Sono belle quelle famiglie che hanno saputo incontrare e intrecciare la loro strada con quella di qualche sacerdote.
È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente serene.
Molte coppie cristiane che vivono la croce dell’infertilità sperimentano giorno per giorno che il loro amore genera altri frutti, che non sono i figli naturali.
I coniugi sappiano di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria. […]
Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c’è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità.
Non può sfuggire quanto sia significativo che i padri conciliari abbiano voluto coinvolgere anche chi è in procinto di sposarsi fra coloro che vivono l’amore coniugale.
I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e gli sposi la loro unione matrimoniale con un affetto senza incrinature.
Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, n. 49 – 7 dicembre 1965
Un papà e una mamma che vivono la loro vocazione di sposi con gioia e con speranza, sentendosi figli di un unico Padre e di un Padre buono non possono che tramettere la loro fede sotto forma di un tesoro.
I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede l’uno per l’altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e con l’esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono con ogni diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta.
Decreto Apostolicam Actuositatem, 11, 18 novembre 1965
La santità è la meta a cui tutti i cristiani sono universalmente chiamati e gli sposati, non certo nonostante il matrimonio, ma proprio attraverso di esso, hanno indicata la via per la loro santificazione.
E infine i coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio. Da questa missione, infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale.
Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 11, 21 novembre 1964
Portare una scintilla di speranza, portare un barlume della luce di quelle fiaccole accese nelle singole case, essere capaci di asciugare una lacrima, di consolare un dolore o un’amarezza.
Tornando a casa troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza.Saluto del Santo Padre Giovanni XXIII ai fedeli partecipanti alla fiaccolata in occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II, giovedì 11 ottobre 1962
Riguardo al rapporto fra donna e famiglia, Giovanni XXIII richiama la centralità della figura femminile anticipando una sensibilità che solo più avanti negli anni andrà consolidandosi.
Una propaganda talora incontrollata si serve dei poderosi mezzi della stampa, dello spettacolo e del divertimento per diffondere, specialmente nella gioventù, i germi nefasti della corruttela. È necessario – dicevamo allora – che la famiglia si difenda, che le donne prendano con coraggio, e con acuto senso di responsabilità, il loro posto in quest’opera, e che siano instancabili nel vigilare, nel correggere, nell’insegnare a discernere il bene dal male. […] è grande il compito che attende la donna: che la impegna a non lasciare inaridire a contatto con la pesante realtà del lavoro la ricchezza della sua interiorità, le risorse della sua sensibilità, del suo animo aperto e delicato: a non dimenticare quei valori dello spirito che sono l’unica difesa della sua nobiltà: a non trascurare infine di attingere alle fonti della preghiera e della vita sacramentale, la forza per mantenersi all’altezza della sua missione ineguagliabile.
Giovanni XXIII, Udienza generale, mercoledì 7 dicembre 1960
La famiglia non è solo soggetto a cui si chiede di vivere in un certo modo, ma anche oggetto di studio e di analisi delle sue caratteristiche nel tempo, della sua evoluzione o involuzione, delle risorse e delle difficoltà.
Infine alla stessa concordia alla quale abbiamo invitato i popoli, i loro capi, le classi sociali, invitiamo pure, con animo paterno, tutte le famiglie, perché la cerchino e la consolidino. Se infatti non c’è pace, unità e concordia nelle famiglie, come potrà aversi nella società civile?
Giovanni XXIII, Lettera enciclica Ad Petri Cathedra, cap. II, 29 giugno 1959.