FattiElezioni regionali Braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia. Il coordinatore nazionale del Carroccio Stefani rivendica i numeri del suo partito, Elisabetta Gardini fa leva sulle percentuali di Fdi. In tutto questo Forza Italia osserva e il Pd cerca un candidato
Due mandati, anzi tre, facciamo quattro. Il dibattito politico di questo inizio d’anno ruota intorno alla possibilità che i presidenti di Regione possano ricandidarsi oltre il limite di due mandati consecutivi, previsto dalla normativa per le cariche soggette a elezione diretta. Ad abundantiam, oltre al campano Vincenzo De Luca, che per primo si è intestato la battaglia con una norma regionale ad hoc che è stata però impugnata dal Governo, e al veneto Luca Zaia, ci sarebbero anche il lombardo Attilio Fontana e il friulano Massimiliano Fedriga, entrambi in scadenza nel 2028. «La Regione del Veneto ha introdotto il vincolo nel 2012 – ricorda Elisa Venturini, consigliere regionale in quota Forza Italia – in quel momento Zaia stava facendo il mandato che aveva iniziato nel 2010, così si è applicato il principio dei due mandati a partire dall’elezione successiva. Quindi ha fatto un primo mandato di cinque anni, è stato rieletto, dopodiché è scattato il limite e di mandati ne ha fatti altri due». Già, perché quando la singola Regione recepisce la normativa nazionale non è secondario ma ha il potere salvifico, se l’approvazione arriva al momento più opportuno, di “azzerare” il conteggio dei mandati precedenti. «Quando dicono che due mandati sono troppi mi viene da ridere, se uno è lazzarone lo è anche dopo due mesi dalle elezioni» commenta a mezzo stampa Roberto Marcato, assessore regionale leghista e campione di preferenze. Posizione altrettanto netta la esprime con chi gli fa notare come la candidatura originale di Luca Zaia sia nata a Roma: «I leader nazionali devono capire che i tempi sono cambiati». Qualora il vincolo dovesse essere confermato dalla Corte Costituzionale, questo potrebbe aprire la strada a una frattura tra la Lega e Fratelli d’Italia che ha già più volte rivendicato per sé la presidenza. «Fratelli d’Italia in Veneto ha preso il 37 per cento alle Europee, 5 punti in più rispetto anche alle elezioni politiche – fa notare Elisabetta Gardini, deputata di FdI – e nel Nord Italia non governa nemmeno una Regione. È chiaro che questo è uno squilibrio che dovrà andare colmato». Se da un lato si parla di squilibrio, dall’altro rinunciare alla guida delle Regioni del Nord sarebbe uno smacco troppo grande al punta Lega potrebbe essere disposta a correre da sola, rompendo un’alleanza che dura da trent’anni, dai tempi di Giancarlo alan. È il «polo identitario» teorizzato anche dal coordinatore nazionale Alberto Stefani come estrema ratio nel caso la trattativa romana dovesse saltare. «Noi partiamo dai dati di fatto, ossia che la Liga può contare su 159 sindaci, 1.178 amministratori, 350 sezioni e oltre 11 mila tesserati – mette in chiaro Stefani – Questi dati ci dimostrano che la Lega a livello territoriale, così come si è già verificato per le elezioni comunali anche in grandi Comuni in cui siamo andati da soli, penso a Bassano, ha un consenso trasversale molto forte». Nel 2020 i numeri erano stati plebiscitari: Zaia aveva raccolto nelle urne poco meno del 77 per cento dei consensi di cui oltre il 44 per cento con la sua lista e con la Lega quasi al 17 per cento e FdI sotto il 10. «Alla fine, non ci si dividerà perché a livello nazionale faranno di tutto per tenere la coalizione del centro-destra unita – riprende Venturini – Nel momento stesso in cui uno non vuole più ragionare in questi termini, non fa più parte della coalizione». Se salta l’asse del Nord, insomma, il rischio è che cada anche Roma aprendo una crisi se non di Governo quantomeno di maggioranza. Anche per questo nessuno può davvero fare a meno di Zaia, dei suoi voti ma soprattutto del suo ruolo di garante degli equilibri talvolta precari della coalizione. Un ruolo che gli è valso anche l’offerta di una candidatura a sindaco di Venezia nientemeno che dall’uscente Luigi Brugnaro. «In Veneto si chiude un lunghissimo ciclo politico che ha visto 15 anni di Zaia e prima altri 15 anni di Galan – commenta Andrea Martella, segretario regionale del Partito democratico, senatore veneziano, da più parti indicato come possibile candidato sindaco del centro-sinistra nel Capoluogo lagunare – Si chiude anche abbastanza male perché vediamo ogni giorno liti e divisioni nel centro-destra e anche perché non ci sono progetti per il futuro né realizzazioni importanti che riguardano ciò che si è fatto fin qui». Il Pd, insomma, non sta a guardare e per quanto rivendichi la battaglia contro il terzo mandato da un punto di vista di principio – come spiega lo stesso Martella ricordando che la posizione del partito sia la stessa sia su Zaia che sul democratico De Luca come già sull’altro Dem, Stefano Bonaccini – lavora neppure troppo sottotraccia ad un’alternativa di peso. Alternativa alla quale da mesi si applica in prima persona il senatore Luca De Carlo di FdI e chissà quanti altri veneti trasferitisi nella Capitale. Nel partito, intanto, si fa professione di competenza per valutare le candidature: «Mi viene in mente anche Elena Donazzan che è un’altra persona che avrebbe tutte le carte in regola» chiosa Gardini. Se da Roma a Venezia il passo è breve, anche Strasburgo non è poi così lontana.
A meno di clamorose novità, i veneti saranno chiamati alle urne per rinnovare l’amministrazione regionale in autunno, dopo che nel 2020 causa pandemia il voto primaverile era slittato a ottobre. I Comuni torneranno invece ai seggi nel 2026, dal momento che la legge che regola il voto amministrativo indica espressamente la primavera come periodo dell’anno in cui votare.
Mai come in questi tempi, il fascino del civismo è stato così forte e così a qualcuno potrebbe venire la tentazione di proporre una soluzione terza per calmare gli animi. Tra i due litiganti, si sa, il terzo gode e Forza Italia con il suo 8,6 per cento alle Europee potrebbe ambire a un ruolo di primissimo piano. Ci conta molto Flavio Tosi, europarlamentare e coordinatore forzista, che negli ultimi tempi ha lanciato il comitato Forza Nord con ambizioni tutt’altro che velate sulle prossime Regionali e ci spera più di qualcuno dall’altra sponda del Canal Grande, dove l’eredità del sindaco Brugnaro è tutt’altro che scolpita nella pietra.
Mai come in questitempi, il fascino delcivismo è stato cosìforte e così a qualcunopotrebbe venire latentazione di proporreuna soluzione terza percalmare gli animi. Trai due litiganti, si sa, ilterzo gode e Forza Italiacon il suo 8,6 per centoalle Europee potrebbeambire a un ruolo diprimissimo piano. Ciconta molto Flavio Tosi,europarlamentare ecoordinatore forzista,che negli ultimi tempi halanciato il comitato ForzaNord con ambizionitutt’altro che velate sulleprossime Regionali e cispera più di qualcunodall’altra sponda delCanal Grande, dovel’eredità del sindacoBrugnaro è tutt’altro chescolpita nella pietra.
