Si chiama “MED-25 Bel Espoir” la nave che salperà il 1° marzo da Barcellona con 200 giovani di diverse nazionalità, culture e religioni. Per otto mesi attraverserà il Mediterraneo, ispirandosi al pensiero di Giorgio La Pira e agli incontri di Bari, Firenze e Marsiglia
Si è svolto a Roma, presso la sede della Cei, l’incontro “Le religioni a servizio della coesione sociale”, che per la prima volta ha riunito giovani delegati delle Chiese cristiane e religioni in Italia. Un’occasione per valorizzare il loro potenziale di cambiamento
“Possano il sangue e i sacrifici di innumerevoli persone innocenti, insieme con quello di Padre Donald Martin Ye Naing Win, servire come offerta per porre fine alla violenza che si sta verificando in tutta la nazione”.
Ai leader che si ritroveranno oggi a Parigi per un vertice informale sull'Ucraina, il vescovo Dzyurakh lancia un appello: “I leader europei si devono assumere le loro responsabilità davanti a Dio e non pensare di accontentare un aggressore o chi pretende ristabilire una vita prospera e sicura a ogni costo, anche a costo della giustizia e della verità. Chiediamo ai leader europei di cercare una pace, che si basa sui principi della legge internazionale e dei diritti umani". "Non ripetiamo gli errori del passato. Non ripetiamo quanto successe alla Conferenza di Monaco nel 1938 che fu il preludio di una strage mondiale". "Non disprezzate le vittime innocenti di questa guerra e non tradite l’eroismo del popolo ucraino e le aspettative dei popoli europei che mostrano da anni una solidarietà inedita con il popolo ucraino”.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump spinge per una soluzione sull'Ucraina e annuncia di voler “far iniziare immediatamente i colloqui”. Zelensky ribatte: “Nessuno come l'Ucraina vuole la pace”, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz respinge una "pace imposta" all'Ucraina. Motori riscaldati dunque alla vigilia della Conferenza di Monaco che riunirà nella città tedesca sessanta capi di Stato, esperti di politica internazionale e militari per parlare di rapporti tra Unione europea e Stati Uniti, spese militari e soprattutto dell'avvio dei negoziati per la pace in Ucraina. Abbiamo chiesto un parere a Francesco Vignarca
“Non capiamo perché i russi ogni notte mandano droni e sparano missili. È un po’ come se questi missili oltre a distruggere ciò che colpiscono, ci tolgono anche la speranza che ci stiamo avvicinando alla fine di questa guerra. Se si sta arrivando ad un accordo, non dovrebbe essere così”. È mons. Oleksandr Yazlovetskyi, vescovo ausiliare di Kiev e presidente di Caritas-Spes Ucraina, a parlare da Kiev delle trattative negoziali in corso tra Stati Uniti e Russia per la possibilità di aprire un tavolo in grado di porre fine alla guerra in Ucraina
Dall’8 al 12 febbraio una delegazione della Cei è stata ad Abu Dhabi per l’incontro “Formazione e scambi nel contesto del Documento sulla fratellanza umana e delle sue ricezioni”. Il viaggio di formazione è stato organizzato dall’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico della Cei e del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale, dalla Chiesa di San Francesco e dalla Abrahamic Family House. Mons. Derio Olivero: “Essere qui ad Abu Dhabi e in particolare nella Abrahamic Family House, è essere dentro un sogno che prende corpo. Penso che per tutti noi sia importante essere qui perché è vedere che è possibile credere che le religioni possono diventare fermento di fraternità e possono convivere con un comune desiderio: stare nello spazio pubblico insieme per essere un germe di coesione sociale”.
È arrivata a Kharkiv in questi giorni una nuova spedizione di aiuti di Papa Francesco, organizzata dal Dicastero per il Servizio della Carità in collaborazione con la comunità greco-cattolica ucraina di Roma. Suor Olexia Pohranychna, della Congregazione delle suore greco-cattoliche di San Giuseppe, afferma: “Questi aiuti ci dicono che, anche se non è fisicamente qui, il Papa è con noi. Ci raggiunge persino in questi luoghi colpiti ogni giorno da missili, bombe telecomandate e droni. Per questo lo ringraziamo di cuore”
Due anni dopo il terremoto che ha colpito Turchia e Siria, la crisi umanitaria è ancora in atto. “I corpi sono stati sepolti e molte macerie rimosse, ma la ricostruzione non può limitarsi agli edifici”, racconta al Sir mons. Ilgit, amministratore apostolico di Anatolia. “Se non curiamo e manteniamo insieme le pietre rimaste ‘vive’, sarà inutile ricostruire”