 51 per cento del mercato, con le elettrificate — ibride, ricaricabili alla spina o meno — che oltre 36 mila veicoli contro i 30 mila benzina e i soli 25 mila a gasolio. Poco sotto quota 12 mila gpl e metano, storicamente molto diffusi. Secondo l’osservatorio Autopromotec, inoltre, entro il 2030 il 54 per cento del parco circolante sarà dotato di sistemi avanzanti per l’assistenza alla guida. Una spinta in tal senso viene anche dall’Ue che prevede già dal 2022 l’obbligo di nuovi dispositivi per accedere all’omologazione del veicolo con l’obiettivo di arrivare, entro il 2050, a zero vittime sulla strada.
Due ruote e due destini, quelli che attendono il futuro della bicicletta: da una parte le lunghe percorrenze legate al cicloturismo, dall’altra “l’ultimo miglio” appannaggio di formule come lo sharing e la condivisione. Se le batterie hanno comunque aumentato il raggio d’azione anche quotidiano delle biciclette, queste si scontrano con ostacoli tanto infrastrutturali quanto climatici che ne limitano la reale diffusione.
