Sergii Chernov, politico ucraino di Kharkiv, analizza i tentativi in atto tra Unione Europea e gli Stati Uniti di Trump di porre fine alla guerra. "Mi provoca un grande dispiacere vedere che si sta organizzando il destino dell'Ucraina senza gli ucraini. Se funzionasse il diritto internazionale questo non succederebbe. Bisogna trovare meccanismi internazionali che siano realmente capaci di difendere i diritti dell'uomo e la legittimità dei confini".
A fianco della cattedrale cattolica latina di Kharkiv, si trova la sede di Caritas Spes. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, vengono distribuiti aiuti umanitari e pasti caldi. Ma a soffrire di più sono i bimbi dai 3 ai 5 anni. Anche per loro, Caritas Spes ha realizzato un centro con attività ricreative e didattiche. A sostenere questa complessa macchina della solidarietà ci sono 56 volontari coordinati dal direttore padre Wojciech Stasewicz.
C’è una parte dell’Ucraina che non ha smesso di credere nel futuro e opera, nel silenzio, per renderlo già da oggi possibile. Nonostante i droni, gli allarmi e i missili. Siamo andati a conoscere questo popolo di uomini, donne, giovani che lavora a più livelli. Dallo sport all’università, nelle accademie di arte e design, negli istituti per il turismo e l’alberghiero. Lo fanno anche se le loro sedi sono state colpite dai missili e sono ancora in parte demoliti. “Kharkiv è come una fenice”, dice Anatoliy Huba, vice rettore dell'Accademia dello sport. “Saprà risorgere dalle ceneri”.
In uno dei cimiteri di Kharkiv, nelle foto sono ritratti i volti di ragazzi e ragazze, tutti in divisa, spesso appena ventenni. Sono una moltitudine. Non si sa esattamente quanti siano i caduti ucraini morti sul fronte. Il vescovo greco-cattolico Tuchapets: “Spesso le persone mi chiedono: ma quando finirà la guerra? La gente è stanca, vuole tornare a vivere una vita serena ma fin quando un nemico ci aggredisce, non è possibile pensare alla pace. Possiamo solo pregare e sperare in Dio”
Mons. Pavlo Honcharuk, vescovo di Kharkiv-Zaporizhzhia dei Latini, racconta: “Mi è capitato di seppellire in un cimitero una mamma che teneva tra le sue braccia il suo bambino. Gli operatori ci hanno detto di non essere riusciti a staccarli perché erano bruciati insieme”. Questo è il “volto” vero della guerra
Mentre si sentono esplosioni a distanza, Irina, Diana, Ksenia e Tamara raccontano come si vive a Kharkiv, la città che si trova nell’estremo est del Paese in una delle regioni dell’Ucraina più vicina ai luoghi del fronte. Dove si combatte. Di notte e di giorno. “E’ diventato tutto più complicato”, dicono. E’ difficile muoversi, a causa degli allarmi. Difficile uscire di casa, andare a fare spese nei negozi. Finirà presto la guerra? “Purtroppo non credo”, risponde Tamara. “Temo che sarà ancora lunga. Ma siamo un popolo coraggioso. Resisteremo”.
All’indomani del vertice a Washington tra il presidente ucraino Zelensky e il presidente Usa Trump, parla il nunzio apostolico a Kyiv, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas: “Ogni giorno in più di guerra significa distruzione, centinaia e centinaia di morti, senza parlare delle tantissime altre conseguenze molto negative sulla popolazione. La mia grande speranza è che quando vediamo che proprio nulla sembri portare alla pace, questo spinga le persone che hanno in mano gli strumenti, a fare qualcosa, a capire che così non può funzionare”.
Mons. Mariano Crociata, presidente Comece: “Assistiamo a uno spettacolo ignobile che capovolge la realtà. Dobbiamo resistere e dire al popolo ucraino che non accetteremo mai di farlo passare per ciò che non è”
Oggi si celebra la Giornata nazionale di preghiera per l’Ucraina, istituita dalla Verkhovna Rada il 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa. Il nunzio sottolinea il potere trasformante della preghiera, capace di ispirare azioni di pace oltre l’azione politica umana