Chiesa
«Rendere presente e operante la Chiesa in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo di loro» (LG, 33). Questo chiedeva, e chiede tuttora, ai laici la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium: essere strumenti docili della volontà divina di salvare ogni anima.
È una missione grande, affidata da Gesù agli apostoli già dall’inizio della storia della Chiesa e poi passata di anima in anima fino a raggiungere noi, laici del Terzo Millennio. Mi sono chiesta più volte, nelle meditazioni personali sulla fede, che cosa significhi essere sale della terra. Il sale è un alimento naturale, semplice ma essenziale. Se manca ce ne accorgiamo subito. Certo, alcuni cibi mantengono un loro ottimo sapore anche senza, ma quanto è più buono un piatto con la giusta quantità di sale! D’altra parte, un eccesso rende il cibo del tutto immangiabile, quando non indigesto. Davvero un difficile equilibrio, quello del sale. Così è per il nostro apostolato: abbiamo il compito delicato di farci strumenti di sapore, di invogliare l’altro a gustare il piatto della fede esaltandone la bontà senza farlo diventare indigesto.
«Ma se il sale perde il sapore?» (Mt 5,13). Come può un laico disperdersi nel mondo, come il sale si scioglie nel cibo, senza diventare non solo invisibile ma pericolosamente anonimo, ininfluente, del tutto privo di sapore? Credo sia un rischio che corriamo spesso nel nostro tempo, in cui la lontananza dalla fede è esibita come un vessillo, in cui “laico” non significa «persona battezzata che non ha alcun grado nella gerarchia ecclesiastica» – la definizione è del vocabolario Treccani online – ma piuttosto persona che si tiene orgogliosamente distante da qualsiasi cosa abbia anche solo vagamente un sapore non dico cattolico, ma cristiano.
Il laico, invece, è chiamato oggi a testimoniare la propria appartenenza a Cristo senza alcuna vergogna, con le armi del sorriso e dell’esempio, della vicinanza discreta ma effettiva, in una parola direi della
carità fraterna senza paura di sembrare un alieno. È chiamato a trasmettere innanzitutto la gioia profonda di appartenere a Cristo in ogni momento, bello o brutto, dell’esistenza. È chiamato a far percepire
la dolcezza della fratellanza, a intessere relazioni non scontate né interessate, a creare legami, ad attrarre a Cristo cercando di esserne immagine luminosa.
«Sparire perché rimanga Cristo», perché Egli solo appaia attraverso di noi, come ha ricordato papa Leone XIV ai cardinali appena usciti dal conclave, nella sua prima omelia, mi sembra la sfida più esaltante anche per l’apostolato laico del nostro tempo.
Non possiamo farlo con le nostre forze, sarebbe un dannoso esercizio di superbia. È necessario che sia la Grazia a operare nel nostro cuore, nella nostra anima. La Grazia che ci raggiunge essenzialmente attraverso i sacramenti e una “reale” vita di preghiera. Personalmente la trovo una ricetta imprescindibile: senza sacramenti vissuti con serietà e costante desiderio, senza piegare le ginocchia e prendersi tempo per pregare, in silenzio e in solitudine, senza cibarsi della santa Eucaristia magari ogni giorno, senza consegnare a Cristo il nostro peccato, riconoscendolo, allontanandolo, sia esso un pensiero, una parola, un’opera o un’omissione – sì, forse dovremmo dare tutti una bella ripassata al Confiteor – senza sacramenti, insomma, l’apostolato dei laici non va da nessuna parte, ci sciogliamo nel mondo come il sale, ma siamo del tutto privi di sapore.
L’ho imparato, mi verrebbe da dire, a mie spese, in anni di fatica interiore, avvertendo che qualcosa
mancava alla mia fede un po’ superficiale e a volte di comodo. Se non troviamo il coraggio di affrontare la nostra vita spirituale e farne una cosa seria, il nostro apostolato rimarrà sempre debole, liquido e senza
efficacia. Se invece saremo determinati – non dico capaci, ma almeno determinati – a vivere ogni giorno nella preghiera, cercando come affamati il cibo eucaristico che non perisce, affidando ogni nostro limite a quell’abbraccio misericordioso che la Chiesa non fa mai mancare a nessuno, allora sono certa che vedremo la Grazia operare meravigliosamente in noi e soprattutto attraverso di noi. Me lo diceva di recente un uomo di Dio che ogni tanto vado a incontrare nell’eremo sperduto in cui vive ritirato in preghiera da tanti anni. Al termine del colloquio, prima di salutarsi, come in un rito speciale egli benedice l’ospite, tracciando sulla fronte e sul dorso delle mani tre croci con un pennellino intinto in una boccetta. Immediatamente nella stanza si spande un profumo penetrante e indimenticabile: è il profumo dell’olio di nardo. E il saluto che accompagna questo gesto recita: «Torna nel mondo a portare il profumo di Cristo».
Questo è il nostro compito di laici apostoli, portare nel mondo il profumo e il sapore di Cristo. Allora, quando meno ce lo aspettiamo, saremo davvero sale della terra nei luoghi e nelle circostanze in cui Gesù ci chiama attraverso la sua Chiesa.
Intenzione di preghiera del papa
Per la nostra relazione con tutto il creato. Preghiamo perché, ispirati da San Francesco, possiamo sperimentare la nostra interdipendenza con tutte le creature, amate da Dio e degne di amore e rispetto.
Intenzione dei vescovi
Ti preghiamo, Signore, per le vittime innocenti delle mafie: fa’ che il loro martirio sia seme di rinascita per la società e asciuga le lacrime di quanti piangono le morti innocenti.
Intenzione per il clero
Cuore di Gesù, preserva i tuoi ministri dalla tentazione del carrierismo e dalla ricerca dei privilegi, perché si rendano in obbedienza disponibili anche per i servizi più umili e nascosti.