Fatti
SensorAbile. Un cambio di sguardo
SensorAbile anch’io vuole sensibilizzare le realtà pubbliche e private della città di Padova sulla disabilità visiva grazie a un’esperienza immersiva
FattiSensorAbile anch’io vuole sensibilizzare le realtà pubbliche e private della città di Padova sulla disabilità visiva grazie a un’esperienza immersiva
Un uomo di 70 anni vive da solo nella periferia di Padova. Ama gli spazi aperti, passeggiare in montagna con il suo cane. Continuerebbe a farlo, eppure oggi vive una cecità assoluta e per sfogare questo suo bisogno si alza ogni giorno alle 3 di notte e compie 40 giri attorno al condominio. È un’immagine che non esce da nessun libro, è quello che succede attorno a noi, quando non si danno risposte a bisogni, quando saltano le relazioni. È una storia che Lorenzo Martini, presidente della sezione di Padova dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti, ha portato in conferenza stampa, mercoledì 30 ottobre, in occasione della presentazione “SensoriAbile anch’io”, un progetto di sensibilizzazione sociale sulla disabilità visiva per la promozione dell’inclusione e dell’accoglienza delle persone cieche o ipovedenti attraverso un approccio che parta dall’esperienza. Alla base, il concetto secondo il quale per abbattere le barriere architettoniche bisogna dapprima smantellare quelle della conoscenza e delle relazioni. Per fare questo, il progetto pensato, sviluppato e promosso da Fondazione Robert Hollman, Università e Comune di Padova, Uici e Aniomap (Associazione nazionale istruttori orientamento mobilità autonomie personali), ha somministrato un questionario a 204 persone con deficit visivo e ai loro caregivers, per rilevare eventuali criticità percepite o vissute nella fruizione dei servizi pubblici e privati della città. Qui si innesta il passaggio innovativo, che sta nel coinvolgere diverse realtà del territorio : si va dal Centro di Ateneo per i musei e la rete delle biblioteche civiche di Padova, all’ufficio Anagrafe centrale a BusItalia Veneto, passando per l’istituto comprensivo Giuseppe Tartini, il liceo delle scienze umane dell’educandato statale San Benedetto; gli impianti sportivi Cus di via J. Corrado, il Parco dei Girasoli al Basso Isonzo; l’hospice pediatrico di Padova e gli uffici amministrativi e gli ambulatori della sede dell’Ulss6 Euganea di via Scrovegni, fino alla filiale di via VIII febbraio di Intesa San Paolo e l’Agrimercato coperto Campagna amica “Terre del Santo” di Coldiretti. Un’equipe di istruttori di orientamento e mobilità, educatori, terapisti, psicologi hanno proposto agli operatori e dipendenti di queste realtà una simulazione immersiva, con occhiali o bende, di deprivazione visiva, totale e parziale. Avvicinandosi alla diversa prospettiva dell’utente cieco o ipovedente, l’obiettivo è stato suscitare negli operatori riflessioni condivise sul proprio servizio e lavoro, per mettere poi in atto facilitazioni ambientali e relazionali. A conclusione è stato elaborato un documento con lo scopo di impegnarsi attivamente per migliorare l’accessibilità e l’accoglienza di ciascuno luogo di lavoro, con l’introduzione di segnaletica a terra, acustica o la presenza di un operatore. «Avevamo avviato questo percorso con la domanda “Padova è una città aperta per tutti?” – conclude Lorenzo Martini – Aiutateci tutti a togliere il punto interrogativo».
Per allargare l’esperienza e la consapevolezza, dal 10 al 18 maggio 2025 verranno organizzate le “Giornate di Padova sensoriabile”: eventi, incontri, laboratori con l’intento di per coinvolgere l’intera comunità civile e cambiare prospettiva.

Per vagliare i risultati, all’interno del progetto “SensorAbile anch’io” è stato somministrato per tre volte uno stesso questionario (prima della formazione, a due settimane e a tre mesi dall’incontro esperienziale) a 27 tra dirigenti e referenti e 108 operatori dei dodici servizi partecipanti. L’89 per cento ha dimostrato un miglioramento per quanto riguarda le conoscenze sulla disabilità visiva; l’81 per cento relativamente all’accessibilità del proprio servizio e il 79 per cento in merito alla relazione e alla comunicazione. «Ero disorientata in un luogo che pur già conoscevo – ha commentato Irene Missaglia, sportellista dell’ufficio Anagrafe di Padova – Non riuscivo a leggere quello che c’era scritto nel modulo, mi sono sentita insicura e fragile. Sono più difficili da abbattere le barriere relazionali: c’è da lavorare su mentalità ed empatia delle persone».