MosaicoAbano Terme In occasione del 20° anniversario del museo della Maschera è visitabile una nuova mostra dedicata all’amicizia Sartori-Fo-Rame
Compie vent’anni il Museo internazionale della Maschera di Abano Terme intitolato ad Amleto e a Donato Sartori. Un ventennio che ha visto crescere la sua fama fino ad attirare visitatori da ogni parte del mondo. Per celebrare questo fortunato compleanno, lo scorso 8 giugno è stata inaugurata la mostra dal titolo “Maschere, pupazzi e uomini dipinti. Storia di un’amicizia Sartori-Fo-Rame” a cura di Stefano Bertea, Mattea Fo e Sarah Sartori. L’amicizia che ha legato i Sartori e la coppia Dario Fo e Franca Rame trova testimonianza nel cospicuo materiale esposto, fino all’8 dicembre, al pianterreno del museo: maschere straordinarie, sculture, bozzetti, materiali e carteggi inediti che evidenziano come i Sartori e il premio nobel Dario Fo abbiano collaborato a lungo, trasmettendosi competenze, idee, progetti, accomunati dalla medesima percezione della realtà come un grande teatro nel quale ognuno è libero di esprimere l’unicità del proprio essere e tutto può diventare maschera. Tra i materiali esposti, compaiono anche maschere realizzate da Jacopo Fo, che la coppia aveva mandato a imparare “l’arte dei mascherai” a casa Sartori. La maschera è un oggetto affascinante: svela mentre nasconde, cela l’identità e lo stato d’animo di chi l’indossa per rivelare ciò che la persona desidera esprimere. «Sotto la maschera la mia faccia rimane quasi impassibile, giacché il valore di quello che vado recitando è sostenuto dal gesto – spiegava Dario Fo – La maschera impone un obbligo particolare: non la si può toccare. Come la tocchi, calzata sul viso, sparisce. La maschera (…) diventa un aggeggio ributtante». E ancora: «I Sartori padre e figlio sono due personaggi cavati di netto dal Rinascimento. Fabbricano maschere ma potrebbero issare ponti, costruire navi (…): il loro valore non cambierebbe (…). Di loro maschere ne ho indossate a centinaia». «La metodologia Sartori è legata ai miti, ai racconti e alla fisiognomica – spiega Walter Valeri, drammaturgo e poeta, un tempo assistente personale della coppia Fo-Rame e oggi responsabile dei progetti speciali del museo. – L’arte della maschera consente di avvicinare anche un pubblico molto giovane e di educarlo all’espressione di sè e all’utilizzo della manualità, poiché ciascuno può creare con le proprie mani la maschera che lo rappresenta». «La realizzazione di maschere e calchi, e, in generale, il teatro, è un’attività inclusiva, poiché riesce ad arrivare all’animo di ognuno di noi, toccando sentimenti dei quali talvolta non siamo nemmeno consapevoli, e rendendoli manifesti attraverso la scena teatrale», precisa la direttrice del museo, Paola Piizzi. Il teatro come catarsi, come fantasia, come creazione. Quest’ultimo aspetto, in particolare, è stato apprezzato dalle scuole di ogni ordine e grado, dove Sarah Sartori e Paola Piizzi sono spesso invitate a realizzare dei laboratori. «Dalla collaborazione con la città di Bolzano, durata più di un anno, è nata la maschera che rappresenta questa città – aggiunge Piizzi – Si chiama Brattarello, nome scelto dallo stesso Valeri, che ricorda i venditori ambulanti di cibo che si incontrano agli angoli delle strade di Bolzano nelle notti d’inverno». «Dedico questa maschera ai miei genitori e a mio nonno. A loro devo tutto», commenta Sarah Sartori. Info: Museo internazionale della Maschera A. e D. Sartori, tel. 049-8601642; e-mail info@sartorimaskmuseu.it.
