Chiesa | Diocesi
Aljosa ha chiesto di diventare cristiano. «Ho sentito un vuoto che poteva essere colmato solo con Dio»
Ha vissuto il Rito di ammissione al catecumenato insieme alla comunità del Centro universitario di Padova
Chiesa | DiocesiHa vissuto il Rito di ammissione al catecumenato insieme alla comunità del Centro universitario di Padova
«Ci è voluto molto tempo, molta pazienza, per riconoscere la presenza di Dio nella vita quotidiana, e molto coraggio per cercare attivamente il Creatore nel creato. Questa non è una strada da percorrere da soli, anche se è spesso nella solitudine che il Creatore rivela la sua bellezza, il significato, il disegno». A parlare è Aljosa Krajisnik, 36 anni, studente-lavoratore di Belgrado, in Serbia, che vive in Italia da alcuni anni, e che ha chiesto ufficialmente di diventare cristiano. Domenica 23 marzo, nella chiesa di Santa Sofia in Padova, ha vissuto il Rito di ammissione al catecumenato. Essere ammessi al catecumenato vuol dire esprimere il desiderio di convertirsi alla fede cristiana attraverso un cammino di almeno due anni in cui si impara a conoscere sempre più Cristo e i suoi doni di grazia fino a ricevere i sacramenti del battesimo, cresima ed eucaristia ed essere completamente inseriti nella sua Chiesa. «Attraverso gli anni di studio all’Università di Padova, nel mio percorso magistrale in filosofia, e grazie alle occasionali, sporadiche visite alle chiese storiche della città, ma anche di Venezia e Vicenza, quelli che inizialmente erano segni sottili si sono rapidamente trasformati in una grande sinfonia di bellezza, significato e direzione – racconta Aljosa – Così ho mosso il mio primo passo verso il diventare cristiano. Ho riconosciuto che vivere la vita quotidiana come la conosciamo, come norma, semplicemente non era sufficiente, e che esisteva un tipo particolare di vuoto che poteva essere colmato adeguatamente solo permettendomi di allinearmi più profondamente alla guida di Dio. Era così semplice. Nel decidere di diventare cristiano, di cercare il battesimo, la Chiesa ha aperto le sue porte e mi ha permesso di attraversarle». Partecipare a questo tipo di riti dal sapore antico, e tuttavia quanto mai attuali per la realtà in cui viviamo in cui la fede è sempre più una scelta personale, è motivo per riflettere sulla nostra vita di cristiani di “tradizione”. Infatti le parole e i segni che il Rito propone sono coinvolgenti, provocano a rimotivare la nostra fede che molto spesso è spenta e sbiadita. E ciò che Anna Brentel, una giovane presente a Santa Sofia racconta è significativo: «Siamo abituati ad assistere a battesimi di bambini, momenti emozionanti, certo, ma quasi scontati. Assistere, invece, a un rito così raro e particolare come l’ammissione di un catecumeno è stato davvero speciale. Osservare gli occhi lucidi pieni di emozione di Aljosa, oltre a farmi emozionare, mi ha fatto ripensare alla mia fede, alla gioia che si prova nel seguire il Signore che a volte diamo quasi per scontata. Il suo “eccomi”, pronunciato con le labbra ma proveniente dal cuore, mi ha fatto sentire grata per il mio battesimo, per questa scelta fatta dai miei genitori che mi ha portato ad essere parte di una grande famiglia che è la Chiesa». Ancora Anna: «Da quella sera a Santa Sofia mi sono portata a casa l’orgoglio e la responsabilità di avere un fratello in più accanto da accompagnare e sostenere la gioia di portare anch’io al collo quella croce che Gesù stesso ci ha consegnato e che noi, a nostra volta, abbiamo affidato anche ad Aljosa. Quel momento mi ha donato la consapevolezza del coraggio per farsi testimonianza: Aljoscia ha intrapreso una scelta controcorrente ricordandoci l’importanza di essere, giorno dopo giorno, testimoni di quell’amore di Cristo che ancora oggi infiamma i cuori e illumina le nostre vite». La fede non è un dono che possiamo darci da noi stessi, ma che ci viene donato e ha bisogno delle cure e del sostegno di tutta la comunità. La porta che Aljosa ha varcato non è solo simbolo del cammino nuovo che ha iniziato, ma anche l’ingresso nella casa della Chiesa che è madre e nello stesso tempo sorella. «Nel cuore ho gratitudine per le tante persone, non da ultimo i giovani del Centro universitario, che mi hanno sostenuto con amore, cura e pazienza in tutti i passi necessari. Anche se sentiamo la chiamata quando siamo soli, è nella pienezza della comunità di cuori accoglienti che la volontà del Creatore diventa veramente chiara. Grato per ogni parola gentile, per la cura che ho ricevuto durante questo percorso, ora mi trovo davanti a tutti come catecumeno, il primo passo per essere ufficialmente accolto nella Chiesa. E la mia gratitudine nasce dalla gioia aarrivata e dalla pienezza delle mie giornate».