Chiesa
Incastonato tra le mura della chiesa oratorio di San Martino, sorta su un precedente edificio di culto di epoca bizantina poi inglobato nel barocco palazzo Bianchi Dottula della città vecchia di Bari,
l’affresco della Madonna del Segno torna a nuova vita dopo un accurato restauro conservativo.
Databile alla seconda metà del XV secolo, l’opera raffigura una “Panaghia Platytera”, icona mariana bizantina dal profondo valore simbolico. In greco “Panaghia” significa “Tutta Santa”, mentre “Platytera” – letteralmente “la più ampia” – rimanda, secondo san Basilio, al corpo di Maria reso abbastanza grande da accogliere il Cristo incarnato.
Il restauro, reso possibile grazie a una convenzione tra l’Aps Martinus e il corso di laurea in Conservazione e Restauro dei beni culturali dell’Università degli Studi di Bari, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bari e con il sostegno di Bcc Cassano delle Murge e Tolve, Garofoli Spa e Marelli Lighting, ha permesso di rimuovere ridipinture ottocentesche e novecentesche. L’intervento ha restituito all’opera gran parte dei colori originali, delle decorazioni e delle anatomie quattrocentesche, facendo emergere anche dettagli iconografici inediti e frammenti di affreschi più antichi sottostanti.
“È un’opera stratificata, e capire come intervenire non è stato semplice”, spiega al Sir Marcello Mignozzi, professore di Storia dell’Arte Medievale all’Università di Bari.
“La Madonna del Segno è l’unico affresco tardo-medievale giunto integro fino a noi e l’unica testimonianza del culto della Vergine orante a braccia aperte. È una tradizione che risale all’epoca bizantina, tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo. Il fatto che sia sopravvissuta fino alla metà del Quattrocento, quando Bisanzio era ormai dimenticata, dimostra la forza della radice greco-bizantina di Bari e il suo legame profondo con l’Oriente, in contrapposizione alla cultura occidentale dominante”.
L’affresco rappresenta un vero ponte tra linguaggi artistici e culturali differenti: quello adriatico, proveniente da Venezia e giunto in Puglia attraverso l’opera di Giovanni di Francia, e quello del cosiddetto stile “galatinese”, sviluppatosi nella basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, grazie ai Del Balzo Orsini, espressione più alta del gotico internazionale in Puglia. “Le mani della Vergine – osserva Mignozzi – rivelano chiaramente l’influsso di quel cantiere. A Bari, città da sempre multiculturale, si assiste a una straordinaria mediazione: il linguaggio locale si fonde con quello adriatico, dando vita a un unicum”.
E non è che l’inizio. A raccontarci di più saranno le mura stesse della millenaria chiesa di San Martino. “C’è un legame simbiotico e imprescindibile tra involucro e beni artistici”, precisa Gerardo Milillo, presidente dell’Aps Martinus. Quello sulla Madonna “è stato il primo intervento. Dopo il restauro artistico, che coinvolgerà affreschi, dipinti e opere scultoree, sarà necessario affrontare anche il recupero architettonico della chiesa, una volta reperiti i fondi necessari”.