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Israele non si ferma: Libano sotto attacco
In un solo giorno di bombardamenti contro quelli che lo Stato ebraico definisce «depositi di armi» di Hezbollah, Beirut conta quasi 500 morti, almeno 35 sono bambini
FattiIn un solo giorno di bombardamenti contro quelli che lo Stato ebraico definisce «depositi di armi» di Hezbollah, Beirut conta quasi 500 morti, almeno 35 sono bambini
Secondo il ministero della Salute libanese, sarebbero 492 le persone uccise dall’esercito israeliano nel Paese dei cedri lunedì 23 settembre, tra questi ci sono almeno 35 bambini. Si tratta del primo giorno di bombardamenti a tappeto (continuati anche martedì 24 settembre, mentre andiamo in stampa) contro quelli che lo Stato ebraico definisce «depositi di armi» di Hezbollah. L’escalation, che alcuni analisti già definiscono come il temuto allargamento regionale della guerra che da quasi un anno devasta la Striscia di Gaza, è cominciata la settimana precedente con l’esplosione di tremila cercapersone utilizzati dai membri della milizia sciita. La responsabilità dell’attacco, che ha provocato 12 morti e circa 2.800 feriti, viene ricondotta ai servizi segreti esteri israeliani. Tre giorni dopo, il 20 settembre, Israele ha abbattuto due edifici nel quartiere di Dahiya, nella periferia meridionale di Beirut, provocando almeno 45 morti, tra cui due importanti comandanti di Hezbollah. All’attacco israeliano è seguito il lancio, da parte della milizia sciita, di circa 150 razzi che domenica sono arrivati fino ad Haifa. Sordo ai moniti delle Nazioni Unite, alle richieste di cautela della comunità internazionale e al discorso del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha dichiarato che gli attacchi sarebbero continuati. Poi, qualche ora prima che l’esercito israeliano uccidesse in un solo giorno circa cinquecento uomini, donne e bambini, Benjamin Netanyahu ha precisato in un discorso diretto alla popolazione libanese che «Israele non è in guerra contro di voi, ma contro Hezbollah». L’alto rappresentante dell’Unione europea Josep Borrell ha avvertito del pericolo di una “guerra totale” in Medioriente, aggiungendo che gli attacchi che hanno colpito anche la popolazione non sono conformi «alle leggi di guerra». Oltre a quello delle vittime e dei feriti, in Libano inizia anche il dramma delle migliaia di rifugiati interni in fuga dalle zone meridionali e orientali del Paese, le cui paure di essere le prossime vittime di un fuoco incrociato si sono fatte realtà. Il timore durava da quasi un anno: le tensioni si erano accese all’indomani del 7 ottobre, quando Hezbollah aveva dichiarato solidarietà ad Hamas e si era opposta all’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza. (F. C.)