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Morti bianche… ancora. In Veneto si contano 53 morti nei primi sette mesi del 2021, 13 solo a luglio
Il lockdown ha ridotto gli infortuni sul lavoro, ma è l’unico dato positivo
Il lockdown ha ridotto gli infortuni sul lavoro, ma è l’unico dato positivo
Nel 2020 in Veneto si sono registrate poco meno di 69 mila denunce per infortunio sul lavoro, un dato in netto calo rispetto all’anno precedente quando erano prossime a 77.500. È uno dei pochi aspetti positivi dovuti ai lunghi mesi di quarantena che hanno costretto a casa un gran numero di lavoratori e ne hanno spesso radicalmente cambiato le abitudini.
«La pandemia ha fortemente condizionato l’andamento del fenomeno infortunistico nel 2020 – spiega in un comunicato il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – Da un lato, infatti, ha comportato la riduzione dell’esposizione a rischio per gli eventi tradizionali e in itinere, a causa del lockdown e del rallentamento delle attività produttive, dall’altro ha generato la specifica categoria di infortuni per il contagio da Covid-19».
Se gli infortuni in termini assoluti si sono ridotti, anno su anno, dell’11,23 per cento, così non è stato per gli incidenti mortali, aumentati dell’1,90 per cento sul 2019. Pur lontani dai record negativi del 2016 e 2018 quando nella nostra Regione si superarono i 125 decessi, il 2020 non ha beneficiato di alcun effetto positivo del lockdown.
A sfogliare le statistiche rilasciate dall’Inail si nota come i settori con più elevata incidenza di infortuni siano, nell’ordine: industria, terziario e artigianato con le province di Verona, Venezia e Treviso ai vertici dell’infausta classifica.
Nei primi sette mesi del 2021 il Veneto si merita il giallo nell’analisi condotta dall’Osservatorio Vega Engineering di Mestre: con un’incidenza di 19,4 morti per milione di occupati, la nostra regione sta nel mezzo di Calabria e Sicilia. «Quello rilevato è il rischio reale di morte sul lavoro – spiega Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio – perché considera il rapporto tra infortuni mortali e popolazione lavorativa».
Se il Veneto rappresenta ancora una regione a minor rischio di infortuni letali, la situazione nel 2021 è decisamente peggiore rispetto al 2020: le morti bianche sono aumentate del 17 per cento nei sette mesi; di oltre il 18 per cento è, invece, la crescita complessiva delle denunce di infortunio. «Occorre non considerare la salute e la sicurezza sul lavoro un costo ma un investimento – ha dichiarato il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ai microfoni di Radio Rai – Questo significa ridurre la precarietà e serve anche una patente a punti affinché le aziende dove ci sono troppi incidenti non continuino a partecipare alle gare».
Landini ha poi ribadito l’importanza di investire parte del fondo Pnrr nella medicina del lavoro che ha perduto, secondo il sindacalista, circa il 73 per cento dell’organico impiegato anche nella prevenzione degli infortuni.
Un grande patto per la sicurezza sul lavoro e una cabina di regia permanente tanto a livello territoriale quanto a livello nazionale. È questa la prima richiesta dei sindacati: «Quando si parla di infortuni, la questione centrale è la prevenzione: non dovrebbero semplicemente esistere – mette subito in chiaro Samuel Scavazzin, segretario generale della Cisl di Padova e Rovigo – La gente va a lavorare, non a rischiare di morire: per questo bisogna investire sui protocolli di sicurezza, sulla formazione a partire dalle scuole e sui controlli. L’infortunio, quando succede, è già troppo tardi». La proposta dei sindacati rimane la patente a punti per le imprese: uno strumento per qualificarle partendo dal rispetto della legalità, della sicurezza e dell’applicazione del contratto nazionale di categoria. Serve, però, una legge.
Oltre 171 mila i casi conclamati di contagio sul posto di lavoro dall’inizio della pandemia e da soli coprono un quarto del totale delle denunce presentate all’Inail nello stesso periodo di tempo. La progressiva riduzione dei contagi nel settore sanitario, il primo a vedere applicata una massiva campagna di vaccinazioni, combinata all’aumento dei contagi nelle altre professioni, denota da un lato l’utilità delle vaccinazioni stesse e dall’altro il progressivo allentamento delle misure di prevenzione, lockdown su tutte.