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Proteste a Schiavonia. La struttura di Monselice è nuovamente Covid hospital
La struttura di Monselice è nuovamente Covid hospital. Sabato 18 dicembre, in 300, tra sindaci, infermieri e medici, hanno contestato la decisione
FattiLa struttura di Monselice è nuovamente Covid hospital. Sabato 18 dicembre, in 300, tra sindaci, infermieri e medici, hanno contestato la decisione
La prima volta che si presentarono in gruppo davanti all’ospedale di Schiavonia indossavano fascia tricolore e mascherina, erano ben distanziati ma nonostante questo qualche vigile provò a identificarli, perché violavano l’ordinanza regionale del divieto di assembramento. Era il maggio del 2020, da due mesi l’ospedale “Madre Teresa di Calcutta” a Schiavonia, nel Comune di Monselice, era stato destinato interamente ai pazienti Covid e i sindaci della Bassa protestavano perché i loro cittadini, un bacino di utenza di 180 mila persone, erano rimasti senza ospedale.
A distanza di un anno e mezzo da quella protesta, sabato 18 dicembre una trentina di sindaci, in rappresentanza di tutta la Bassa Padovana, è tornata a protestare davanti all’ospedale di Monselice, insieme ad altre 300 persone, e il motivo è sempre lo stesso: l’ospedale di Schiavonia è tornato Covid hospital, il pronto soccorso è chiuso, di fatto è stato trasformato in un punto di primo intervento. A differenza della prima riconversione, a Schiavonia sono rimaste aperte oncologia, dialisi, psichiatria, punto nascite e ginecologia, chiusa invece la chirurgia. I posti occupati dai pazienti Covid in terapia intensiva sono tra i 15 e i 20, alla data in cui scriviamo sono una sessantina i pazienti ricoverati nella semintensiva, e i numeri sono in costante aumento. A fianco dei sindaci questa volta sono scesi anche gli infermieri, i medici, i sindacati.
La Diocesi di Padova ha portato parole di vicinanza e solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori della sanità locale. Sabato ha parlato al microfono davanti all’assemblea don Luca Facco, vicario episcopale per i rapporti con le istituzioni e il territorio: «Siamo qui per ascoltarvi, a voi va tutta la nostra vicinanza. Non vi lasceremo, le nostre preghiere sono per voi». A prendere la parola a nome dei primi cittadini è Luca Callegaro, sindaco di Arquà Petrarca: «Questa volta c’era tutto il tempo di fare una programmazione che tenesse conto delle esigenze dei cittadini della Bassa Padovana. C’era il tempo per assumere personale e per potenziare le terapie intensive, per esempio, dell’ospedale di Piove di Sacco». Coordinatore della protesta è Davide Piccolotti, urologo a Schiavonia: «Prendiamo atto delle promesse che ci ha fatto la dirigenza e la Regione: saremo qui a vigilare». Le promesse riguardano i nuovi investimenti e le assunzioni che la sanità veneta intende portare avanti, ma per molti lavoratori queste misure arrivano in ritardo. «Nel frattempo noi siamo stremati», dicono fuori taccuino molti dei presenti alla manifestazione. Sonia Buttarello, infermiera della terapia intensiva, e l’infermiere Andrea Roccaro hanno dato voce al grido di dolore di tanti lavoratori e lavoratrici che con spirito di dedizione hanno sacrificato il loro tempo libero: «Abbiamo formato nuovi colleghi per far fronte all’emergenza, nel disagio di farlo usando dispositivi di sicurezza per molte ore al giorno».
A microfoni spenti sono in molti a spiegare una situazione di grande disagio per i cittadini: «Se una persona ha un infarto o se ha un’appendicite qui non possiamo fare niente – spiega un dirigente – Deve andare a Cittadella, Camposampiero, Piove di Sacco o Abano Terme. Questo ospedale nasce per dare una risposta sanitaria a un territorio molto vasto, che ora si cura altrove».
La risposta della Regione è secca: «Ho personalmente parlato con i dirigenti di Schiavonia, per quattro ore, non per 15 minuti – dice in una nota Luciano Fior, direttore generale della Sanità veneta – Ho dato garanzie, molte attività rimangono, come pure la chirurgia programmata, quasi tutte le attività sono ancora in funzione, compatibilmente con i ricoveri Covid, non capisco quale sia il motivo della protesta». A mettere nero su bianco i problemi è la Cgil: «Registriamo un’immane fatica per riuscire a chiudere gli accordi sugli incarichi e sul risultato per la dirigenza medica e sanitaria. Accordi che, però, non sembrano raggiungere gli obiettivi prefissati visti gli impietosi numeri, evidenziati dall’Osservatorio del mercato del lavoro di dicembre nell’ultimo rapporto di Veneto Lavoro, riguardo alle dimissioni del personale che se ne va verso altri ospedali. Un’emorragia di infermieri, medici e dirigenti che qui è più forte che altrove. Accanto a questo, che riguarda tutto il territorio dell’Ulss 6, ci chiediamo, per la Bassa Padovana, perché non viene aperto l’ospedale di Monselice per curare i pazienti Covid? Perché il privato convenzionato non viene coinvolto per gestire la pandemia, evitando che la fetta di richiesta di salute non Covid venga lasciata cadere nel vuoto?». È Stefania Botton, invece, a esprimere dubbi e perplessità a nome della Cisl: «Chiediamo alla Regione di non lasciare un territorio così ampio come la Bassa Padovana privo di un presidio ospedaliero e di riconsiderare questa decisione, della quale abbiamo appreso in occasione di un incontro sulla contrattazione sociale con il sindaco di Monselice, che ancora non ne sapeva nulla. Questo per far capire quanto la scelta sia stata improvvisa. Eppure di tempo per prepararci ne avremmo avuto».
In Regione, le consigliere Vanessa Camani del Partito democratico, ed Elena Ostanel di Veneto che Vogliamo hanno presentato un’interrogazione alla Giunta chiedendo alla Regione di ascoltare i sindaci e di coinvolgerli direttamente nella pianificazione. Intanto monta la polemica sul caso di Montagnana, dove il punto del primo intervento è stato appaltato dall’Ulss a un privato, la Mst Group srl di Vicenza, che ha ingaggiato in totale autonomia medici e infermieri, tra cui, per i turni del mese di dicembre, Vieri Riccioni, medico 70enne di Montecatini radiato dall’Ordine dei medici di Pistoia perché beccato dalla trasmissione “Le Iene” a fare esami farlocchi ai cittadini cinesi. Il medico ha fatto ricorso, il procedimento è sospeso e per questo può ancora lavorare, ma sul caso sta indagando il Nas, il Nucleo tutela della salute dei carabinieri.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino dell’azienda statunitense Novavax. Si chiama Nuvaxovid e per ora previsto sui maggiori di 18 anni. Dopo quelli a Rna messaggero di Pfizer/BioNTech e Moderna e a vettore virale di AstraZeneca e Johnson&Johnson, questo è il primo a utilizzare le proteine ricombinanti, come avviene, per esempio, con l’epatite B.
Su Change.org, piattaforma che raggruppa petizioni online, l’urologo Davide Piccolotti ha lanciato una raccolta firme che ha come oggetto “Salviamo l’ospedale di Schiavonia”. Come spiega nel testo «Nel febbraio 2020 è salito all’onore della cronaca per aver avuto il primo decesso di Covid-19».Con l’obiettivo di raggiungere 7.500 firme, al momento la petizione ha raggruppato quasi 5.700 firmatari.